Politica

Il Consumo di suolo in Italia non si ferma. Messina soffocata dal cemento

Recentemente l’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) ha presentato il Rapporto 2022 elaborato dal SNPA (Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente) sul consumo di suolo in Italia.

Con questa espressione si intende l’incremento della copertura artificiale del suolo, con la scomparsa irreversibile di aree naturali e agricole. Al loro posto si realizzano nuovi edifici, infrastrutture, insediamenti commerciali, logistici, produttivi e di servizio.

I dati forniti fotografano una condizione davvero preoccupante del territorio nel nostro Paese. “Tra il 2006 e il 2021 – dichiara l’ISPRA – il Belpaese ha perso 1.153 km2 di suolo naturale o seminaturale, con una media di 77 km2 all’anno. Questo processo rende il suolo impermeabile e – avverte l’ISPRA, “oltre all’aumento degli allagamenti e delle ondate di calore, provoca la perdita di aree verdi, di biodiversità e dei servizi ecosistemici, con un danno economico stimato in quasi 8 miliardi di Euro l’anno.”

Insomma, aggredire e soffocare l’ambiente significa peggiorare e rendere più rischiose le nostre condizioni di vita, oltre a determinare conseguenze economiche molto pesanti.

A Messina si consuma troppo suolo

I dati del rapporto ISPRA-SNPA che riguardano Messina sono negativi, con una accentuazione piuttosto critica per l’ex capoluogo di provincia. Infatti a livello complessivo di Città Metropolitana nel 2021 è stato consumato il 6% di suolo pari a 19.572 Ettari. Messina città, invece, nel 2021 ha consumato il 17% di suolo pari a 3.636 Ettari. Questa dinamica è abbastanza preoccupante ove si consideri che a livello nazionale il consumo di suolo è stato del 7,13% e in Sicilia del 6,52%. Il nostro contesto urbano si colloca, dunque, ben al di sopra di questi dati, che già costituiscono un campanello d’allarme.

D’altra parte è evidente a tutti come Messina sia soffocata dal cemento. Gli spazi liberi sono molto pochi e comunque di dimensioni ridotte. La fragilità del territorio sotto il peso delle costruzioni realizzate in ogni porzione di suolo disponibile, compresi gli argini dei torrenti, appare in tutta la sua pericolosità ogni volta che piove. Ormai un temporale un pò più forte è diventato una minaccia che mette in discussione le nostre certezze di uomini capaci di dominare l’ambiente. Risulta con chiarezza che abbiamo esagerato e la natura tende a riprendersi con la sua forza incontenibile gli spazi che le sono stati sottratti.

Impedire la speculazione edilizia nelle aree sbaraccate

Cosa bisogna fare allora? Bisogna cominciare a togliere anzichè mettere e avere il coraggio di liberare suolo anzichè continuare ad occuparlo. L’idea che l’edilizia possa svilupparsi a precindere dagli equilibri ambientali va abbandonata subito. E’, invece, più che mai necessario ricercare praticabili margini di crescita nell’attività di riquilificazione dei tanti fabbricati fatiscenti esistenti nel perimetro urbano, puntando con decisione sulla riqualificazione energetica e antisismica, grazie anche al sistema dei bonus.

Ma, soprattutto, dobbiamo evitare a tutti i costi che la meritoria azione di sbaraccamento si trasformi nell’ennesima ghiotta occasione per la speculazione edilizia. Quelle aree vanno consegnate a una visione che abbia come riferimento fondamentale la qualità della vita dei cittadini e il rispetto dell’ambiente. I territori liberati da un’infamia decennale devono diventare vera occasione di riscatto sociale. Quel suolo non deve essere consumato per costruire nuovi palazzi, di cui una città in forte declino demografico non ha bisogno. Quelle aree vanno tutelate dall’aggressione del cemento e devono trasformarsi in parchi urbani, con strutture leggere dedicate allo sport e ad attività culturali, ricreative e di condivisione sociale. Ne potrebbero benificiare non solo le comunità che abitano nei dintorni delle aree sbaraccate ma l’intera città, in un’ottica di integrazione che può fare solo bene.