Società

La guerra in Ucraina. “A Messina due iniziative diverse ma il dialogo è necessario”

MESSINA – Da Dino Calderone, docente e impegnato in ambito cattolico e associativo, riceviamo e volentieri pubblichiamo.

La riflessione a un anno dall’inizio del conflitto

Confesso di avere provato non poco dispiacere nel vedere che a Messina, sabato 25 febbraio, ci sono state due diverse manifestazioni (nella foto in evidenza quella davanti al Municipio, n.d.r.) per ricordare il primo anniversario della guerra in Ucraina. Non sono fra i promotori diretti e quindi non conosco i motivi che hanno spinto gli organizzatori a prendere questa decisione, ma da semplice manifestante mi sono posto alcune domande che forse possono interessare anche chi mi legge. Immagino che nelle settimane precedenti le due iniziative ci siano stati dei contatti per poter realizzare un’unica manifestazione, immagino anche che ci siano stati più tentativi e che solo dopo avere provato a trovare un’intesa gli organizzatori hanno dovuto rinunciare all’obiettivo di fare convergere tutti in un’unica piazza. Immagino. Ho letto con attenzione i volantini relativi alle due manifestazioni per cercare di capire meglio le ragioni di questi comportamenti e credo che il motivo principale sia legato al fatto, tutt’altro che marginale, che alcuni sottolineavano l’importanza di riconoscere e sostenere la resistenza del popolo ucraino, mentre altri no. Entrambi hanno sottolineato che l’aggressore è la Russia e che l’Ucraina è il Paese aggredito. Entrambi chiedono che la guerra finisca grazie a un’urgente e non più rimandabile azione diplomatica a livello internazionale.

La manifestazione a Piazza Cairoli

Chi riconosce il ruolo della resistenza ucraina condivide anche il sostegno militare da parte dei Paesi che inviano armi come l’Italia dall’inizio della guerra. Se, in estrema sintesi e semplificando, sono questi i maggiori problemi sul tappeto, mi chiedo perché queste differenze, sicuramente notevoli al punto da impedire una manifestazione unitaria, non possano essere discusse e approfondite pubblicamente intorno a un tavolo garantendo una pluralità di voci e un confronto rispettoso delle parti. Faccio mia quindi la proposta di un incontro pubblico e aperto non solo perché tutti, credo, abbiamo bisogno di capire meglio sul piano storico e giornalistico una tragedia che sta provocando migliaia di morti, non solo ucraini. Ma soprattutto perché, penso, non ci possiamo permettere il lusso di dividere e indebolire il movimento per la pace. Non sono ragioni sufficienti per confrontarsi con il metodo del dialogo che è l’anima dei non violenti?