Quel tentativo di allontanare il dissesto che si ripete in fotocopia dal 2009 ad oggi

“Le condotte descritte ritardavano gravemente l’avvio dell’azione di risanamento dei conti dissimulando il disavanzo al bilancio e le sue reali dimensioni, creando un danno al Comune, ai cittadini con una protrazione della elevata imposizione fiscale per un tempo che l’adempimento puntuale degli obblighi di legge da parte degli indagati avrebbe reso senz’altro meno esteso”.

Queste contestazioni da parte dei magistrati che indagano sui bilanci 2009-2010-2011 riguardano il comportamento della giunta, dei Consiglieri comunali e dei revisori dell’epoca (alcuni dei quali sono ancora, a diverso titolo a Palazzo Zanca),ma se le si legge con attenzione, potrebbero essere adattabili in fotocopia per gli atti contabili successivi fino al Piano di riequilibrio 2.0 messo in piedi con le pinze per scongiurare il default e le contestazioni della Corte dei Conti.

In termini semplici, il pm Carchietti sottolinea che i 62 indagati avrebbero posto in essere comportamenti che, nei fatti hanno “nascosto” la situazione di ente strutturalmente deficitario con l’obiettivo di allontanare il dissesto e, così facendo, hanno ritardato l’avvio del risanamento dei conti previsto  dalla normativa relativa al default, creando un danno al Comune,ai creditori e ai cittadini.

In quest’ultimo caso l’aumento delle imposte e delle aliquote ai tetti massimi viene allungato nel tempo molto più di quello previsto in caso di dissesto (al quale segue il risanamento). Un piccolo esempio è l’aumento dei canoni occupazioni suolo assimilati a quelli di Milano e Roma, aumento introdotto in modo tale da “gonfiare” le entrate ben sapendo che nessuno avrebbe mai realmente pagato ( e ancora oggi i commercianti sono alle prese con quei canoni da paura che gravano sulle loro tasche anche sotto forma di sanzioni).

Insomma per nascondere lo stato deficitario gli indagati avrebbero danneggiato la città allontanando nel tempo l’azione di risanamento. I comportamenti adottati dagli inquilini di Palazzo Zanca secondo l’inchiesta “determinavano la formazione di un bilancio ideologicamente falso, poiché recante previsioni di entrata chiaramente sovrastimate, previsioni di spesa sottostimate ed  omissioni nell’iscrizione di spese già prevedibili (poiché fondate su un titolo certo ed esigibile, o comunque censite), nonché omissioni nell’iscrizione di debiti fuori bilancio assunti e palesatisi nel corso dei precedenti esercizi”.

Secondo la Procura sarebbe esistito un vero e proprio “sistema” che avrebbe visto, ognuno con il suo ruolo, dirigenti, sindaco e assessori, revisori dei conti e consiglieri comunali, agire in sinergia per arrivare al risultato finale. Il teorema è valido per tutti i documenti contabili del 2009, 2010,2011.

Ai consiglieri comunali,ad esempio, viene contestato l’aver approvato bilanci “pur nella piena consapevolezza dell’esistenza di debiti fuori bilancio e del mancato stanziamento di somme sufficienti al finanziamento dei debiti stessi (ossia, pur nella piena consapevolezza del fatto che il documento contabile rappresentava un equilibrio di bilancio in realtà insussistente).

Ad assessori e dirigenti viene imputato l’aver formato “una serie di atti pubblici ideologicamente falsi”  e ai revisori l’aver “formalizzato un parere favorevole all’approvazione del documento contabile nonostante esso non prevedesse la copertura dei debiti fuori bilancio censiti”.

Insomma secondo la tesi degli inquirenti ogni tassello faceva la sua parte nel mosaico finale, che era quello di “allontanare il dissesto”.  Ma è proprio questo il punto contestato perché “ Con le condotte di falsificazione dei rendiconti e dei bilanci nonché con la redazione dei falsi attestati di rispetto dei patto di stabilità interno, nel dissimulare la sussistenza dei presupposti patrimoniali che avrebbero reso obbligatoria la dichiarazione di dissesto dell’Ente e nel dissimulare le reali dimensioni del deficit, cosi da aggravare il dissesto ritardandone la formalizzazione e  quindi il risanamento, intenzionalmente procuravano a sé un ingiusto vantaggio patrimoniale (scongiurando la propria decadenza o cessazione dalla carica, quale effetto delle determinazioni interdittive della Corte dei Conti, ovvero della sanzione politico irrogabile dalla cittadinanza – e sottraendosi al giudizio di responsabilità  della Corte dei Conti per il cagionato dissesto)”.

Per i magistrati il danno cagionato è anche nei confronti del Comune,perché la disciplina del dissesto mira al risanamento dei conti e dei creditori ( la normativa  è preordinata a garantire la par condicio creditorum), e nei confronti “della cittadinanza gravata da una situazione di deficit nei conti pubblici, di default dell’ente territoriale – via via cronicizzatasi ed aggravatasi poiché dissimulata dagli indagati e non tempestivamente palesata nelle forme previste dalla legge: dato reso ancor più tangibile dalla circostanza che il dissesto determina l’obbligo di innalzare le imposte comunali fino al tetto massimo consentito e sino al risanamento della situazione finanziaria, con la conseguenza che – attesa la non tempestiva emersione del dissesto,  la cittadinanza finisce col subire la prospettazione di una protrazione dell’elevata imposizione fiscale per un tempo che la puntuale applicazione della normativa da parte degli indagati avrebbe reso meno esteso”.

Fin qui le contestazioni della Procura relativamente ai bilanci 2009, 2010, 2011. Sin da allora quindi,stando alle prime missive della Corte dei Conti e dall’esito di questa indagine, la situazione deficitaria era palese. Ne consegue che se gli anni 2009-2010-2011 rappresentavano “l’alba” della criticità, al punto da spingere i magistrati  a parlare di omessa dichiarazione di dissesto, con quelli successivi si fa giorno, anzi “mezzogiorno”.

Anche le manovre contabili approvate successivamente, secondo questa logica, sono “viziate” dallo stesso peccato originario,anche perché non risulta  che sia stata avviata alcuna azione di risanamento e lo attesta proprio il fatto che siamo in attesa del verdetto sul Piano di riequilibrio 2.0 che altro non è se non la “manovra per eccellenza” per allontanare un dissesto palese nei fatti. Se la Corte dei Conti ha mosso i primi addebiti in quegli anni è nei successivi che ha intensificato il pressing. Nel frattempo sono stati votati previsionale 2012 (durante il commissariamento Croce),consuntivo 2012, previsionale 2013, consuntivo 2013, previsionale 2014 e Piano di riequilibrio (con l’amministrazione Accorinti) e in arrivo dovrebbero esserci consuntivo 2014 e previsionale 2015.

Per la verità Accorinti aveva annunciato che sarebbe arrivato in Consiglio entro marzo il previsionale 2015 ma al momento non si vede neanche l’ombra del consuntivo 2014. Se ci limitiamo al  Piano di riequilibrio 2.0 ci rendiamo conto di come molte delle perplessità emerse dall’inchiesta sui bilanci finirebbero con il riguardare anche questa manovra (che include ovviamente i documenti contabili fin qui approvati) e che la “filosofia” contestata dal 2009 in poi non è mutata. L’accesso al Fondo di rotazione inoltre prevede ulteriori rigide misure da adottare e che, per la cittadinanza sono ancora più restrittive e dureranno più a lungo, 10 anni (vedi articolo correlato), come l’aumento al massimo di aliquote e imposte, la copertura integrale dei costi dei servizi smaltimento rifiuti e acquedotto con i proventi delle tariffe, la riduzione delle spese per il personale a tempo determinato fino al 50%, la  rideterminazione della dotazione organica indicando il personale eccedente, tagli del 10% ai servizi e del 25% ai trasferimenti agli enti. Insomma, tutte misure che secondo la filosofia dell’inchiesta nell’allontanare il default nascondono la situazione reale e aggravano la criticità.

Quanto al Piano, vediamo quali sono i punti deboli rispetto alle 23 richieste del Ministero, se è sostenibile e se le misure di risanamento proposte dalla giunta Accorinti ed avallate dal Consiglio comunale possano portare a compimento il percorso di risanamento dei conti o siano un «dannoso escamotage» per dilatare nel tempo la dichiarazione di dissesto.

Il nodo principale resta il consuntivo 2013, con annessa tabella sui parametri di deficitarietà, da cui dovrebbe evincersi che il Comune non è un ente strutturalmente deficitario. In ballo c’è il famigerato parametro 6 sulle spese del personale, divenuto terreno di scontro interpretativo tra Signorino e Le Donne da un parte ed i revisori dei Conti dall’altra.

Secondo i revisori le spese del personale delle partecipate dovevano essere inserite nel conteggio complessivo, tesi avversata da Signorino e Le Donne. Non si tratta di una differenza di vedute di poco conto,perché se hanno ragione i revisori e il personale delle partecipate rientra nelle spese di tutto il personale, allora il Comune assumerebbe lo status  di ente strutturalmente deficitario ( per aver sforato il limite del 38% nel rapporto tra spesa del personale/entrate correnti) e non si potrebbe accedere al Fondo di rotazione. Insomma, il Piano di riequilibrio diventerebbe “impresentabile”, nel senso che non aveva i requisiti per essere presentato.

Al consuntivo 2013 è legata anche un’altra insidia, vale a dire quel disavanzo da oltre 2 milioni di euro, già registrato nel rendiconto 2012 e che non era stato computato nella massa passiva complessiva del piano di riequilibrio.  Tra i punti deboli del piano di riequilibrio restano i rapporti con le società partecipate. Le linee guida delle Corte dei Conti inseriscono tra i criteri di valutazione l`allineamento dei dati contabili degli organismi partecipati e la presenza dei contratti di servizio. Il Comune non solo non ha allineato i suoi conti con quelli delle partecipate ma è ancora fermo agli schemi di contratto di servizio con Atm e Amam, che devono essere approvati dal Consiglio comunale e sui quali non mancano dubbi e perplessità.

Così come non mancano dubbi sui  piani industriali dell’azienda trasporti e della società che gestisce il servizio idrico, che disegnano due aziende virtuose in grado di produrre utili con i quali rimpinguare  le casse di Palazzo Zanca, con previsioni sin troppo ottimistiche e lontane dalla realtà, almeno per il momento.

Infine all’appello mancano i bilanci Atm. Proprio il nodo delle partecipate è tra quelli più delicati e sottolineati anche nell’inchiesta quando si evidenziano “entrate sovrastimate e spese sottostimate”. La Corte dei Conti ha rilevato come spesso gli enti  sottostimano in bilancio gli oneri dei contratti di servizi e, a consuntivo, finanziano le perdite dei relativi servizi riconoscendo debiti fuori bilancio che potevano essere evitati, essendo sin dall’inizio ben noto il costo reale dei servizi. Nel piano di riequilibrio deve essere dimostrato che gli oneri dei contratti trovano copertura nel bilancio e devono essere consolidate le relative scritture contabili, dimostrando che le somme che le società iscrivono a credito nei confronti dell’ente, trovano corrispondente iscrizione fra i debiti di quest’ultimo.

La giurisprudenza della magistratura contabile è da tempo attenta, come abbiamo visto negli articoli precedenti, a comportamenti volti a diluire nel tempo il dissesto sia con modalità omissive che attraverso provvedimenti. Tornando alle indagini in corso diverse sono le riflessioni perché non sembra che rispetto al 2009 si sia invertita la rotta ed anzi, proprio perché è trascorso quel tempo che il sostituto procuratore Carchietti annotava,le criticità sono tutte lì, sotto i nostri occhi non solo immutate, ma aggravate.

Rosaria Brancato