"La città dei pazzi": una bella narrazione nel segno del teatro di formazione

“La città dei pazzi”: una bella narrazione nel segno del teatro di formazione

Tosi Siragusa

“La città dei pazzi”: una bella narrazione nel segno del teatro di formazione

giovedì 25 Aprile 2024 - 13:05

Regia e interpretazione di Daniele Gongiaruk, lo spettacolo è stato proposto alle scuole messinesi. Grande prova corale in scena

MESSINA – Gli Istituti secondari di I° e II° di Messina hanno potuto fruire delle matinée presso il Vittorio Emanuele della rappresentazione “La città dei pazzi”, già portata in scena, nel 2013 e nel 2015, dal nostro illustre concittadino Daniele Gonciaruk. Artista magistrale nelle interpretazioni cinematografiche e teatrali e nella loro stessa direzione, nonché per la resa attoriale in ambito televisivo.

Trattasi di una complessa favola ambientata in una Russia al di là di allocazioni temporali specifiche, solo in apparenza rientrante nel genere comico, anche per adulti, composita e ben strutturata che ha potuto contare sul coinvolgimento e l’ottima interazione di scuole cittadine, e segnatamente il montaggio delle scenografie e l’allestimento degli oggetti scenici che si sono attestati agli studenti del liceo “Basile”, con attenta supervisione dei docenti Antonio Ciancio, Patrizia Donato e Carmelo Geraci. La regia,attenta e densa di guizzi creativi è stata realizzata dallo stesso Daniele Gonciaruk, che ne è stato anche valente protagonista nonché autore dello script.

La narrazione si è dipanata in guisa semplice e convincente, recando con sé una potente significanza: il maestro che, giunto nella cittadina per portare avanti la missione di educatore della bella figliola del medico locale, suo malgrado, deve constatare la incapacità della gente del luogo di relazionarsi, di conversare anche ai livelli più basilari, di ricordare, essendo caduta vittima di una sorta di incantesimo germinato da una antica e ben orchestrata maledizione da ricondurre a nobili ma loschi figuri.

Si sono passate in rassegna, fra una battuta sagace e l’altra, tematiche forti quali l’incomunicabilità, la perdita della memoria e la mancata consapevolezza del proprio sé, che in una città come Messina sono risuonate forti e chiare, atteso il sottostante rimando ai ferali terremoti – in special modo l’ultimo distruttivo del 28 dicembre 1908 – che hanno generato una sorta di generale stordimento, ove una coltre di pesante oblio ha seppellito la grandiosa Messina preesistente,che appare ancora oggi una specie di bella addormentata, in balia di ordite trame dei potentati di turno. Ci si può risvegliare, così suggerisce e incita la splendida piece, scuotendosi dall’indifferenza e dal lasciarsi vivere per riprendere una collocazione fattiva nella propria microstoria, inserita in quella più vasta universale.

Il tutto condito da una dose di ironia gradevole e intelligente. Sovente le improvvisazioni la hanno fatta da padrone, con rimandi all’attualità sempre pertinenti. Una sorta di cantiere aperto, curato e ben costruito con un canovaccio in costante divenire.

Teatro di di formazione, a buon titolo, questo, con intenti riusciti di educazione permanente non solo nei confronti di un pubblico giovanile, ma appetibile e di efficacia altresì più generalizzata, al di là di clichè standardizzati quanto ai destinatari.

Corale la prospettazione, ove ciascuno degli interpreti, sempre in parte, con ruolo anche duplicato – con veloci cambi d’abito e resa del doppio personaggio davvero encomiabile – si è contraddistinto per la interazione con ogni altro,in un magistrale “gioco” di squadra che ha avvinto gli studenti presenti, che, attentissimi e quasi parte attiva della performance,non hanno lesinato gradimento convinto attraverso applausi anche a scena aperta.

Si riporta appresso la formazione attoriale:

Insegnante: Daniele Gonciaruk;

Dottore: Gianfranco Quero;

Moglie del dottore: Rosalba Orlando;

Figlia: Valeria Alessi;

Il conte: Gerri Cucinotta;

Il magistrato: Gaetano Citto;

Il pastore: Alessandro Santoro;

La macellaia: Claudio Iannello;

Il postino: Giorgio Cappadona;

La fioraia: Antonella Francica.

Teatro di qualità, insomma, che si è fatto magia, abbattendo il muro, la distanza con gli spettatori e divenendo arte performativa di istruzione, concorrente con l’insegnamento impartito dagli Istituti scolastici nell’incidere sulle coscienze dei discenti per farli sentire partecipi del processo formativo….ciò che dovrebbe mettersi a punto con costanza, più e più volte, particolarmente in questi tempi bui di omologazione e addomesticamento delle menti.

Il perfetto disegno luci si è attestato a Renzo Di Chio; Direttore di scena è stato Nunzio Laganà; le consone selezioni musicali sono state riferibili allo stesso D. Gonciaruk.

Service di Giovanni Rando e Assistente regia Mariangela Pizzo.

Il tutto condito dalle magnifiche scenografie curate, come detto, dall’Istituto messinese Ernesto Basile.

Una produzione davvero riuscita di “Officine Dagoruk”.

Lode e onore, allora a Daniele Gonciaruk che sarebbe meritevole, come altri artisti locali, di ricoprire un incarico di prim’ordine nell’universo teatrale messinese per le energie indefesse profuse, in ambito cittadino e non, in particolare per il suo scrupoloso lavoro laboratoriale, volto alla creazione e al perfezionamento di una scuola performativa, come i maestri “tout court” sono avvezzi a fare.

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