Accorinti “salvato” da Genovese e dal Pd di Tafazzi. “Voto non olet”

Adesso Accorinti ha una maggioranza in Consiglio: gliela garantiscono Francantonio Genovese ed una parte del Pd (quello di Tafazzi per intenderci).

Sarà questa la maggioranza che sosterrà il sindaco fino al 2018, senza più alibi da entrambe le parti, senza più ipocrisie, ma anche senza più ostacoli. Il Patto di fine mandato l’amministrazione l’ha “stretto” con l’area Genovese e con una parte del Pd.

Quando, il 25 gennaio, ho scritto un articolo dal titolo “L’area Genovese salverà Accorinti dalla sfiducia” (leggi qui) non avevo la sfera di cristallo, mi sono limitata a leggere dietro le righe di un percorso che ha portato, a 5 mesi dalla prima firma sulla sfiducia, un’accelerazione frutto più di diatribe interne ad un’area, quella genovesiana, che non alla convinzione di avere a che fare col fallimento di un’amministrazione che di rivoluzionario aveva soltanto il nome.

Le 10 ore di dibattito in Consiglio comunale, oltre a svelare l’esistenza di alcuni consiglieri comunali (per la prima volta dall’insediamento si è toccato il picco di 39 consiglieri presenti) sono serviti a fare chiarezza sul gioco delle parti e a porre fine una volta per tutte ad una stucchevole telenovela.

Adesso non ci sono più alibi, anche perché Accorinti ha dalla sua parte proprio quel “passato” e “certa gente” che ha sempre contestato e sui quali, oggi più che mai, dovrà contare per qualsiasi delibera, dai bilanci al riequilibrio.

LA SEDUTA

Per quanto l’esito fosse scontato già da giorni, nonostante le pantomime, le riunioni, le conferenze stampa, le raccolte di firme, la seduta di ieri ha offerto alcuni spunti di riflessione.

A convincere quelli che sembravano indecisi, ma indecisi non lo erano affatto, non è stato il discorso di Accorinti (peraltro molto confusionario e del tutto privo di fatti concreti, oltre che già ascoltato decine di volte), né l’appello al Patto di fine mandato, né i selfie spot dell’amministrazione. La dimostrazione è che le dichiarazioni di Benedetto Vaccarino, capogruppo di Grande Sud che ha parlato a nome del collega Francesco Pagano (capogruppo di Progressisti Democratici) e di Carmelina David, sono avvenute prima dell’intervento del sindaco.

Dall’istante in cui Vaccarino ha annunciato il voto di astensione, nell’Aula si è sentito un respiro di sollievo collettivo che ha riguardato consiglieri e giunta, perché alla poltrona si affezionano tutti, anche i rivoluzionari.

Alle tre astensioni dei genovesiani va ad aggiungersi quella della presidente del Consiglio comunale, Emilia Barrile, che ha firmato la mozione ma in Aula ha dichiarato di voler continuare a mantenere quel ruolo super partes finora tenuto (in totale quindi i 4 voti determinanti a bocciare la sfiducia).

L’intera seduta è stata scandita dai cori dei supporter accorintiani negli spalti che hanno dedicato strali ai consiglieri ritenuti “cattivi” e applausi a chi votava contro la sfiducia. Così è accaduto, paradossalmente, che a ricevere applausi persino più della stessa capogruppo di CMdB Lucy Fenech, sia stato Carlo Abbate, capogruppo del Misto, eletto in Sicilia Futura ma adesso vicino alla Barrile. Il suo intervento per il no ha strappato consensi al punto da poterlo considerare un “capogruppo” CMdB ad honorem. E mentre a Vaccarino, fedelissimo genovesiano (lo stesso che al Royal, nel giorno della trasmigrazione di massa dal Pd a Forza Italia suonava la zampogna) la curva nord tributava plausi, alla collega, genovesiana, Donatella Sindoni, che invece era tra i firmatari della sfiducia, la stessa curva voltava le spalle.

Del resto, si sa, il voto non olet se è a tuo favore.

L’appoggio del gruppo Genovese è stato quindi determinante per mantenere Accorinti in sella, e questo in barba a quanti sospettavano invece di un accordo tra Genovese e D’Alia, accordo smentito dai fatti.

Ma se il centro-destra, esattamente come nel 2013, ha contribuito al voto di ieri grazie alle divisioni non stanno meglio le cose in casa Pd.

Tra i Dem, in pieno stile Tafazzi, dopo una serie di riunioni, i 3 consiglieri Cardile, Iannello e Gennaro hanno sconfessato la capogruppo Antonella Russo, che è stata la sedicesima firma alla mozione. Esattamente come nel 2013 le divisioni nel Pd hanno portato al rafforzamento di Accorinti. Va da sé che se i genovesiani hanno scelto la posizione dell’astensione, i 3 Pd hanno fatto di più, con un no netto che nel caso delle dichiarazioni di Claudio Cardile, sfiora “l’adesione” al gruppo CmdB. Probabile che questa votazione abbia delle conseguenze nei prossimi giorni in casa Pd, anche in vista del Congresso. Quel che è certo è che gli alleati (D’Alia, Picciolo e Germanà), del centro-sinistra faranno pesare la debolezza interna ad un partito che fatica a ricostruirsi dopo 4 anni di commissariamenti.

D’Alia, Picciolo e Germanà hanno dato dimostrazione di compattezza dei rispettivi gruppi, dalla quale far partire la nuova coalizione.

Sicilia Futura ad esempio, pur avendo la consigliera Rita La Paglia contraria alla sfiducia, ha mostrato unità, grazie ad una strategica assenza per malattia della collega. I più compatti sono stati i Centristi e gli ex Ncd, firmatari della mozione. Mario Rizzo, Libero Gioveni, Daniela Faranda, Nicola Cucinotta, hanno sfidato fischi e battute dalla platea confermando il sì alla sfiducia.

DOPO IL VOTO

In Consiglio comunale il clima resterà rovente. C’è il capitolo ufficio di Presidenza da risolvere, dopo le dimissioni dei due vice Interdonato e Crisafi e dopo la nascita di questa nuova maggioranza genovesiani-accorintiani. Da oggi inoltre inizia una campagna elettorale che si concluderà tra 1 anno e mezzo. A ottobre si terranno le Regionali, ci sono diversi consiglieri comunali pronti a candidarsi e per i quali il ruolo sarà utile come trampolino di lancio, poi ci saranno le Politiche e infine le amministrative. Uno scacchiere che riserverà sorprese.

Nel Pd e nel centro-sinistra ci sarà la resa dei conti, mentre in Forza Italia assisteremo ai movimenti per la nuova leadership, con Emilia Barrile in pole position alla luce anche della conduzione della vicenda sfiducia.

Accorinti ha davanti un anno e mezzo che sarà più lungo e meno facile di quanto adesso possa sembrare. I selfie e gli spot delle scorse settimane dovranno tramutarsi in fatti reali, il capitolo bilanci è un’incognita che pesa ed infine l’abbraccio con Genovese potrebbe rivelarsi meno assist di quanto adesso appaia. Nel giugno 2013 in piazza per Accorinti c’erano migliaia di messinesi. Ieri, nella tribuna riservata al pubblico c’erano solo i supporter che hanno concluso la seduta cantando Bella ciao. Non c’erano folle oceaniche. E se le firme raccolte sono state oltre 3 mila per il no alla sfiducia, altrettante sono state raccolte per il sì. Ma per dire “la città è con noi” serve molto più della presenza del gruppo di sostenitori.

Alla fine, l’unico vero sostegno determinante per Accorinti sono stati i consiglieri di quel Genovese dipinto in questi anni dalla giunta come uno spauracchio e quel che resta di un Pd che da ieri peserà molto di meno in qualsiasi tavolo di una futura coalizione di centro-sinistra che è già pronta a ricostruire un’alternativa alla nuova maggioranza di Palazzo Zanca.

Rosaria Brancato