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Sanità pubblica al collasso. Rao: “Mancano i medici” VIDEO

intervista di Marco Olivieri, riprese e montaggio di Matteo Arrigo

MESSINA – “Noi siamo in grandissima difficoltà come operatori sanitari. Non viviamo solo la carenza di posti letto ma anche quella di risorse professionali. Mancano i medici, soprattutto dell’urgenza ed emergenza, che possano sostenere un sistema messo a dura a prova dal Covid e dal ritorno virulento e pericoloso, della stagione influenzale”. Giuseppe Rao, direttore sanitario dell’Irccs Centro Neurolesi “Bonino-Pulejo” di Messina, descrive una situazione critica per la sanità messinese e regionale. Nella sede storica dell’ospedale “Piemonte”, il punto di partenza è la recente, e non nuova, emergenza posti letto, con pazienti che rimangono più giorni al pronto soccorso. Ma il problema è strutturale e riguarda, in particolare, spiega il direttore dell’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico, “l’assenza gravissima di medici, di professionalità anche nell’ambito dell’anestesia e rianimazione. Tutto ciò complica pesantemente l’assistenza sanitaria: dal pronto soccorso agli ospedali in generale”.

I concorsi rimangono deserti e ci vogliono decenni per formare nuovi dottori. Continua Pippo Rao: “Non è facile avere a disposizione in modo immediato medici della rianimazione e della medicina d’urgenza. Dobbiamo mettere in campo, come sanità, risorse per incentivare i medici a restare nel pubblico, dato che registriamo una fuga di risorse professionali sempre di più verso il privato e la libera professione. Dati i ritmi di lavoro nel pubblico, si preferisce evitare una situazione stressante e rischiosa pure sul piano medico-legale, e giudiziario, e poco gratificante dal punto di vista economico”.

“I medici nel pubblico sono sovraccaricati e il privato seduce con offerte economiche allettanti”

Le parole del direttore sanitario tirano in ballo le responsabilità politiche nazionali e regionali, con processi legislativi dagli anni Novanta in poi d’impronta regionale. Una politica che ha visto gli ospedali in un’ottica aziendalista, nel segno dei tagli, a scapito del Servizio sanitario nazionale, un’eccellenza europea danneggiata da una serie di scelte poco lungimiranti. E oggi ci troviamo con pochi medici che fanno, nel pubblico, turni massacranti, con rischi enormi. A volte non possono nemmeno prendersi il riposo compensativo, mentre la sanità privata offre possibilità economiche e una qualità del lavoro, e della vita, migliore.

Pippo Rao lo dice senza giri di parole: “La capacità seducente del privato ad assorbire risorse dal pubblico è innegabile. Anni di formazione e poi arriva un privato che paga molto di più e, soprattutto, garantisce meno stress e più libertà. I medici dell’area urgenza ed emergenza, ma questo investe qualunque settore sanitario, risultano sovraccarichi di lavoro e hanno difficoltà ad avere una vita personale libera da impegni lavorativi. Si fanno sacrifici enormi e sempre meno sostenibili. In più sono tre anni che il personale sanitario vive in trincea e il Covid si è aggiunto ai problemi storici che già vivevamo. Con la carenza di personale, siamo proprio arrivati alla canna del gas in termini di difficoltà”.

“Serve un nuovo modello organizzativo per non perdere il patrimonio della sanità pubblica”

Nel frattempo in Calabria sopperisce alla mancanza con i medici cubani e il direttore sanitario suggerisce “percorsi normativi per incentivare i medici a rimanere nel pubblico, a partire dalla valorizzazione della formazione. Sfruttando il Pnrr e facendo sì che, potenziando la medicina sul territorio, non tutto arrivi al pronto soccorso, si potrà evitare pure di sovraccaricare gli ospedali. Come rilanciare la sanità pubblica? Dobbiamo essere uniti, tutti quelli che abbiamo un ruolo, rispetto a un nuovo modello di gestione e d’organizzazione. Non si può ragionare solo in termini di risparmio e riduzione della spesa. Il Covid ci ha insegnato che la riorganizzazione è una priorità. Basta blocchi del turn-over, che riducono i posti letto e, nello stesso tempo, la possibilità di assunzioni da parte delle aziende sanitarie. Gli organici devono essere ricostituiti. Ricordiamo che affrontare la pandemia ci ha messo in difficoltà nel fronteggiare le patologie storiche. Oggi questo modello va rivisto e subito”.