Inchiesta sui bilanci comunali, ecco il perché delle 11 archiviazioni

In attesa dei prossimi passaggi salienti, l’inchiesta sul mancato dissesto al Comune di Messina registra un’altra tappa importante. Il GIP Giovanni De Marco ha accolto la richiesta della Procura e archiviato la posizione di 11 indagati, 8 dirigenti e tre consiglieri comunali. Il decreto del Giudice per le indagini preliminari, depositato a fine maggio, è in corso di notifica in questi caldi giorni di luglio.

Nel provvedimento De Marco riporta sostanzialmente le considerazioni formulate dal sostituto procuratore Antonio Carchietti il quale giusto un anno fa aveva interrogato tutti gli indagati. Alla fine dei faccia a faccia, sentite le spiegazioni offerte da dirigenti, assessori e consiglieri, e dopo aver letto la consulenza dell’esperto di conti, il ragioniere Vito Tatò, Carchietti ha disposto lo stralcio di alcune posizioni. Tuttavia il decreto siglato da De Marco offre alcuni interessanti spunti in relazione alla complessa questione al centro del caso, cioè l’accertamento, e la perseguibilità penale, delle responsabilità che amministratori e dirigenti comunali hanno avuto negli anni passati, in relazione alla situazione economica di Palazzo Zanca.

Escono dall’inchiesta quindi i dirigenti Francesco Aiello, Santi Alligo, Carmelo Altomonte, Antonio Amato, Paola Bianchi, Giovanni Bruno, Antonino Cama, Attilio Camaioni, Giovanni Caminiti, Natale Maurizio Castronovo, Antonella Cutroneo, Romolo Dell’Acqua, Giovanni Di Leo, Carmelo Famà, Calogero Ferlisi, Giacomo Leotta, Diane Litrico, Domenico Manna, Giuseppe Mauro, Giuseppe Scalici e Vincenzo Schiera per quel che riguarda l’ipotesi di reato di abuso d’ufficio. Ipotesi non sostenibile a giudizio – scrive De Marco – “prescindendo dalle responsabilità penali da far valere dinanzi alla competente Corte dei Conti – perché “sulla base delle investigazioni non emergono elementi di prova sufficienti a dimostrare che le varie false rappresentazioni nei bilanci di previsione e consuntivi siano conseguenza di una volontà deliberata di procurare direttamente un vantaggio o un danno ingiusto, e non piuttosto una malaccorta e – pur sempre illecita – volontà di aderire ad un progetto politico in senso lato volto a ritardare l’emersione di una condizione di dissesto”.

In questo senso – spiega ancora il Giudice – “non può non tenersi conto delle indicazioni impartite dal ragioniere generale con la nota del 28/08/2008 mediante la quale (…)si precisava che “non doveva essere trasmessa la relativa delibera di riconoscimento in quanto detti debiti, dopo il censimento e le doverose verifiche, saranno portate all’attenzione del Consiglio comunale per le opportune variazioni di bilancio, previo reperimento delle risorse necessarie” dunque si invitava – apparentemente contra legem, i dirigenti a non presentare le proposte di riconoscimento prima che venissero reperite le risorse necessarie al finanziamento dei debiti”.

Il PM Carchietti, e così anche il GIP De Marco, hanno poi tenuto conto del fatto che in più di una occasione, negli anni gli stessi dirigenti hanno presentato proposte di riconoscimento dei debiti, senza che le stesse venissero esaminate persino quando si trattava di debiti derivanti da sentenze e già pagate dal tesoriere a seguito di pignoramento e successivo provvedimento di assegnazione. Insomma il cerino resta tra le dita del ragioniere generale Ferdinando Coglitore.

L’accusa di abuso d’ufficio non è sostenibile in giudizio per i dirigenti, secondo De Marco, come non lo è, ma soltanto per 9 di loro stavolta, quella di falso ideologico: gli scostamenti tra l’ammontare del debito fuori bilancio da loro certificato e quello stimato reale dal consulente della Procura – tra i 100 e i 350 mila euro – non sono tali da farli ritenere niente di più che meri errori di valutazione. Archiviazione quindi per la Bianchi, Giovanni Caminiti, Placido Bruno, Castronovo, Cutroneo, Scalici. E anche per Romolo Dell’Acqua “non esiste alcun elemento per affermare che la discrasia rilevata sia frutto di dolo e non piuttosto di una valutazione, peraltro spiegata in sede di interrogatorio nel senso che l’importo descritto sarebbe stato rappresentato al lordo dei compensi per l’agente di riscossione." Archiviazione anche per Ferlisi: “le previsioni di entrata, frutto di valutazioni, per quanto erronee ed imperite, ma non di una deliberata falsa rappresentazione”.

Non ci sono elementi sufficienti per individuare con certezza nell’indagato l’autore delle omesse rappresentazioni in bilancio anche per Giacomo Leotta. Infine i consiglieri comunali Giuseppe Melazzo, Ivano Cantello e Giuseppe Triscritta: anche loro incassano l’archiviazione per le entrambe le ipotesi di reato “grazie” al fatto che hanno espresso voto contrario.

Quasi tutte le persone che oggi incassano l’archiviazione hanno scelto di rispondere quando il PM Carchietti li ha convocati, un anno fa. Hanno ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini e ora attendono una quasi scontata richiesta di rinvio a giudizio, invece, gli altri 62 indagati. Quasi tutti loro, invece, hanno scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere.

Alessandra Serio