I boss di Barcellona puntavano all'ecobonus. E alle assunzioni della politica in cambio di voti INTERCETTAZIONI

I boss di Barcellona puntavano all’ecobonus. E alle assunzioni della politica in cambio di voti INTERCETTAZIONI

Alessandra Serio

I boss di Barcellona puntavano all’ecobonus. E alle assunzioni della politica in cambio di voti INTERCETTAZIONI

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martedì 22 Febbraio 2022 - 17:06

I contatti dei boss di Barcellona con la politica della zona e i progetti per entrare nel business dell'ecobonus. Le intercettazioni

Anche la mafia di Barcellona è stata attirata dalla “incontenibile voglia di bonus edilizio”. ll boss di Barcellona Pozzo di Gotto Mariano Foti tra il 2019 e il 2020 lavorava alacremente a un progetto ampio: creare in prima persona una vera e propria rete commerciale per intercettare i fondi destinati alla ristrutturazione edilizia. Per puntare all’ecobonus aveva contatti con imprenditori locali come Mario Tindaro Ilacqua di una ditta attiva nelle rinnovabili. Il professionista, conscio del fatto che si trattasse di un soggetto nel mirino delle forze dell’Ordine, cercava un modo per regolarizzare le eventuali subcommesse. Non è l’unica cosa che hanno scoperto i Carabinieri del Reparto Operativo e del Comando provinciale di Messina, nell’ambito dell’inchiesta sfociata nel blitz con oltre 80 arresti.

L’ecobonus di Mariano Foti

Il progetto commerciale di Mariano Foti si incrociava infatti con i suoi interessi elettorali. Perché nello stesso periodo c’era da sistemare il figlio Salvatore, che avrebbe dovuto fare da “segnalatore” all’impresa, ovvero colui il quale segnalava gli edifici dove potevano essere effettuati i lavori. Così, con le elezioni amministrative in vista, una buona occupazione ufficiale per il figlio si intravede grazie alla politica. A Mariano Foti infatti, scoprono i carabinieri, si rivolgono in più occasioni Mariano Calderone di Milazzo, professionista anche lui impiegato nel settore delle rinnovabili e con un incarico nella segreteria di Diventerà Bellissima, all’epoca (leggi le dichiarazioni del Movimento), e Francesco Caranna, imprenditore del settore dei supermercati.

Le elezioni a Barcellona

“Mariano ci vuole una spinta, perché qua sai come siamo? Così. Allora, se c’è la spintarella capace che andiamo per avanti e prendiamo aria, altrimenti capace che restiamo qua e per un paio di voti restiamo fottuti. Sbaglio?”, dice Mariano Calderone a Mariano Foti, all’epoca ai domiciliari, che gli risponde: “Io di quello che posso fare io qua da chiuso, faccio”.

I tre si sentono diverse settimane prima del voto, ma è soprattutto alla fine della tornata elettorale, scrivono gli inquirenti, che avviene una conversazione interessante.

E’ la fine di settembre, Calderone spiega a Foti che “Il carro è trainato”, mancano gli “ultimi 10 metri in salita” per evitare che qualcuno di Diventerà Bellissima resti fuori. E’ questione di 500 voti che ballano, gli spiegano.

E’ nel corso di queste e di precedenti conversazioni, con Calderone soprattutto, che Mariano Foti spiega che in passato ha contribuito ad eleggere consiglieri, si vanta di poter controllare pacchetti di almeno 800 voti, e torna a chiedere a più riprese, esplicitamente, l’assunzione del figlio, o presso supermercati o altrove. Foti fa un nome in particolare, per sistemare il figlio nel settore della spazzatura, e Calderone gli spiega che, se fosse Pinuccio Calabrò a diventare sindaco, quel nome diventerebbe assessore, e allora ci andrebbe direttamente lui a parlare.

Il “sindaco” e l’uomo del mondo di mezzo di Carmelo Vito Foti

Un altro capitolo dei rapporti mafia-politica, nell’ordinanza del giudice Ornella Pastore, è dedicata poi ai contatti di Carmelo Vito Foti, in particolare ai suoi rapporti con un libero professionista ed un ex sindaco di uno dei centri tirrenici alle porte di Messina. Contatti intercettati subito dopo la scarcerazione di Vito Foti: lui è ai domiciliari, e il politico e medico, insieme al libero professionista, lo vanno a trovare in più di una occasione, dalle loro conversazioni viene fuori che si tratta di rapporti amichevoli e di lunga data. E difatti quando il professionista gli spiega che l’amico politico non sarà più candidato a sindaco, Foti gli ricorda che in passato lo ha supportato con “una campagna elettorale number one, sindaco per 10 anni”. E ricorda al professionista i suoi doveri: è lui, “l’uomo di mezzo”, che deve puntare i piedi per ottenere i lavori e le assunzioni, tutte “monete” poi da spendere in favore del clan. “Scusa, l’abbiamo portato avanti, gli ho chiesto mai una cortesia io? No, perché non lo voglio mettere nei guai, io non sono mai andato a chiedere cortesia a lui, gli ho fatto la cortesia, però non ci sono mai andato, perché sono io nel nostro campo, ma tu sei nel campo collegato con lui, tu glielo devi cercare, …. Senza fare il furbo, io non ti saluto più architetto se ti fai fare le scarpe, Ascoltami, mi devi dare i lavori, così gli devi dire“, è la parabola del boss al professionista.

Almeno una assunzione Carmelo Vito Foti la ottiene, scoprono i carabinieri: un nome da lui segnalato viene assunto in una azienda che si occupa di raccolta rifiuti in un comune della Costa Saracena, grazie alla segnalazione del deputato regionale di riferimento dell’ex sindaco in questione. Nessuno di loro, non il professionista né il sindaco, tanto meno il deputato regionale, compaiono tra gli indagati visibili dell’inchiesta.

I voti si chiedono a tutti

Ma nei mesi delle elezioni amministrative a Barcellona i nomi che si susseguono, nelle conversazioni dei boss, sono tanti. Per lo più si tratta di candidati di Diventerà Bellissima a Barcellona, poi eletti o meno, che bussano alla porta di uno di loro o dei loro più stretti “collaboratori”. Ma c’è anche un candidato a sindaco di Milazzo, poi non eletto. In tutti i casi nei provvedimenti del giudice sono finite le sole conversazioni degli esponenti del clan del Longano. Se questi abbiano effettivamente pesato nel risultato delle elezioni, e in favore di chi, è ancora tutto da chiarire.

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