Coronavirus

Rachele: “Il 18 maggio alzerò la saracinesca su un negozio vuoto, destinato a morire”

La notte non dormo, non so come farò. Il 18 aprirò un negozio vuoto, nessuna azienda fornitrice mi darà aperture, le banche non rispondono. Alzerò la saracinesca su un negozio vuoto destinato a morire. Piango la notte perché era il negozio di mio fratello e quando è morto ho voluto onorare il suo ricordo portando avanti io la piccola attività. Sono caduta e mi sono rialzata tante volte, ma adesso non riesco più a dormire per l’angoscia”.

Aprirò un negozio vuoto

Rachele è tra quanti potranno riaprire il 18 maggio, ha un negozio di scarpe sulla Tommaso Cannizzaro, ma per lei, come per tantissimi esercizi di piccola e media grandezza, lo spettro peggiore è quella saracinesca che potrebbe riabbassarsi per sempre una settimana dopo.

I “piccoli” destinati a morire

Lo capisci guardando le vetrine dei negozi di abbigliamento, che il tempo ha fermato ai primi giorni di marzo, con gli abiti invernali, i cappotti, le giacche, i maglioni. Riapriranno in primavera ma, se si escludono i grandi negozi e i franchising come faranno a rifornirsi i più “piccoli”? Quale azienda di moda potrà mai dare loro forniture accettando assegni a 30, 60 o 90 giorni sapendo che con ogni probabilità non saranno coperti?

Come andrò avanti?

E’ una pena al cuore guardi- continua Rachele– Noi del settore calzature al dettaglio siamo in ginocchio. Ho il negozio con le rimanenze dell’inverno ma chi mi dà i soldi per andare avanti? Comprare i nuovi arrivi? Non ho nulla di primaverile. In banca ho trovato le porte chiuse, non ho soldi per anticipare, non ho percepito neanche i 600 euro. Meno male che mio marito è un servitore dello Stato, lavora, altrimenti sarei al tracollo. Non voglio finire con l’elemosinare. Ci sono ancora assegni che devo coprire con le scadenze. Come faccio ad andare avanti? Il mio è un negozio di 45 metri quadrati, in pratica sono destinata alla fine. E quel che più mi addolora è il fatto che non potrò onorare il ricordo di mio fratello. Noi vogliamo lavorare, ma in queste condizioni non possiamo farcela. Lei il 18 maggio verrà da me e vedrà la vetrina vuota, il negozio vuoto…….E’ questo il nostro destino?”

Le bollette, le tasse, il canone

Non solo sarà vuoto ma dovrà pagare il canone di locazione di questi mesi e di quelli a venire, le bollette di questi mesi e di quelli a venire, le tasse, dovrà spendere per mettere in sicurezza il negozio e garantire che potrà entrare un solo cliente per volta. Dovrà firmare assegni con i fornitori che non è detto gli daranno credito, dovrà bussare alle porte di banche che non sentiranno né le ragioni dell’epidemia né quelle della crisi. Insomma anche Rachele come migliaia di famiglie a Messina e provincia è “un morto che cammina”. Quella saracinesca in via Tommaso Cannizzaro potrebbe non alzarsi mai più.