Cronaca

L’Antimafia nel messinese, sequestri per milioni di euro nel 2018.

Quattro aree di influenza distinte, con gruppi criminali storici che governano i rispettivi territori di competenza, senza ingerenze reciproche.

La mafia dei Nebrodi da un lato, che ricostituisce il proprio patrimonio attraverso il dragaggio dei fondi comunitari, la così detta mafia dei pascoli, e tiene saldamente in mano anche le altre attività – dalla pressione sulla politica agli appalti – grazie al legame con San Mauro Castelverde, il potente mandamento mafioso siciliano che fa da “cerniera” tra le maggiori province siciliane. (LEGGI QUI L’OPERAZIONE CONCUSSIO)

La mafia barcellonese, sempre più operante nel settore del cemento attraverso imprenditori che sono diretta espressione del clan, e sempre più strutturata come le consorterie palermitane: stretto controllo del territorio e potenza armata, da “sfoderare” soltanto quando strettamente necessaria ma che fa sempre sentire il proprio peso. Qui il clan ha una cassa comune, la cupola ha l’ultima parola, solo pochi affari vengono lasciati alla gestione “familiare”.

Poi Messina, dove la criminalità si spartisce almeno sette quartieri i quali operano autonomamente i diversi gruppi, in base ad una consolidata pax ormai decennale, per lo più specializzati: a Mangialupi il grosso traffico di droga pesante, a Giostra e Camaro le estorsioni alle imprese edili, la zona sud “governa” il gioco d’azzardo, ognuno fa cassa autonoma col proprio giro di spaccio e il pizzo ai commercianti.

Infine la zona jonica, dove la longa manus dei catanesi è sempre fermamente presente, in particolare quella del Clan Cappello e dei Cinturino di Calatabiano. Qui operano anche i Santapaola, che curano i loro affari anche a Messina e hanno solidi rapporti con i barcellesi, come dimostra l’operazione Beta.

Ecco il territorio messinese fotografato dalla Direzione Investigativa Antimafia, che nei giorni scorsi ha presentato al Parlamento il consueto report semestrale. L’attività del gruppo investigativo interforze, che ha a Messina una sottosezione diretta da Catania, anche nei primi sei mesi del 2018 ha confermato il quadro già emerso negli anni passati, e sopra sintetizzato. L’egemonia dei clan resta quella storica, e fortissima è ancora la loro presenza, malgrado le molte operazioni delle forze dell’Ordine. Che sempre più possono contare, in questa lotta, su uno strumento molto efficace, quello dei sequestri.

Tra il gennaio e il giugno 2018 la Procura di Messina ha firmato almeno importanti.

Nel marzo 2018,  dopo il blitz Ghota 7, la Dia ha messo sotto chiave sei milioni di euro dei barcellonesi (LEGGI QUI)

Un mese dopo, accogliendo la richiesta della Dda sui indagini della Dia, il Tribunale di Messina ha confiscato i beni per un milione di euro già sottratti al boss messinese Pietro Trischitta.

A fine giugno la Dia mette ai sigilli al patrimonio di Pietro Nicola Mazzagatti di Santa Lucia del Mela, imprenditore del settore ristorazione, considerato organico ai barcellonesi (LEGGI QUI)