Cronaca

“Filo rosso” tra la mafia messinese e catanese. Definitiva la confisca da 28 milioni a Santalucia

E’ diventata definitiva – a seguito della recente pronuncia della Corte di Cassazione – la confisca dell’ingente patrimonio, pari a oltre 28 milioni di euro, nella disponibilità di Salvatore Santalucia, noto imprenditore di Roccella Valdemone (ME).

E’ ritenuto elemento di congiunzione tra le organizzazioni criminali mafiose operanti nel territorio (tra le provincie di Messina e Catania) nei settori dell’energia da fonti rinnovabili, delle attività di movimento terra e della produzione di conglomerato cementizio.

La pronuncia della Suprema Corte definisce la vicenda giudiziaria di Santalucia, oggetto di attività investigativa condotta dagli uomini della Dia e della Dda di Messina, che hanno portato a tre sequestri eseguiti tra il dicembre 2015 e il marzo 2016, e nel provvedimento di confisca di primo grado eseguito a maggio del 2017.

Dagli atti delle indagini sono emersi gli stretti legami di Santalucia (noto negli ambienti criminali come “Turi piu”) con le note famiglie mafiose Santapaola di Catania – per il tramite di esponenti di vertice del clanBrunetto”, attivo nel versante jonico della provincia etnea – e “barcellonese”, come confermato proprio dalle dichiarazioni del capo di quella famiglia mafiosa, oggi collaboratore di giustizia, Carmelo Bisognano, che lo aveva indicato quale referente per la zona di Roccella Valdemone per l’illecito controllo degli appalti in quell’area.

I consolidati rapporti di Santalucia con i più importanti esponenti della famiglia “barcellonesehanno trovato riscontro anche nell’ambito dell’indagine “Gotha III” ove sono stati tracciati i suoi contatti con Carmelo Bisognano, la sorella Vincenza Bisognano, con Beniamino Cambria, stretto collaboratore di Bisognano, e con Tindaro Calabrese, quest’ultimo ritenuto – sulla base di diverse risultanze giudiziarie – il successore dello stesso Bisognano.

Il successo imprenditoriale di Santalucia ha registrato nel tempo, un’inarrestabile quanto anomala crescita esponenziale, tanto da aggiudicarsi – nel periodo 2003/2010 – un proficuo rapporto di partnership con la più nota società “Eolo Costruzioni S.r.l.”, impresa del Gruppo Nicastri – riconducibile a Vito Nicastri, di Alcamo – leader in Sicilia nella realizzazione delle opere civili dei parchi eolici. A Nicastri, considerato in strettissimi rapporti con il latitante Matteo Messina Denaro, all’esito di importanti attività investigative condotte dalla Dia di Messina e Palermo, è stato confiscato un colossale impero economico per oltre 1,5 miliardi di euro.

Le attività svolte hanno permesso di documentare, oltre alla spiccata propensione a delinquere di Santalucia, la notevole sproporzione tra i redditi da lui dichiarati ed il consistente patrimonio posseduto, anche dal suo nucleo familiare attraverso la schermatura di contesti societari. Le attività eseguite hanno, tra l’altro, consentito di svelare quanto gli interessi imprenditoriali di Santalucia spaziassero tra i più diversi settori: dall’edilizia – inclusa la produzione di calcestruzzo – all’eolico, dall’attività agricola all’allevamento di bestiame: settori questi ultimi per i quali ha nel tempo beneficiato anche di svariati contributi comunitari.

Il patrimonio originariamente aggredito e da oggi definitivamente nella disponibilità dello Stato, alla luce della pronuncia della Suprema Corte, nello specifico ha interessato 4 aziende operanti nel settore dell’agricoltura, dell’allevamento, del movimento terra, della produzione di calcestruzzo e delle costruzioni edili, 326 terreni ubicati nei Comuni di Roccella Valdemone (ME), Gaggi (ME) e Castiglione di Sicilia (CT) – per l’estensione complessiva di circa 220 ettari -, 23 fabbricati, 26 veicoli e vari rapporti finanziari, il tutto per un valore complessivo pari a 28 milioni e mezzo di euro.