cronaca

Giallo di Caronia: no della famiglia all’archiviazione, le parole di Viviana prima della tragedia

“Io ‘ste cose qua di esorcismo ‘ste cose qua mi fanno paura; io guarda ho avuto una fase e tuttora ora sto cercando di riposarmi un attimo perché sono stanca, mi posso appoggiare alla fede, mi posso appoggiare a tutte le cose ma ehm…ho avuto paura di tante cose e tuttora ora ho e quindi voglio stare… di godermi mio marito, mio figlio, la mia casa e fare il minimo indispensabile; per guarire perché questo della salute è la prima cosa poi ‘ste cose di esorcismo, ‘ste cose qua non ne voglio sapere, seguire, cose perchè guarda, credimi, anche le cose, magari, preferisco le piccole cose, quelle piccole cose che mi hanno fatto stare sempre serena e le piccole cose per me sono la mia casa, che è il mio nido, mio marito e mio figlio, Dani. E’ questa la vita secondo me, questo è l’amore, l’amore della vita..”.

Era il 19 luglio 2020, pochi giorni prima della tragedia che avrebbe messo fine per sempre alla sua vita e alla sua famiglia. Quel giorno, Viviana Parisi scrive ad un’amica che le propone un incontro a Rometta con un gruppo di religiosi. Usa parole toccanti, traboccanti della tenerezza che una moglie e madre può avere per i suoi affetti.

Parole che lasciano trasparire una sofferenza, certo, ma lineari e serene, soprattutto che mostrano chiaramente quanto lontana volesse tenersi da qualunque fanatismo. E’ questa la prima obiezione che la famiglia Mondello -Parisi muove alle conclusioni della Procura di Patti, mettendola nero su bianco nella opposizione alla richiesta di archiviazione avanzata dall’ufficio guidato dal procuratore capo Angelo Cavallo.

Tecnicamente, le richieste di opposizione sono tre, firmate da Daniele, dalla sorella e dalla mamma della donna. La sostanza è la stessa, e la richiesta è portata avanti dagli avvocati Pietro Venuti e Claudio Mondello: le indagini devono andare avanti, c’è ancora tanto da fare, la tesi dell’omicidio-suicidio non convince. Perché?

Ecco la prima risposta: la Procura di Patti, sulla scorta della perizia psichiatrica, parla di delirio psicotico di Viviana. Le testimonianze – che hanno raccontato di Viviana che declama i versi della Bibbia – iscrivono il delirio sullo sfondo di un certo fanatismo religioso. Ma quel messaggio di Viviana racconta ben altro: della sua volontà di non volersi far irretire in alcun fanatismo, della sua volontà di voler superare tutti i momenti di difficoltà senza farvisi risucchiare, del suo amore e la sua volontà di voler proteggere se stessa, suo figlio e la sua famiglia. Viviana non delirava. Declamava la Bibbia? Come tanti in quei duri giorni di lockdown.

Non c’è nessuna prova del tentativo di suicidio di Viviana. Quindi perché non proseguire gli accertamenti e fugare ogni dubbio, analizzando i capelli della donna per capire se aveva assunto psicotici? Ecco la seconda obiezione della famiglia, che prosegue: Viviana quel giorno, prima di uscire di casa, prepara il pranzo al figlio. Dice al marito di voler andare a comprare le scarpe per Gioele. Una video camera la immortala però abbastanza lontano da Venetico, a Sant’Agata Militello. E’ strano? No, spiegano i familiari e lo conferma un testimone: Viviana giorni prima aveva chiaramente chiesto al marito che la accompagnasse lì, per comprare le scarpe al bambino.

Complessivamente sono 24 i punti in cui Daniele e la sua famiglia sintetizzano le contestazioni alle conclusioni della Procura, criticando parte degli accertamenti effettuati fino alla richiesta di archiviazione stessa, passando per il complesso e conteso capitolo delle operazioni di soccorso. Il succo è concentrato nella frase finale, che precede le richieste che i legali avanzano: “Le istituzioni devono essere ponte nel dolore. Devono essere aiuto, devono dare risposte”.