Politica

Messina. L’ordinanza sulla movida quasi una tela di Penelope

MESSINA – Una città in cui “buongiorno vuol dire buongiorno”, parafrasando “Miracolo a Milano” di Vittorio De Sica. Era lo scorso 6 luglio quando Tempostretto annunciava, in un’intervista con l’assessora Dafne Musolino, due ordinanze sul tema movida. Una scelta frutto di un confronto istituzionale con le associazioni di categoria per arrivare a un compromesso. Ovvero, “sì” agli interessi econonomici dei gestori dei locali, sì al divertimento, ma nel rispetto delle regole e del diritto al riposo dei residenti.

In apparenza, tutto semplice, no? Eppure, il fatto che si sia arrivati al 4 agosto e che l’ordinanza, dopo l’audizione in commissione, dovrebbe entrare in vigore il 10 agosto, conferma che non sempre “buongiorno significa buongiorno” in questa città. Quello dell’ordinanza, e il tutto nonostante l’apprezzabile impegno dell’assessora Musolino, è diventato il tormentone dell’estate.

Una tela di Penelope metafora di una città che fa fatica a evolversi. Che fa fatica a comprendere quanto il rispetto delle regole possa essere a beneficio di tutti, senza che una parte debba soccombere e una prevalere.

I lettori esasperati e la necessità di rispettare le regole

La vicenda infinita dell’ordinanza conferma che gli interessi contrapposti rischiano di paralizzare ogni proposito alto della politica, in termini di mediazione e di sintesi.

Spesso si perde l’obiettivo: quello di alimentare un’economia e uno svago post pandemia da sostenere, sempre, ma nel rispetto delle normative. Nel rispetto di chi vive nella zona nord o nel centro storico, ad esempio. Non a caso sono tante le segnalazioni ricevute in questo periodo da lettrici e lettori esasperati.

In questa fase, l’assessora ha ricordato, e così anche l’associazione Centro Storico, quali siano le regole da rispettare. E l’ordinanza mira a renderne più efficace l’applicazione: “A Messina tutti hanno più diritto degli altri come mentalità. L’ordinanza si limita a richiamare – ha sottolineato Musolino – quelle che sono le disposizioni di legge, oggetto di una sorta di ripasso nel tavolo con le associazioni di categoria e il sindacato”.

Già sembra rivoluzionario che si sia ricordato che solo i locali in possesso della licenza di pubblico spettacolo, e sottoposti ai controlli della commissione di vigilanza, in base al Tulps, il Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, possano organizzare intrattenimento pubblico danzante. Agli altri, la maggioranza, è riservata la possibilità di promuovere solo intrattenimento musicale senza ballo, con note di sottofondo.

Dalle eccessive emissioni acustiche al disturbo della quiete pubblica

L’altro nodo fondamentale è quello delle eccessive emissioni acustiche. Anche in questo campo, con i controlli dell’Arpa – Agenzia regionale per la protezione ambientale, va messo un limite nel rispetto del diritto al riposo.

Il disturbo della quiete pubblica è un reato: stop. E se, provocatoriamente, la Giunta dovesse fare un passo indietro nell’ordinanza, si potrebbe ripartire dal “semplice” rispetto delle norme. Qualcosa di anomalo in una città che stenta a riconoscere la dimensione della comunità.

Una comunità che deve essere vivace, aperta, inclusiva, in una città da trasformare a misura di giovani ma anche di bambini, adulti e anziani. Una città vitale, animata ma senza ledere i diritti altrui. Per questo è importante che i locali si dotino di strumenti per limitare le emissioni sonore. Perché non si debba più scegliere tra svago e caos notturno.