Coronavirus

Coronavirus: crisi e allarme usura. «Fermatevi e non rovinate la vostra vita»

«Compare che problema hai? Tranquillo ci penso io. Dimmi solo che ti serve e poi se ne parla». Ma è proprio quel “poi” che diventa una condanna per la vita. Sono queste le parole da cui inizia tutto. Perché l’usura è così: si presenta come “un’amica” nel momento del bisogno. Ma è una trappola che distrugge la vita. A raccontarcelo sono i membri della Fondazione Antiusura Padre Pino Puglisi. Da 25 anni sono in prima linea a Messina per combattere il combattere il fenomeno dell’usura e per dare una speranza e una via d’uscita a chi è caduto o rischia di cadere in una ragnatela che non da scampo. 

In tutta Italia l’emergenza Coronavirus sembra aver risvegliato una delle più drammatiche piaghe criminali che distrugge vite e famiglie: l’usura. Dopo due mesi di lockdown l’economia fatica a rimettersi in piedi, così la mano degli usurai si è immediatamente mostrata pronta a “soccorrere” chi è in gravi difficoltà economiche. “Le organizzazioni mafiose esercitano la loro pervasività attraverso l’usura, la rilevazione delle attività in crisi e l’intercettazione dell’enorme flusso di denaro pubblico” ha ricordato la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, nel messaggio in occasione della giornata della legalità, che ricorda la strage di Capaci. I dati sono già allarmanti.  Dal comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica è venuto fuori che nel mese di marzo, a fronte di un generalizzato crollo di ogni tipo di reato, l’unico che fa segnare un aumento è l’usura: 9% in più rispetto a marzo dell’anno scorso.

La lotta all’usura a Messina

Anche a Messina l’attenzione è altissima. La Prefettura ha istituito una rete di monitoraggio per intercettare problemi e criticità in questa delicata fase 2. E nell’ambito del comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica ha coinvolto le associazioni antiracket e antiusura attive sul territorio. Tra di loro c’è la Fondazione Antiusura Padre Pino Puglisi. Li abbiamo incontrati per cercare di capire quali sono i rischi in un momento economico e sociale così delicato. «L’emergenza sanitaria lascerà una seria emergenza economica e finanziaria. La criminalità organizzata è pronta per farsi spazio laddove ci sarà terreno fertile. E purtroppo troverà una grande apertura, soprattutto tra chi non avrà la possibilità di accedere alle misure del Governo o per colpa delle lungaggini burocratiche che ci sono dietro le erogazioni degli aiuti. Noi siamo pronti ad ascoltare chi ha bisogno. Ad accoglierlo. Siamo qui anche per offrire consulenza a chi non sa come accedere alle misure economiche messe in campo dal Governo in questa emergenza Coronavirus».

La Fondazione, nata nel 1994 come comitato, ha da sempre lavorato a fianco delle Forze dell’ordine, ha accompagnato tante vittime alla denunce, si è costituita parte civile nei processi per far sentire meno solo chi ha avuto il coraggio di denunciare. Nel 2003 ha iniziato ad attivare il Fondo di garanzia con il quale viene offerto un supporto a chi ha bisogno di accedere al credito. Da allora ha aiutato 425 persone mettendo in campo quasi 7,7 milioni di euro. 425 uomini e donne che probabilmente sarebbero finite nelle mani dell’usura o che erano disperate e grazie a loro sono riuscite a liberarsi di quella cappa.

L’usura porta a perdere la dignità

«Il nostro strumento principale è l’ascolto. Non siamo intermediari finanziari, anche se cerchiamo di trovare anche la migliore soluzione economica che può aiutare chi si rivolge a noi. Siamo dei partner che aiutano a ricostruire la vita e la dignità delle persone. Cerchiamo di diventare un punto di riferimento. Perché l’usura porta le vittime a perdere prima l’azienda, poi il patrimonio e alla fine la dignità. Per questo oggi più che mai vogliamo dire che c’è un altro modo, che insieme possiamo trovare una soluzione». Proprio per questo la fondazione opera attraverso due sportelli, uno in via Felice Bisazza e uno a Palazzo Satellite.

Ascolto e assistenza per offrire un’alternativa

In questo periodo di crisi l’attenzione dev’essere massima. Le storie che ci sono dietro ogni richiesta di aiuto sono storie di solitudine, di grande paura, di bisogno. «Ci sono volte in cui alla fine dei colloqui stiamo male. Abbiamo visto tante lacrime. La prima cosa che ci chiedono è di non giudicare. Ma noi non siamo qui per giudicare. Siamo qui per dare un’alternativa». Raccontano inoltre che proprio in questo periodo già in tanti si sono rivolti alla Fondazione Padre Pino Puglisi. «Noi valutiamo caso per caso, oltre gli strumenti dei nostri fondi di prevenzione e solidarietà possiamo anche avviare una mediazione con la banca, con la finanziaria, provare a sospendere dei finanziamenti in atto, insomma tutto ciò che può servire per non far crollare una persona che non sa più come andare avanti».

Spiegano che chiunque può all’improvviso trovarsi di fronte a questo muro. Non solo aziende o piccoli imprenditori al collasso, anche liberi professionisti, famiglie che hanno fatto investimenti sbagliati o che non hanno saputo gestire le loro risorse. Fidarsi di un “amico” che promette aiuto immediato e con poca fatica è facile se dall’altro lato hai magari una banca che prende tempo, ritarda le pratiche, ti chiude le porte. Ma una volta che si entra in quella spirale, il debito non finirà mai più.

«Vogliamo dire una cosa importante a chi in questo momento non vede una via d’uscita: fermatevi, ragioniamo insieme. Non compromettete la vostra vita per sempre».