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Conosco un posto che mi piace: si chiama Messina

MESSINA – “Ho visto un posto che mi piace si chiama mondo”, canta Cesare Cremonini. Si potrebbe dire anche “conosco un posto che mi piace: si chiama Messina”. E questo potrebbe essere l’augurio di buona Pasqua 2024 per chi ci legge. Soffermandoci sul significato della parola Pasqua come passaggio, qualunque sia il nostro credo, la nostra comune umanità ci porta a insistere verso un cambiamento radicale, individuale e collettivo. E, allora, per Messina, diventa fondamentale amare la città, prendersene cura.

Noi cittadini possiamo anche imparare a smettere di disprezzarla. Una critica spietata, ma non la denigrazione e l’oltraggio quotidiani, e uno sguardo appassionato possono convivere. Non deve essere un amore acritico, sterile. Deve essere concreto e ostinatamente teso al miglioramento. Pieno di passione e capacità di guardare fino in fondo dentro le ferite del territorio. Solo così potrà avvenire un vero risanamento.

Nella foto in evidenza spicca un carillon “vivente” nell’isola pedonale 2023. Un tocco surreale e poetico adatto a una città che deve tenere insieme sogni e bisogni, poesia e prosa. La denuncia di una quotidianità spesso soffocata dal caos; le troppe violenze inferte all’ambiente e alle persone; le ingiustizie sociali, i muri, le periferie, la criminalità e il lavoro che non c’è. Tutto questo, e molto altro, lo raccontiamo con la consapevolezza che, per vedere la bellezza, bisogna passare dagli inferni giornalieri.

Solo guardando in faccia il disagio sociale ed economico di Messina, si può lavorare, ognuno nel proprio ruolo, per una rigenerazione graduale ma necessaria. Per questa ragione, insistiamo sull’idea di una Messina in crisi come tappa obbligata per poter pensare un futuro diverso. Denuncia e progetto, amore per la città e una cura appassionata, per ogni angolo di Messina, possono e devono procedere assieme.

Basta venerare gli antichi fasti e denigrare il presente di Messina

Lo abbiamo già scritto: si ha bisogno di radici ma non di un passato castrante. Basta venerare gli antichi fasti e denigrare il presente: serve cogliere le potenzialità del territorio, senza pensare che sia o tutto “bello” o tutto “brutto”. Il futuro di Messina passa da una visione complessa e aperta a tutti gli scambi possibili con il mondo. Servono più idee e progetti e meno nostalgie, che rischiano d’imbalsamare la città.

Con questo spirito, l’augurio di buona Pasqua assume una valenza anche laica per noi abitanti di una città densa di contraddizioni. Noi che spesso nemmeno guardiamo lo Stretto. E la sua bellezza e profondità.

Scrive Italo Calvino nell’incantevole “Le città invisibili”: “Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure”. È dunque tempo che Messina ritrovi il desiderio di specchiarsi in un’immagine migliore rispetto a quella a cui noi cittadini vorremmo condannarla. I tanti rifiuti abbandonati, solo per fare un esempio, non ci imprigioneranno. Un’altra città, una realtà migliore, è possibile, se ne saremo capaci.