Cultura e spettacoli

Mimmo Lucano, la favola dell’accoglienza “sbarca” su Netflix

RIACE – Non si ferma per la pesante condanna – in primo grado di giudizio – a 13 anni e 2 mesi di reclusione irrogatagli dal Tribunale di Locri nell’àmbito del processo Xenia. Non si ferma per il controverso “stop” alla fiction Rai Tutto il mondo è paese – protagonista, Beppe Fiorello – che già da tempo avrebbe dovuto puntare i riflettori con decisione sul Villaggio globale di Riace.
Anzi: Mimmo Lucano, ex sindaco del centro dell’Alto Jonio reggino, è pieno di progetti.

Proprio sul versante televisivo, a breve sbarcherà – visto il tema che da sempre gli sta più a cuore, i migranti, è proprio il caso di dirlo – su Netflix, curando una serie tv sulla sua vita e sulla sua esperienza: il “modello Riace”, il tentativo di realizzare un’integrazione “diversa” e totalizzante avviato fin dal 2004 come parte del cosiddetto “triangolo dell’accoglienza” (Caulonia-Riace-Stignano), la lunga militanza politica, il cortometraggio (Il Volo) dedicatogli da un indiscusso maestro del cinema come Wim Wenders – Il cielo sopra Berlino, Paris Texas e molto, molto altro… -, le disavventure giudiziarie culminate con la condanna in prima istanza.

Sempre sul versante mediatico sarebbe poi prossima l’apertura da parte sua di Radio Aut Riace, evidentemente ispirata alla gloriosa Radio Aut che fu di Peppino Impastato, coraggioso eroe civile della guerra a Cosa Nostra e, nello specifico, allo zio – mafioso d’altissimo rango – Tano Badalamenti, capocosca di Cinisi.

In una recente intervista su La Stampa, peraltro, Lucano – che alle Regionali scorse è stato tra i candidati al Consiglio regionale per Luigi de Magistris e ha incamerato complessivamente 9.779 preferenze fra le tre circoscrizioni elettorali calabresi, senza però riuscire a essere eletto – è tornato proprio sul suo amore di sempre, la politica e la sua dimensione comunista. E ha fatto sapere d’esser pronto a rituffarsi nell’agone: vuol ridiventare primo cittadino nella “sua” Riace che, pure, l’ultima volta non gli fu particolarmente vicina, facendo anzi vincere un sindaco leghista e relegando a semplice “terzo incomodo” nella lotta per Palazzo di città la “sua” candidata Maria Caterina Spanò.