in cucina con tempostretto

Made in Messina: Il pane Casereccio del forno “l’Antico sapore del pane”.

Continuiamo il nostro approfondimento gastronomico analizzando, questa settimana il pane casereccio di semola rimacinata di grano duro del forno “L’antico sapore del pane”di Via Nuova Panoramica della stretto.

Il proprietario sig. Fabio Costa è anche il titolare della pizzeria “Kosta 2″ oggetto del nostro servizio delle scorse settimane.

Ingresso del locale.

Si tratta di un piccolo panificio che lavora prevalentemente vecchia maniera “a mano” in quanto per motivi logistici non dispone degli spazi necessari per ospitare le attrezzature professionali che rendono funzionale una moderna panetteria. Dispone di una impastatrice di medie dimensioni oltre al forno con combustione mista: legna e gas. Non ha porzionatrici per pasta e pizza, armadi fermalievitazione, sfogliatrice, casse in legno con spondine per lievitazione pane, etc. Si è specializzato, per scelta commerciale del titolare, nella produzione del pane di semola di grano duro casereccio.

Un panificio di nicchia che è riuscito a ritagliarsi una piccola fetta di mercato grazie alla sua clientela affezionata che apprezza questo tipo di pane.

Produce anche la focaccia e vende rustici che però non sono di sua produzione. Ho assaggiato personalmente il “pane casereccio” ed il “pane cunzato” che ho avuto modo di apprezzare.

Il sig. Costa non si occupa direttamente della panificazione che ha delegato ad un suo dipendente con il quale ci incontreremo.

il Pane cunzato

Ecco la cronistoria, del nostro incontro e della nostra analisi.

Ore 20.30: ci rechiamo al panificio dove incontriamo il sig. Danilo, il panettiere, che si occupa di preparare gli impasti del pane. Chiediamo di cosa è fatto il pane casereccio e vediamo che gli ingredienti sono: semola rimacinata di grano duro, farina 00, sale, acqua, una piccola percentuale di lievito di birra ed un semilavorato composto di pasta madre essiccata ed altre sostanze naturali per migliorare la forza del glutine e la conservabilità del prodotto.

Mettiamo nell’impastatrice 20 kg di farina e circa 16 litri di acqua fredda che corrispondono ad una idratazione +/- dell’80%..

Abbiamo notato che i tempi di impastamento sono abbastanza lunghi circa 45 minuti, con frequenti idratazioni per abbassare la temperatura che inevitabilmente aumenta a seguito del movimento meccanico dell’impastatrice. Il problema di tutti i fornai è cercare di mantenere la temperatura dell’impasto entro il limite massimo dei 28° oltre i quali si danneggia la formazione della maglia glutinica. Per prevenire il surriscaldamento dell’impasto si ricorre all’uso di acqua fredda. Nessun fornaio si sognerebbe mai di mettere acqua calda nella farina come spesso si legge nelle ricette fai-da-te online. Durante l’estate si deve ricorrere all’uso dell’acqua ghiacciata per rallentare ulteriormente l’innalzamento della temperatura dovuta al caldo esterno.

Un terzo dell’impasto posto nei contenitori per la lievitazione a temperatura ambiente.

Una volta terminata la fase dell’impastamento abbiamo spezzato l’impasto in tre parti e lo abbiamo posto in grandi contenitori di plastica muniti di coperchio sigillante per farlo lievitare. La lievitazione avviene a temperatura ambiente e dura circa 7/8 ore. Il nostro incontro per oggi è finito qui. Ora lasciamo che sia la natura a fare il suo lavoro e aspettiamo che arrivi il momento di riprendere l’impasto per la formatura delle pagnotte e dei filoni.

Con l’occasione abbiamo deciso di rinverdire una vecchia tradizione del passato. Ho fatto a casa un impasto che riproducesse fedelmente nelle percentuali quello del panificio usando il mio lievito madre. Lo avrei poi cotto nel loro forno. Una volta le massaie facevano la stessa cosa ovvero impastavano il pane per l’uso settimanale e poi lo cuocevano nel forno del panettiere di quartiere.

Ore 08.00 del giorno dopo: Ci rechiamo al panificio per completare il nostro servizio. Porto con me l’impasto del giorno prima. Il fornaio, sig. Danilo, mi aspettava per completare il processo di panificazione. Appena giunto versava sul tavolo da lavoro l’ultima parte dell’impasto e iniziata la pesatura delle varie pezzature. Formava ciambelle, ciabatte e pagnotte che spolverava con abbondante semola e sistemava sugli assi di legno per farle riposare.

L’impasto presenta parecchie bolle per effetto dell’anidride carbonica prodotta durante la lievitazione, effetto tipico dell’alta idratazione.
Dopo la formatura il pane deve riposare per iniziare la seconda lievitazione.

A seguito della manipolazione che l’impasto ha subito, durante la formatura, lo stesso tende a sgonfiarsi ed appiattirsi. In questo caso si lascia riposare per qualche oretta in modo da far ripartire la seconda lievitazione. Alla fine del processo si praticano i tagli e si inforna.

La temperatura del forno era di circa 220°.


La cottura del pane dura circa 45-50 minuti. Il forno non ha una temperatura omogenea all’interno. La zona vicino al bruciatore presenta una temperatura più alta e quella verso l’esterno più bassa. Il fornaio ad intervalli regolari provvede a fare gli opportuni spostamenti delle pagnotte per garantire una cottura uniforme.

Ecco come si presenta il pane cotto.

Con l’uscita dell’ultima pagnotta ci siamo gustati il pane caldo. Raccontarvi il profumo, l’aroma e la bontà che si sono sprigionati in tutto il laboratorio non è possibile e quindi eviterò ulteriori commenti.

Quello che però faremo è dare un nostro personale suggerimento al titolare: vista la sua scelta di focalizzarsi sulla produzione del pane casereccio di semola di grano duro avremmo preferito che avesse usato la farina tipo 1 o tipo 2 al posto della farina 00. Che non usasse il lievito madre in polvere (semilavorato) ma quello naturale o come alternativa la pasta di riporto*; sarebbe più coerente con la scelta di produrre un pane casereccio che per sua natura presenta caratteristiche di rusticità che si sposano meglio con il tipo di farina e di lievito suggerito.

Ma ripetiamo che questo comunque è un nostro personale parere che non vuole sminuire il prodotto che ha i suoi punti di forza nell’uso di percentuali di lievito molto basse e nell’alta idratazione. Una scelta vincente che rende il pane leggero, gustoso e profumato.

Il sig. Costa deve scegliere e seguire la sua linea commerciale così come ha fatto fino ad oggi ottenendo i risultati di cui va giustamente fiero.

*Per pasta di riporto si intende una porzione dell’impasto avanzata da una lavorazione precedente e che abbia subito almeno qualche ora di fermentazione, il suo uso non complica la tempistica dei processi produttivi del pane perché ci si limita ad utilizzare una parte dell’impasto della mattina o del giorno prima. L’aggiunta di questa pasta nella percentuale di circa 20% all’impasto finale apporta una notevole carica di lieviti e di batteri lattici. Proprio grazie ai batteri lattici e alla loro attività fermentativa, i prodotti realizzati con pasta di riporto sono caratterizzati da un gusto e profumo più intensi, un’alveolatura più sviluppata, una migliore digeribilità ed un allungamento della conservazione.

Nota finale

Il sig.Costa mi ha mandato un messaggio su whatsapp dopo aver assaggiato il mio pane. E’ stato apprezzato per aroma e gusto. La cosa mi fa molto piacere.

Epifanio Coco; panettiere, pasticcere e rosticcere.

Instagram: @epifaniococo