Tragedia Sansovino: udienza preliminare per 6, tra loro Vincenzo Franza

Le consulenze tecniche ordinate dalla Procura hanno confermato il quadro emergo quasi subito dopo la tragedia: i tre morti della Sansovino sono da imputare alla mancata sicurezza delle condizioni di lavoro di Gaetano D'Ambra, Cristian Micalizzi e Santo Parisi, uccisi dal gas tossico formatosi in un locale della cisterna (leggi qui).

I magistrati titolari del caso hanno quindi chiesto il giudizio di Luigi Genghi della società Caronte &Tourist Isole Minori, la sigla creata dal gruppo Franza per acquistare le quote della Siremar; Domenico Cicciò, ispettore tecnico della società responsabile della sicurezza; l'agente marittimo Giosuè Agrillo, il comandante Salvatore Virzì e il direttore di macchina Fortunato De Falco e Vincenzo Franza quale titolare della Caronte&Tourist, che ne avrebbe ricavato un vantaggio dal risparmio sulle corrette operazioni di bonifica del natante.

Le ipotesi di reato restano omicidio colposo e lesioni colpose plurime. E c'è già una data per l'udienza preliminare, fissata per il 18 giugno.

I marinai scesi nella cisterna non erano dotati delle protezioni di sicurezza adeguate a evitare che l'idrogeno solforato si diffondesse durante le operazioni di pulizia.

Questa in sostanza la teoria della magistratura, messa nero su bianco dal procuratore aggiunto Giovannella Scaminaci, che ha coordinato gli accertamenti affidati ai sostituti Marco Accolla, Roberto Conte e Federica Rende.

Scrive la magistratura nella richiesta di rinvio a giudizio che l'incidente del 29 novembre 2016 al porto di Messina, avvenuto mentre i marinai lavoravano alla nave acquistata dalla Caronte dalla Siremar, è dovuto a "omissioni imputabili a persone che rivestivano funzioni di rappresentanza di amministrazione o di direzione dell’ente, nel corso delle operazioni finalizzate allo svuotamento delle casse di raccolta delle acque di garage, della Sansovino, omissioni consistite nel non effettuare la necessaria caratterizzazione del liquido contenuto all’interno delle predette casse al fine di accertarne l’effettiva composizione e di predisporre adeguati strumenti di bonifica e smaltimento, nel non eseguire i necessari lavori volti a ripristinare la funzionalità delle pompe di bordoattraverso cui dovevano essere effettuate le operazione di svuotamento delle casse e nel non rivolgersi a una ditta specializzata che potesse eseguire la bonifica in sicurezza affidando invece l’esecuzione dei lavori al personale di bordo, sprovvisto di adeguata formazione e di idonei dispositivi di protezione”.

A lavorare al caso sono stati il chimico della guardia costiera, Giuseppe Recupero, che ha analizzato i campioni prelevati dai Ris sulla nave, la sera della tragedia. Gli esperti del Nucleo speciale Nbcr dei Vigili del Fuoco, un ingegnere navale del Genio della Marina militare e gli uomini della Capitaneria di Porto di Messina.