cronaca

De Luca Vs magistrati, come stanno le cose

Archiviata l’accusa di calunnia, il sindaco di Messina resta sotto processo a Reggio Calabria per tutti gli altri reati contestati dalla magistratura reggina, dopo le denunce dei PM messinesi.

“Non ho mai commentato alcuna vicenda che mi riguardasse e continuerò a non farlo – è il commento del procuratore generale Vincenzo Barbaro dopo il comunicato dell’avvocato Carlo Taormina – per me parlano gli atti giudiziari”.

IL PROCESSO IN CORSO

La prossima udienza davanti al giudice Iori è fissata per il 26 ottobre. Il processo è alle battute iniziali. Sul tavolo ci sono diverse contestazioni di diffamazione nei confronti di Barbaro, per lo più legate alle affermazioni di De Luca riportate nel libro “La lupara giudiziaria” o sul profilo social del sindaco. A giudizio c’è anche l’editore Armando Siciliano, che ha dato alle stampe il libro di De Luca.

Il procuratore Barbaro lo ha anche citato davanti al giudice civile, chiedendo il risarcimento del danno a De Luca. Questo procedimento è alle battute finali, potrebbe concludersi entro la fine dell’anno.

L’ARCHIVIAZIONE

Mentre il processo principale è ancora in corso, il giudice per le indagini preliminari Valerio Trovato ha disposto l’archiviazione di una ipotesi di calunnia. La denuncia iniziale è sempre del magistrato Barbaro, insieme alla collega Liliana Todaro, che contestavano a De Luca le affermazioni relative ad un presunto complotto giudiziario ordito nei suoi confronti. Indagati con lui c’erano anche i suoi legali, gli avvocati Taormina e Tommaso Micalizzi, protagonisti della ormai nota “conferenza stampa” con cui De Luca ha aperto la controffensiva alle toghe.

In sostanza il GIP Trovato, accogliendo la richiesta della Procura e rigettando invece l’opposizione dei magistrati messinesi, scrive che intanto per alcuni fatti ci sono già altri procedimenti in corso appunto. Poi, era plausibile in sostanza che De Luca si fosse fatto l’erronea convinzione di essere oggetto di un complotto. Pur sbagliando in questo senso, non ne aveva colpa e non si tratta di calunnia perché le affermazioni – di là della loro fondatezza -erano contenute nella sua linea difensiva.

Scagionati del tutto invece i suoi due difensori: non erano consapevoli della natura penale delle dichiarazioni di De Luca, e non erano tenuti ad esserlo.