Cultura

“Compagni”: storia di quel pezzo di Messina che voleva cambiare il mondo

Mancava un pezzo di storia di Messina, mancava chi raccontasse cosa è accaduto in questa sonnolenta città nel periodo più recente, quello che peraltro ha portato ad alcuni eventi del tutto inediti per una realtà profondamente conservatrice. Ci hanno pensato Eleonora Corace e Matilde Orlando con un libro coraggioso e intenso, “Compagni” (Nulladie edizioni), in libreria e negli store on line da fine aprile.

Più facile cambiare il mondo

Compagni racconta di quel pezzo di “noi” che ha provato a cambiare Messina con l’obiettivo più alto di cambiare il mondo. Ma, probabilmente, alla luce dei fatti, è più facile cambiare il mondo che non Messina.

Pinelli, No Muos, No Ponte

Nelle storie, d’ispirazione autobiografica, che s’intrecciano nel libro, ritroviamo i giorni, davvero “rivoluzionari” per Messina, delle occupazioni del Teatro, della Casa del Portuale, i movimenti dell’Onda, del Pinelli, del No Ponte i presupposti che hanno portato all’amministrazione Accorinti con Cambiamo Messina dal Basso, la partecipazione alle proteste No Muos. Nei racconti dei singoli con nomi di fantasia, come il Collettivo Zapata, riscopriamo pagine di cronaca cittadina negli anni in cui, dal 2012 in poi, davvero è sembrata svegliarsi la città grazie ad una giovane generazione, soprattutto di intellettuali che ha profondamente investito azioni e sogni in questa volontà di incidere sul suo stesso destino.

Alla ricerca del “Noi”

Non è andata così, quel “Noi” che il gruppo di ragazzi ha provato a rendere solido come le fondamenta di un palazzo, si è sfaldato, ma, ed è questa la cosa che conta, è stato un vissuto nutriente come un seme.

Quel dover andar via

Eleonora Corace e Matilde Orlando ci raccontano le emozioni, la rabbia e la determinazione, le illusioni e la delusione, di una generazione di figli che per essere sé stessi continuano a dover andar via. Perché Messina in fondo resta sempre quella che accoglie con applausi e giubilo l’occupazione dell’ex Teatro in Fiera da parte dei pinellini, salvo poi, pochi giorni, dopo sigillare porte e murare finestre dell’edificio per impedire ai sogni di sopravvivere.

Storia recente di Messina

Chiara, Giuditta, Ivan, Fabio, Michela, Nanni, e tutti gli altri fondano il Collettivo Zapata, vogliono dare un senso alla loro vita attraverso la politica ma soprattutto attraverso le azioni concrete. Nel libro ci sono studenti di filosofia, sindacalisti, giornalisti, fotografi, ex rivoluzionari e famiglie borghesi, occupanti e “sbirri”, ci sono vari segmenti di società che in realtà appaiono per quelli che sono: binari paralleli. Comunque c’è la storia recente di Messina: le occupazioni, la battaglia per i Beni Comuni, ma anche gli anni dell’accoglienza dei migranti (compresa la terrificante tendopoli all’Annunziata), i movimenti studenteschi, i cortei No Muos ed il No al Ponte, ed infine l’esperienza amministrativa Accorinti.

La deflagrazione

Nessuno ha pensato di raccontare questi anni con gli occhi (e il cuore) di chi davvero ci ha messo tutto là dentro, soprattutto un carico di aspettative che sono rimaste deluse. E’ proprio quando le idee si incontrano con la vita politica reale che avviene la deflagrazione. L’emozione dell’occupazione del Teatro in Fiera s’infrange nelle ore successive all’incontro con un presidente della Regione (Crocetta) che con lo stesso sorriso con cui li ha plauditi li abbandona ad un altro destino.

Le idee e la realtà

Nelle macerie di questo Teatro è visibile sia il fallimento del Pubblico come mediazione clientelare di interessi opachi sia quello del Privato a cui si vuole appaltare la città intera. Dalla loro deriva pensiamo che si possa immaginare un modo di gestire le cose che non sia schiavo di questa politica. L’unico accordo plausibile prevede la nostra presenza nel comitato scientifico di riabilitazione dell’edificio”. Così dicevano gli occupanti, ma la storia di quei giorni racconta come finì, nonostante in quel Teatro entrarono plaudenti il governatore ed il sindaco di allora e gran parte della classe politica di quel periodo.

Vita collettiva

Le autrici raccontano con ironia episodi di vita collettiva, sprazzi di luce, le assemblee, l’occupazione della Caronte, l’insegnamento ai piccoli nelle ex scuole occupate, i cortei, la libertà da ogni forma di discriminazione, razziale e non. A tratti appare dissacrante non soltanto nei confronti “dell’ordine costituito”, ma degli stessi simboli del collettivo. La stessa figura di Teo-Accorinti, il pacifista scalzo che diventa sindaco ma non riesce a cambiare Messina, rientra in quest’analisi di una rivoluzione che ha finalmente toccato la città senza però incidere le basi.

Lottare da dentro

Devo fare il cameriere sfruttato per quattro soldi? Devo passare la mia vita in un fottuto call center? Devo entrare in una classe del liceo di merda e insegnare storia e filosofia a degli imbecilli completamente addomesticati? Lo faccio, va bene, perché sono costretto a farlo, però con rabbia. E con l’idea di causare il maggior danno possibile. Sono dentro, devo stare dentro perché da questo schifoso sistema non posso uscire e allora faccio danno. Metti bene in chiaro da quale parte stai, perché c’è sempre una parte della barricata dove metterti. Da lì, con rabbia e paura produci il maggior danno possibile”.

La stagione spenta

S’intrecciano storie di amore, di sesso, di amicizia, politica e lavoro, sorrisi e inquietudini, notte di acidi e birra, riti dell’acqua e pranzi in famiglia, cortei, litigi e gelosie, superbia intellettuale e solidarietà. C’è davvero uno spaccato di una generazione che poi ha preso valigia o zaino per andare via. La stagione delle occupazioni si è lentamente spenta, lasciando però nelle vite di ognuno dei protagonisti l’ardore di riprendere in mano la propria vita e trasformarla.

Il processo medievale

Le autrici non sono indulgenti, raccontano la storia da testimoni e partecipi e la fine di tutto inizia con una persona che appare “strana”, quindi diventa diversa. Quel ragazzo finisce al centro di un “processo medievale” come lo descrivono Corace e Orlando che rappresenterà, per modalità (senza difesa) e contenuti l’inizio della fine di un sogno.

Cosa è rivoluzionario

Compagni è scritto a quattro mani ma con la fluidità di un libro scritto da un solo autore, e dietro due storie ce ne sono centinaia. Si avverte il senso di sconfitta non individuale ma di un “Noi” che nel momento in cui diventa istituzione crolla. La rivoluzione non c’è stata ma davvero rivoluzionario è stato l’averci voluto provare in una città come Messina.

Chi sono i Compagni

Scrivono le autrici: “I Compagni sono tutti quelli che vogliono cambiare il mondo. Vivono in una città tanto isolata quanto indolente. Sono scontenti, sono idealisti. Hanno il tarlo della politica, vogliono la rivoluzione. Parlano un altro linguaggio. Sono sempre esposti al giudizio della gente e alla forza della legge. Incompresi, arroccati su un’identità pubblica, ripiegati sulla coscienza collettiva. I Compagni non sono amici, sono qualcosa di meno ma anche di più. Tra di loro vige un patto: il personale non è politico, il personale è tutto ciò che non è il Collettivo. I Compagni sono un Noi che ancora non esiste ma che non rinunceranno a costruire

In realtà quel Noi non sono riusciti a costruirlo in riva allo Stretto ma non per questo smetteranno di provarci.

Le autrici

Eleonora Corace (Messina, 1986) e Matilde Orlando (Messina, 1988) sono colleghe fin dai tempi dell’Università: hanno condiviso studio e ricerche filosofiche, sperimentando la scrittura collettiva in articoli e saggi filosofici. Tra le loro pubblicazioni: L’immagine carnefice (Cronopio, 2017); Le immagini di Marilyn tra svelatezzae denudamento (K. Revue, 2019); La biopolítica entre la practicabiomédica nazi y la eugenesia contemporánea (Acta del VII Coloquio Latinoamericano de Biopolítica: Ontologías del Presente, 2020); Cuerpos beatos en cuarentena (Dissenso, 2020).

Eleonora Corace svolge attualmente il dottorato in filosofia all’Università di Würzburg (Germania), ha lavorato come giornalista, occupandosi di temi sociali e migrazione. Tra le sue pubblicazioni il saggio La sfera dell’intercultura. L’intreccio dei confini nella filosofia dell’estraneo di Bernhard Waldenfels(Mimesis, 2018). Ha pubblicato articoli accademici sulla rivista Endoxa e K. Revue.

Matilde Orlando ha conseguito il dottorato in Filosofia all’Università degli studi di Messina nel 2017. Attualmente vive e insegna a Bogotà (Colombia). Tra le sue pubblicazioni: El malestar del ser. Levinas, el hitlerismo y la evasión como revuelta(Mutatis mutandis, (2019); Socrate in azienda. La filosofia tra formazione e consulenza (Rassegna di pedagogia, (2018). Ha pubblicato articoli accademici sulla rivista FataMorganaweb, OperaViva e K. Revue.