Certo che m'arrabbio

Coronavirus, diario di bordo. C’è una Messina meravigliosa che non fa rumore. E io la amo

Prima del coronavirus mi è capitato sempre più spesso d’interrogarmi su come sia cambiata la mia professione, con l’avvento dei social, delle fake news, del #siamotuttigiornalisti #bastacheabbiamounatastiera. Non nego che ho avuto momenti di sconforto: 30 anni di professione, di aggiornamenti, di studi, di lavoro sul campo, annegano ogni giorno in un oceano d’insulti social. Qualunque cosa scrivi, non importa quanta professionalità, impegno e sacrificio hai messo, è bersagliato dai napalm51 di turno bypartisan. Alla lunga questo ti logora ed io ero arrivata quasi a quel punto.

Giornalisti in prima linea

Poi è arrivata la pandemia e mi ha trovata in una delle frontiere di questa battaglia. Noi giornalisti siamo in prima linea, perché grazie alla stampa le informazioni arrivano a tutti, costantemente. Arrivano i dati, le storie, le interviste, i casi, le polemiche, gli studi, i grafici, i report, le speranze, sogni, le tragedie. Tempostretto è on line 24 ore su 24 e abbiamo cercato di raccontare Messina al tempo del Coronavirus. E ho ritrovato il senso di quella che, per me, 35 anni fa, era la mia “missione”, quella cosa che mi scorreva nel dna e mi rendeva felice quando prendevo in mano una penna. Quel senso antico non l’ho ritrovato nelle polemiche, nelle guerre che si sono scatenate e che sui social continuano a dividere la città in Guelfi e Ghibellini, anzi, in tribù primitive armate di clave e bastoni. No, l’ho ritrovato anche in quello che voi lettori non leggerete e che io non scriverò.

La Messina immensa e silenziosa

In quella Messina silenziosa e immensa, in quell’esercito di formiche silenziose ed educate che non stanno su facebook a vomitare odio. L’ho ritrovata in quella maggioranza rispettosa e dignitosa che ha visto nella nostra professione anche uno “strumento” per attraversare la pandemia e risolvere la loro personalissima emergenza. L’ho ritrovata nelle nicchie delle storie che ho raccontato, in quei colloqui intimi e soluzioni individuate che non potrò mai scrivere ma che restano, indelebili nella mia anima e nel mio cuore come testimonianza della mia piccolissima “utilità”.

Le storie vere invisibili

C’è una Messina meravigliosa che è voluta RESTARE INVISIBILE, ed ha donato, donato, donato, donato. Ho imparato a raccontare la pandemia dalla parte dei più fragili. Insieme a Francesca Stornante abbiamo raccolto le storie, le lettere, racconti, sfoghi, decine e decine, che potremmo unirle in un libro. Grazie a lei, a Carmelo Caspanello, Marco Ipsale, Salvatore Di Trapani, Dario Rondinella, abbiamo raccontato storie vere. La verità è una potenza meravigliosa. La verità di queste storie di ogni angolo del mondo è potente. Molte altre non le abbiamo potute raccontare, ma le abbiamo risolte, siamo riusciti ad arrivare in quell’intercapedine tra il cittadino ed i “palazzi” che ha portato a risolvere tanto.

Il bene chiama bene

Quando ho visto Cristina Puglisi Rossitto piangere, la mattina del furto della spesa a donHaus ho fatto l’unica cosa che so fare: scrivere. Però poi, e questo non lo posso scrivere, ho ricevuto telefonate di imprenditori, singoli, che hanno chiesto come aiutare Cristina. E dopo Cristina anche altri centri di amore. Il bene chiama bene e si è innescata una catena SILENZIOSA di solidarietà. Io so chi ha donato. Lo so perché hanno “usato” me come anello di una catena di amore. So chi ha chiamato me, i miei colleghi, per entrare in contatto con la Protezione civile, con le associazioni, e dare sollievo a chi soffre. In qualsiasi modo e per qualsiasi cosa. Ci chiamavano per avere chiarezza su tutto, dalle fughe dal nord alla family card.

Io so chi ha donato e ha fatto

Siamo diventati una sorta di numero verde ed io sono veramente contenta di tutte quelle volte che una lacrima è stata asciugata, una paura cancellata. Anche se non lo posso raccontare. Per notti ho avuto difficoltà a dormire per i figli delle nonnine e dei nonnini ricoverati a Barcellona che non avevano alcun contatto. Al Policlinico il sistema del tablet funziona e figli e nipoti possono avere quella che io chiamo la “cura dell’amore” contro il covid. Ricordate 20 anni fa lo spot della Telecom con Massimo Lopez “Una telefonata allunga la vita”?. Bene io credo che oggi più che mai aiuta a salvarla la vita, a rendere umano quel che è disumano. Molte famiglie avranno come ultimo ricordo quell’immagine sul tablet sfocata dalle lacrime. E’ questa la mia piccola frontiera che va al di là di ciò che scrivo. Così sentendomi più figlia che giornalista, ho tempestato di telefonate e messaggi chi ha la possibilità d’ intervenire. Purtroppo non sono certa che sia stata definitivamente risolta e sarò felice quando i figli degli anziani che si trovano a Barcellona mi diranno: ho parlato con il tablet con mia madre.

Il sorriso non fa rumore

Voglio dire grazie a questa Messina positiva. C’è una Messina bella, che lavora e non si accorge del veleno che c’è intorno perché STA A TESTA BASSA, con le maniche rollate a FARE. Dico grazie a quanti pur stando a casa hanno creato piccole grandi cose meravigliose, video, consigli, foto, messaggi, lettere. Chi ha “usato” noi per mandare gli auguri di Pasqua alla città, per dire grazie a chi soffre, per dare forza a chi ne ha meno, per gridare “nessuno è solo”. Grazie a chi ci aiuta a fare meglio il nostro mestiere. Dico grazie a chi ha cucinato per decine di persone o anche solo per i vicini. Chi ha fatto spesa per chi non poteva e chi ha fatto da autista. Ringrazio a chi l’ha fatto senza fare rumore, perché il sorriso non fa rumore. Ringrazio chi mi ha telefonato disperata per quei casi che non arrivavano ai piani alti e li abbiamo risolti. Grazie a chi non ha avuto tempo per odiare su facebook ma per amare nella vita reale. Ringrazio quei medici, quegli operatori, quelli delle stanze dei bottoni che hanno fatto di tutto per evitare che una criticità si trasformasse in tragedia. Quelli che hanno risposto alle nostre segnalazioni.

Sono orgogliosa di questa Messina

Mentre tutti si stracciano le vesti pensando al solo fatto che Messina è derisa a livello nazionale per le uscire del sindaco De Luca, io sono orgogliosa di questa Messina buona, generosa, piena di cuore. E non m’importa se le testate giornalistiche mondiali o interplanetarie non scriveranno mai di questa Messina meravigliosa. In fondo, neanche io ho potuto scrivere queste piccole storie. Questi messaggi che arrivano in redazione quando siamo riusciti a dare risposte, soluzioni, la mail giusta. Sono orgogliosa di una Messina che ha rispettato le regole ed è rimasta a casa.

Le belle notizie non fanno clamore

Ebbene, questa Messina meravigliosa che c’è e che palpita ogni giorno per me è il vaccino all’odio, alla guerra tra tribù primitive. Lo so, non farà notizia, perché le belle notizie non fanno clamore. Ma ha ridato un senso al mio mestiere. In fondo io resto una cronista di strada, di periferia, e ancora stamattina mi sono commossa nel sentire il coro di Barcellona che cantava la Cura da casa, o nel ricevere il messaggio del pendolare della sanità che mi dice che quanto prima traghetteranno gratis grazie anche al fatto che abbiamo dato loro voce e qualcuno ha ascoltato.