Cronistoria delle bacchettate della Corte dei conti: la crisi senza fine del Comune di Messina

I bilanci comunali, il piano di riequilibrio e la Corte dei Conti. La nota inviata a Tempostretto dal presidente della Sezione di Controllo della Corte dei Conti, Maurizio Graffeo, in merito all’articolo dal titolo “Come (NON) sono cambiati i bilanci di Palazzo Zanca nell’era Croce e nell’era Accorinti”, ci dà modo di tornare sugli ultimi pronunciamenti della magistratura contabile relativamente alla situazione economico-finanziaria del Comune di Messina. Pronunciamenti da cui si evince chiaramente che nulla è cambiato sul fronte dei bilanci comunali dal 2012 in poi, esattamente come sostenevamo nell’articolo di cui sopra.

E’ lo stesso presidente Graffeo che ci invita implicitamente a leggere le delibere emanate dalla Sezione di controllo allorquando scrive testualmente: «ogni pertinente giudizio sulla situazione finanziaria dell’ente (ivi compreso l’applicazione di misure inibitorie) nei limiti sostanziali e procedurali dei controlli finanziari come perimetrati dal legislatore e dalla giurisprudenza costituzionale, è contenuto nelle decisioni di questa Sezione (deliberazione n.58/2014; 186/2014; 68/2014; 32/2014 etc)… a cui si rinvia».

La delibera n. 58 è quella con cui è stato “bocciato” il bilancio consuntivo 2012 (vedi qui); la delibera n. 68 è quella con cui vengono segnalate «numerose e rilevanti criticità» in merito alla Relazione semestrale con riferimento al primo semestre 2013 (vedi qui); ladelibera n.32 è quella con cui la Corte dei Conti risponde ai Comuni di Messina e Bagheria circa la possibilità di ripresentare un nuovo piano di riequilibrio, avvalendosi del maggior termine previsto dall’art.1 comma 573 della legge di stabilità 2014.

La delibera n.186, cioè l’ultima in ordine di tempo recapitata a Palazzo Zanca, è quella che certifica e “cristallizza” la drammatica situazione economica dell’ente, per superare la quale la giunta Accorinti ed il Consiglio comunale rimandano al piano decennale di riequilibrio (vedi qui).

In quest’atto deliberativo i magistrati contabili fanno infatti presente che «secondo quanto prospettato dall’ente…, la situazione di grave squilibrio strutturale dovrebbe essere affrontata adeguatamente e trovare superamento proprio attraverso lo strumento di risanamento del piano di riequilibrio finanziario pluriennale (a cui l’ente affida espressamente l’attuazione delle misure correttive richieste dalla Sezione a seguito della pronuncia specifica n. 58/2014/PRSP)». A tal proposito è necessario ricordare che in virtù della delibera n.58 e della mancata attuazione delle misure correttive, ancora oggi il Comune di Messina può sostenere solo spese indifferibili ed espressamente previste dalla legge. Ragione per la quale, ad esempio, la giunta Accorinti, negli scorsi mesi, non ha potuto comprare neanche il cero da 80 euro da donare, come tradizione, alla Madonna di Montalto.

Preso atto che il Comune di Messina intende ricorrere alla procedura di riequilibrio, con delibera n.186, i magistrati contabili sentono « l’obbligo di rammentare … che la Corte … proprio nel ribadire la funzione del piano di riequilibrio come volto a “scongiurare la più grave situazione di dissesto”, ha ammonito in ordine ai rischi di un utilizzo strumentale dell’istituto (“potrebbe rivelarsi un dannoso escamotage per evitare il trascinamento verso una situazione di dissesto da dichiarare”), potenzialmente dannoso per l’erario nonché elusivo delle regole di responsabilità legislativamente legate alla dichiarazione di dissesto, poste a presidio dell’efficienza degli enti locali».

Secondo la Corte dei conti, il piano di riequilibrio non deve cioè trasformarsi in un «dannoso escamotage» per dilatare nel tempo la dichiarazione di dissesto, nel qual caso si avrebbero come conseguenze quelle di provocare danno erariale ed eludere le regole di responsabilità che la legge prevede in caso di default.

Se fosse dipeso dalla Corte dei Conti, il Comune di Messina avrebbe dovuto dichiarare dissesto già nel 2012, quando a novembre di quell’anno fece recapitare a Palazzo Zanca la deliberazione n.355, con cui concedeva 30 giorni di tempo per attuare le necessarie misure correttive finalizzate a superare «i gravi ed evidenti squilibri strutturali di bilancio suscettibili di provocare il dissesto dell’ente, che impongono di attivare senza indugio la procedura prevista dall’art. 6, comma 2, del decreto 6 settembre 2011, n. 149». A Palazzo Zanca, non c’era più la giunta Buzzanca ma il commissario Croce, al quale – dopo l’ultimatum della Corte dei Conti – venne in soccorso il decreto 174/2012, meglio conosciuto come “salva- comuni”, con il quale il Governo decise di lanciare un’ancora di salvezza agli enti in pre-dissesto per scongiurarne il fallimento. Il Comune di Messina decise quindi di provare ad accedere al Fondo di rotazione nazionale e la delibera 355 della Corte dei Conti venne sospesa ex lege a seguito della presentazione del piano di riequilibrio predisposto dal commissario Croce e dai suoi esperti ed approvato dal Consiglio Comunale nel febbraio 2013. Da allora sono passati due anni e tutt’oggi – causa anche interventi normativi volti a far slittare i termini per aiutare ulteriormente gli enti in crisi – il Comune di Messina non ha un piano di riequilibrio approvato dal Ministero e dalla Corte dei conti.

Se la Sezione di controllo – come spiega nella delibera 186 – non ritiene il dissesto il peggiore dei mali, il Governo invece prova ad offrire agli enti locai tutti gli strumenti per scongiurare il fallimento.

Tornando ai bilanci comunali, la Corte dei conti non si è ancora espressa né sul consuntivo 2013 né sul previsionale 2014, approvati rispettivamente il 2 ed il 31 dicembre 2014. Le premesse non lasciano molti margini per sperare in un esito positvo: il rendiconto 2013, esattamente come il consuntivo 2012, chiude con un disavanzo di oltre 2 milioni di euro, sebbene una prima versione – poi auto-emendata dalla giunta Accorinti – riportasse addirittura un avanzo di 6 milioni di euro. Nel consuntivo 2013 così come in quelli che l’hanno preceduto in quel di Palazzo Zanca, non c’è traccia dei debiti fuori bilancio né delle partecipate, nonostante i solleciti della Corte dei conti in tal senso. C’è inoltre quel parametro 6, relativo alle spese del personale, su cui si gioca la deficitarietà dell’ente, che se accertata impedirebbe al Comune di aderire alla procedura di riequilibrio e manderebbe in fumo l’attesa durata due anni. La situazione non migliora se prendiamo in esame il bilancio di previsione 2014, approvato alle ore 23 del 31 dicembre: il documento economico-finanziario di “programmazione” ha visto somme spostarsi da un capitolo all’altro sino all’ultimo momento, anche in questo caso con auto-emendamenti presentati dalla giunta per soddisfare le richieste del Collegio dei revisori dei conti.

I bilanci comunali di ieri e di oggi si assomigliano molto e sono il termometro della gravissima situazione in cui versa il Comune.

Danila La Torre