cronaca

Mafia a Barcellona, tornano il racket delle estorsioni a tappeto e la “cassa comune” del clan

Sembra di fare un salto indietro di parecchi anni, a leggere le carte dell’inchiesta sfociata ieri nel maxi blitz antimafia dei Carabinieri a Barcellona Pozzo di Gotto. Che racconta di come il clan, dopo il rientro sul Longano di diversi pezzi da ’90, si è riorganizzato secondo le vecchie e ferree logiche di Cosa Nostra: la cassa comune, l’ultima parola a uno solo, e le estorsioni a tappeto, come non accadeva da tempo.

E anche i “prezzi”, sembrano quelli dei tempi felici, per l’economia almeno. Dai mille ai 7 mila euro a trance, dal lidino al piccolo negozio, fino al grosso gruppo commerciale. Tutti pagavano il pizzo ai “risorti” barcellonesi, e somme consistenti, mentre negli anni più recenti, complice la crisi, anche le pretese del racket si erano ridotte.

LE ESTORSIONI AI LOCALI DELLA TIRRENICA

E’ proprio un raid intimidatorio a dare inizio all’inchiesta della Direzione Distrettuale antimafia guidata dal capo Maurizio De Lucia, cominciata alla fine del 2017, quando qualcuno incendiò il Santorini di Monforte, la sala ricevimenti della zona marina. I carabinieri arrivarono presto agli esecutori materiali, arrestati e condannati. Ma gli investigatori non si fermano qui. Tenendo sott’occhio i due postini del pizzo, i Carabinieri scoprono infatti che dietro c’è un personaggio che sta acquistando spessore, nella criminalità della zona, l’emergente Salvatore Gatto. E dietro Gatto c’è uno dei boss storici di Barcellona, Carmelo Vito Foti. Tornato libero, Carmelo Vito Foti cerca di riprendere il controllo della zona proprio attraverso Gatto, e “passa paro”: non c’è locale di Barcellona, di Milazzo, del comprensorio tra il Capo e Messina, che non versi un tot ai barcellonesi, almeno per le feste comandate. Il classico “sostegno ai carcerati” per Natale, Pasqua e Ferragosto. Sono sempre somme somme rilevanti, mai meno di 500 euro per la più piccola delle attività economiche.

LA PAX MAFIOSA E LA BACINELLA COMUNE

Tra il 2019 e il 2020 tornano a Barcellona altri due nomi di peso: Ottavio Imbesi, e Mariano Foti. Anche loro due vogliono rimettersi in affari, e decidono che è tempo di mettere da parte i vecchi screzi e tornare a fare come una volta: tutti insieme in una sorta di “cupola”, dove uno solo è ago della bilancia – ha cioè l’ultima parola – e uno solo è il cassiere, il tenutario della cassa comune dove confluiscono gli introiti di tutti gli affari criminali delle vari gruppi criminali. E decidono di coinvolgere anche Carmelo Vito Foti.

L’INSOSPETTABILE TABACCAIO PACIERE E IL BOSS SCARCERATO PER COVID

A metterli d’accordo è un insospettabile, un tabaccaio incensurato il cui nome viene accostato agli uomini di mafia solo grazie alle indagini del Reparto Operativo. Fa letteralmente da paciere, facendo la spola dall’uno all’altro per trovare la quadra. Alla fine l’accordo arriva, ci stanno tutti: Carmelo Vito Foti è disposto a mettere sul piatto i proventi delle sue estorsioni, anche quelle che Mariano Foti non conosce. Anche quest’ultimo gioca a carte scoperte e, dopo essere entrato in possesso della “lista”, ovvero l’elenco degli imprenditori da estorcere, in possesso di un incarico dei vecchi boss, la mette a disposizione del gruppo. Tutti i soldi, quindi, finiranno nella cassa comune, che definiscono “bacinella”, e sarà solo uno a disporre come ripartire, su richiesta di chiunque. Dentro ci vanno i proventi delle estorsioni ma anche quello delle bische, delle case d’appuntamento, della droga. Per fare funzionare tutto, la regola è una: non si fanno “estorsioni personali”, ovvero quelle che si compiono in prima persona per il sostentamento dei propri cari in carcere.

A marzo 2021 Ottavio Imbesi scompare, e le redini del clan di Barcellona rimane nelle mani di Mariano Foti. In questi anni tra gli “operativi” più stretti del clan, scoprono i carabinieri, c’è un altro nome noto: Angelo Porcino “formaggino”, scarcerato per via dell’allarme covid nelle carceri nell’aprile del 2020, rientrato in cella nel luglio successivo.

I SEQUESTRI

Con la retata sono scattati anche i sequestri per un totale di un milione di euro; sigilli per una società immobiliare utilizzata per affittare gli appartamenti alle “lucciole”, e per altre due sigle del settore della vendita all’ingrosso di ortofrutta. Sequestrati 4 immobili – di cui due impiegati come case di prostituzione e due – intestati a prestanome – e un’automobile.