MESSINA – La città e il ponte sullo Stretto: che ne sarà di Messina? Da parte sua, il sindaco della Città metropolitana e del Comune, Federico Basile, ha presentato al ministero per la Transizione ecologica – direzione generale Valutazioni ambientali le osservazioni predisposte dai tecnici. Un punto di partenza per esprimere il punto di vista di Messina in sede di Conferenza dei servizi martedì 16 a Roma. E in una fase in cui il tema caldo è quello degli espropri.
Il documento è stato approntato dai dipartimenti Ambiente, Servizi tecnici e Urbanistica del Comune e dalla Direzione ambiente della Città metropolitana di Messina. In particolare, il ponte comportebbe, secondo i tecnici della Città metropolitana, la fine della Riserva naturale di Capo Peloro o comunque una serie compromissione di tutto l’ecosistema. Per questo motivo, a firmare il parere “non favorevole al progetto definitivo dell’opera di collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria” è il responsabile dell’Ufficio piani di gestione e tutela di aree protette geometra Salvatore Galletta, la direttrice della Riserva geologa Maria Letizia Molino e il dirigente ingegnere Giovanni Lentini.
Di seguito le motivazioni della bocciatura.
La Città metropolitana è l’ente gestore della riserva naturale orientata “Laguna Capo Peloro”, che è “un’area protetta per le sue peculiarità naturalistiche e ambientali, designata come sito d’importanza comunitaria“. Di conseguenza, i tecnici si soffermano sulla costruzione del ponte. In particolare, “parte dell’opera ricade nella zona B della riserva e all’interno del sito Natura 2000 Zona a protezione speciale Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antennamare e Area marina dello Stretto di Messina“.
Nel documento, si rileva che “l’attività di cantiere tra il canale Margi e la sponda dello Stretto accentuerà l’effetto d’isolamento tra i due bacini lacustri Ganzirri e Faro, producendo un reale isolamento ecologico”. Altri problemi sono legati al “sistema di fondazione delle pile del viadotto Pantano che sovrasta il canale Margi” e a una “conseguente interruzione della funzione idraulica del canale e a una netta rottura dell’equilibrio idrodinamico dell’intero ecosistema lacustre”.
Si registra pure il rischio della “liquefazione” di alcuni terreni anche nella “più ampia fascia costiera intensamente urbanizzata a Faro e Ganzirri”. In più, il viadotto “Pantano” rappresenterebbe una “barriera per gli spostamenti quotidiani degli uccelli tra un bacino e l’altro, con rischio di collisione. L’ombra delle infrastrutture provocherebbe alterazioni del microclima del bacino idrico, canali inclusi, con ulteriore impoverimento trofico”. Si mette in pericolo, insomma, una delle tre rotte migratorie più importanti d’Europa.
Inoltre, si legge nel documento dei tecnici metropolitani: “Particolare attenzione va considerata ai cambiamenti climatici a scala globale”. Con la fusione dei ghiacci polari, “nella piana costiera di Capo Peloro, dove sarà fondata una delle torri del ponte”, si prevede “una trasgressione del mare con cambiamenti radicali del paesaggio costiero”. E, sotto effetto del peso della torre, con conseguenze sulla piana costiera, ci sarà “un’amplificazione dei cambiamenti ambientali dell’areale di Capo Peloro degli insediamenti abitativi di Ganzirri e Faro. I due laghi saranno soggetti a esondazione”.
In generale, si registrerà “un’alterazione del delicato equilibrio dell’ecosistema lagunare”, con danni “irreversibili” per le comunità biotiche del lago “Faro”. E ancora: “Un intervento destinato a isolare reciprocamente i due canali, con la rottura dell’equilibrio idrologico e con l’interruzione dello scambio delle acque di falda avrebbe, come effetto permanente, l’alterazione e la fine dell’attuale ecosistema e della fauna acquatica”. Da qui un’interruzione della “molluschicoltura” praticata dalla popolazione, “con danni socio-economici sulla comunità locale”.
In più, le previste scogliere artificiali e i due pontili nella fase di cantiere distruggeranno la duna embrionale costiera e un lungo tratto del “beach-rock”, “formazione geologica-conglomeratica di importante valore ecologico”.
Da qui il parere negativo dei tecnici.