Cronaca

Alluvione Giampilieri, 10 anni di inchieste finite nel nulla. Vittime senza risarcimenti?

Tornare a Giampilieri dopo 10 anni vuol dire scontrarsi con la disillusione degli abitanti, quelli effettivi e quelli che se ne sono andati dopo il 2009. Ottenere una intervista non è impossibile ma sempre più complicato, la voglia di raccontarsi sembra ridotta al lumicino, fiaccata in particolare dall’epilogo della vicenda giudiziaria.

A febbraio scorso infatti il processo principale si è chiuso in Cassazione con l’azzeramento delle responsabilità penali per tutti. La Suprema Corte ha rigettato gli appelli delle parti civili e Procura, mettendo il sigillo alle assoluzioni decise in secondo grado.

Un macigno, sulla strada per ottenere i risarcimenti civili. Oggi chi vuole giustizia e ristoro ha soltanto due strade, entrambe anzitutto costose: la Corte dei Conti e la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo. Dall’altro lato ci sarebbero i Comuni, la Regione, la Presidenza del Consiglio, responsabili civili.

Ma la vera doccia fredda è stata la sentenza della Corte d’Appello di Messina del luglio 2017, che aveva assolto gli ex sindaci di Messina e Scaletta, rispettivamente Giuseppe Buzzanca e Mario Briguglio, anche dall’accusa di non aver gestito l’emergenza, in quelle tremende ore, non impedendo i 37 morti e i danni. Entrambi sono stati scagionati con formula piena, “perché il fatto non sussiste dall’accusa di omicidio colposo plurimo, mentre in primo grado erano stati condannati a 6 anni.

Quel verdetto in particolare ha lasciato l’amaro in bocca, alle famiglie della vittima e gli sfollati che hanno subito più danni. Due mesi dopo i reati si sarebbero comunque prescritti, le condanne sarebbero cadute ma la prescrizione avrebbe salvato i risarcimenti in sede civile.

La Procura però la pensava diversamente. Nel 2012 dopo mesi di indagini tecniche e ambientali e informative dei carabinieri, i magistrati avevano chiesto il rinvio a giudizio di 18 persone tra responsabili tecnici dei comuni e della Regione, dirigenti, sindaci. Sotto la lente della Procura erano finiti anche altri filoni di indagine legati all’alluvione.

A cominciare dai lavori effettuati tra il 2007 e il 2009 e anche dopo, nella fase della messa in sicurezza d’emergenza. Nel 2013 vennero prosciolti sei titolari delle ditte e responsabili dei cantieri, mentre il giudice disse no al proscioglimento dell’ingegnere Bruno Manfrè, responsabile provinciale della Protezione Civile, del geologo Carmelo Gioè, allora in servizio al Comune di Messina, per  l’ex responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune di Scaletta, il barcellonese Salvatore Calabró. Anche questa coda di accertamenti, però, è finita nel cassetto senza un nulla di fatto. L’indagine è stata archiviata perché il giudice ha riconosciuto che non c’erano state condotte penalmente rilevanti.

Dubbi anche su come furono spese le donazioni pro alluvione Scaletta Zanclea. Una delibera comunale del 2010 né destinò una parte per le divise dei vigili urbani e le spese per il pulmino scolastico. La Procura avvisò l’ex sindaco Mario Briguglio e altri 15 tra giunta e consiglieri, ma le accuse vennero archiviate perché tutto venne giudicato regolare.

Vennero passati ai raggi x anche i contributi per gli alloggi. Saltò fuori che almeno 60 persone avevano ricevuto il contributo alloggio malgrado fossero rimasti nelle case inagibili. Una soltanto la condanna alla fine del processo.