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Messina. Il sindaco De Luca vuole “ripescare” l’Ente Porto e il punto franco

MESSINA – La legge regionale 9 del 7 maggio 2015 l’ha soppresso e posto in liquidazione. L’Ente Porto di Messina era stato istituito nel 1953, avrebbe dovuto gestire un punto franco mai realizzato, ha gestito il bacino di carenaggio, affidato prima alla fallita Smeb e nel 2006 con concessione ventennale ai Cantieri Palumbo, e l’ex stazione di degassifica, demolita nel 2016.

IL CONTENZIOSO SULLA ZONA FALCATA

Non aveva più senso di esistere già dal 1994, con la nascita delle Autorità Portuali, perché era diventato un doppione. Non solo inutile ma anche dannoso perché, per anni, il contenzioso sulla Zona Falcata aveva bloccato ogni prospettiva di rilancio, fino alla consegna delle aree il 31 ottobre 2014. Seguirono il Patto per la Falce e le piccole ma significative opere degli ultimi anni.

LA SOPPRESSIONE DEL 2015

Ecco perché poi la soppressione. La legge regionale 9/2015 prevede che “il commissario provvede alla celere definizione della liquidazione” e trasferisce all’Autorità Portuale “compiti e funzioni”. L’Ente Porto, in pratica, non ha più compiti e funzioni né aree in cui esercitarle.

L’IDEA DEL SINDACO DE LUCA

Eppure il sindaco Cateno De Luca vorrebbe “ripescarlo”, soprattutto per fare quel punto franco mai fatto dal 1953 ad oggi. “Io non ci rinuncio perché, grazie al regime fiscale di esenzione doganale, potrebbe attrarre nel porto di Messina le rotte commerciali più importanti, come avviene a Trieste, città ricca per questo” – dice dopo l’incontro col commissario liquidatore Vincenzo Lo Meo.

E ricorda la sentenza del Cga 115/2011, “che aveva riconosciuto la titolarità di alcune aree in capo all’Ente Porto” (ma in realtà aveva solo annullato le ingiunzioni di sgombero), dimenticando la sentenza 191/2013 del Tribunale di Messina, di tenore opposto, contro cui l’ente si era appellato, prima però di rinunciarvi, quindi diventata definitiva.

IL PORTO FRANCO DI TRIESTE GESTITO DALL’AUTORITA’ PORTUALE

Ferma restando la difficoltà di fare quel punto franco che dal 1953 ad oggi non si è mai fatto, su 144mila metri quadri, per provarci non è mica necessario “riesumare” l’Ente Porto.

E infatti il porto franco di Trieste, unico in Italia (gli altri punti sono a Livigno, Campione d’Italia e Gorizia, non in aree portuali), è gestito dall’Autorità di Sistema Portuale di Trieste, non certo da un ente doppione. Ed è su 1,8 milioni di metri quadri, dodici volte l’area pensata per Messina.

COESISTENZA?

“Si è concordato con il commissario – dice De Luca – che Messina non può perdere la possibilità di realizzare il Punto Franco e che la coesistenza tra l’Ente Porto e l’Autorità Portuale non impedisce di riqualificare e ridare slancio alle aree portuali (ma in passato è successo, ndr), considerato che l’Ente ha finalità commerciali che invece sono precluse all’Autorità Portuale, che è un ente pubblico non economico”.

LE ATTREZZATURE DELL’ENTE PORTO

Il sindaco annuncia che convocherà una conferenza di servizi con Autorità Portuale, Regione, Ente Porto, Città Metropolitana e Camera di Commercio, perché “esistono ancora importanti attività e attrezzature di proprietà dell’Ente Porto, che il Comune, proprietario per l’80 %, non può cedere a costo zero”.

LE ZES, ZONE ECONOMICHE SPECIALI

Un’idea fuori dal tempo, anche perché di recente sono state approvate le Zes, Zone economiche speciali, che, pur diverse dal punto franco, hanno lo stesso obiettivo, cioè quello di agevolare lo sviluppo in modo simile. E sarebbe più utile battersi per ottenere fondi a tal proposito e per avere l’autonomia, visto che al momento la Zes di Messina dipende da quella di Augusta.

(Marco Ipsale)