Politica

Sinistra, dove sei? Una sconfitta annunciata, Messina non ti ama

“Oddio, mi è sparita la sinistra”, direbbe un personaggio di Altan. Negli anni. gli errori nazionali, regionali, cittadini e provinciali commessi dal Partito democratico e da tutte le altre forze progressiste sono stati fatali. E l’ultima campagna elettorale, dignitosa ma fragile, non poteva che avere questo esito. Non è bastato, dati i problemi strutturali, l’impegno dei candidati Calabrò e Russo alle politiche e lo sforzo alle regionali con Pd e Centopassi per la Sicilia a favore di Chinnici, candidata indebolita anche dalla rottura con il M5S.

Troppo poco tempo per rimediare a una catena di errori commessi negli anni, provocando una scissione con l’elettorato. E l’addio di Claudio Fava alla politica è il corollario di una sconfitta esistenziale di tutte le forze progressiste, fuori e dentro il Pd, percepite dal popolo della sinistra, e non solo, come lontane, assenti.

La marginalità della sinistra e il fattore De Luca

Se De Luca “Sindaco di Sicilia” prevale su Schifani superando il 50 per cento, contro il 29% del vincitore nel resto della Sicilia, un motivo ci sarà e non ci deve limitare ad analisi superficiali. Lo stesso ragionamento va esteso al dato delle liste. Quelle dell’ex sindaco di Messina volano al 42 per cento contro il 39 della coalizione di centrodestra, in provincia di Messina.

Il “fattore De Luca” c’è, come cinque anni fa c’era il fenomeno nazionale del M5S, che rimane primo partito alle politiche nelle altre zone dell’Isola. Quella che appare certa è la marginalità della sinistra: da anni il Partito democratico si colloca più al centro che a sinistra ma, dati i numeri inconsistenti di Unione popolare, in molti hanno scelto il Pd come segno d’attaccamento ai valori progressisti. Sono lontani i tempi della Rifondazione comunista con Bertinotti,

L’8 per cento del Pd nel territorio provinciale e la sconfitta regionale e nazionale

La marginalità del centrosinistra nel territorio è tutta nel risultato alle regionali del Partito democratico, con il suo 8 per cento. La rottura con il Movimento Cinquestelle, dopo le presidenziali, ha ancora di più reso evidente che questo cosiddetto campo progressista è completamente da rifare. Da rifare con idee e progetti nuovi e l’apporto di nuove persone, più legate alla parola “noi” e meno all’individualismo. L’8 per cento qui, dove si registra una debolezza storica della sinistra, è in coerenza con la sconfitta regionale e nazionale. Tutto è da rifare, come avrebbe detto Bartali. Intanto le persone percepiscono la lontananza di questo partito dai propri problemi, a torto o a ragione.

L’occasione mancata del risanamento

“A preoccupare in vista dell’inverno – spiega il direttore dell’Istituto Demopolis Pietro Vento, che ha analizzato il voto regionale – è soprattutto l’aumento del costo della vita e dell’inflazione. 8 su 10 dei siciliani evidenziano l’incremento, non sostenibile per la gran parte delle famiglie e delle imprese, delle bollette di gas ed energia. L’esigenza di un sostegno al potere d’acquisto delle famiglie supera, per la prima volta nell’Isola, la priorità storica dell’occupazione e del lavoro”.

Nelle politiche, pur facendo tutto il possibile, nella competizione uninominale del collegio messinese, i consiglieri comunali Antonella Russo e Felice Calabrò sono arrivati solo quarti, con una percentuale del 14 per cento. Insomma, hanno pagato l’assenza di un partito vero, con sezioni aperte e dibattiti pubblici. E gli sforzi del segretario provinciale Nino Bartolotta, non eletto all’Ars, non potevano certo rimediare ad anni di assenza di un partito passato dal dominio di Francantonio Genovese all’elezione alla Camera di Pietro Navarra, con congedo finale e polemiche annesse. Il tutto senza un radicamento vero nel territorio e una reale identità.

Dopo la sconfitta alle amministrative, non è paradossale che segretario provinciale ed ex segretario della Cgil di Messina Giovanni Mastroeni non riescano a diventare deputati regionali? E che l’unico messinese, eletto nel Pd, sia il giovane Calogero Leanza? Volto emergente della politica, figlio di una figura di rilievo della Dc, Vincenzo Leanza. Un tempo le strutture di partito e le organizzazioni, come il sindacato, avrebbero sostenuto candidati appartenenti a quel mondo. Oggi il tappo è saltato e tutto va riorganizzato.

Ma le frasi del vicesegretario del Pd Giuseppe Provenzano (nella foto l’iniziativa a Messina) rimandano a potenzialità non espresse, rimaste sulla carta. E al rimpianto per un’iniziativa che andava presa prima e che ha acuito la distanza dalla città, polemica a parte con Matilde Siracusano: ” Sul risanamento a Messina, da ministro, puntavo su un progetto più ampio a livello economico, con 250 milioni di euro da impiegare e il coinvolgimento della Regione. La caduta del governo ha bloccato l’operazione”. Questa posizione è apparsa debole. Il tutto senza nulla togliere all’apporto parlamentare successivo pure del Pd, con un impegno trasversale, che ha portato all’approvazione della legge sul risanamento.

Partendo da questa sconfitta generale, tocca al Pd e alle altre forze progressiste costruire, nel tempo, un’alternativa concreta.