Cultura

Vendemmia ieri e oggi: “Sono i singoli chicchi che fanno… il vino” VIDEO

“Non seva peddiri mancu un cocciu i racina” (“Nemmeno un chicco deve andare perso”), era sempre il comando e la raccomandazione di mio nonno durante le vendemmie. Poco più che bambino, mi divertivo a raccogliere gli acini che rimanevano sulle piante o cadevano dalle gabbiette durante il trasporto. Nonni e nipoti nella stessa vigna. C’era un canto nello spazio tra le mani e il grappolo d’uva.

Le domeniche di settembre erano piene dell’odore del mosto, dei fazzoletti in testa, del suono dell’organetto. Di quelle vendemmie, nei piccoli paesi della fascia collinare di Messina, qualcosa resiste ancora oggi, anche se tutto è ridimensionato. Di quei gesti restano le poche piante. Terreni vinti dal tempo, dai dissapori familiari, dal fuoco criminale, dalle morti degli anziani e dalle valigie dei giovani. Oggi le vigne sono teneri fazzoletti di verde in mezzo al marrone del seccume e dell’abbandono, giovani superstiti spinti dall’orgoglio familiare in mezzo a scheletri di muretti a secco, mani modellate dalla vecchiaia. Oggi comprendo veramente le parole di mio nonno: “Nemmeno un chicco deve andare perso, perché sono proprio quegli acini soli che daranno il vino”.