Coronavirus

Covid. Marcello, ristoratore di Messina in sciopero della fame: “Siamo morti che camminano” VIDEO

Marcello De Vincenzo è un piccolo imprenditore messinese. Gestisce la pizzeria “L’ingrediente” in via Garibaldi a Messina. Da ieri sera ha deciso di entrare in sciopero della fame perché così non è più possibile andare avanti. L’emergenza Coronavirus li ha letteralmente messi in ginocchio. Un mese e mezzo di chiusura che si somma alle spese che continuano ad esserci e al fatto che all’orizzonte non c’è nessuna chiarezza per chi ha attività come queste. Ha deciso di protestare perché questa non è solo la sua battaglia. E per questo spera di non rimanere solo. A Messina sono tanti i locali, i ristoranti, i bar, le attività che rischiano di non aprire mai più. Anche perché, come racconta Marcello, riaprire adesso in queste condizioni potrebbe significare chiudere tra un mese ricoperti di debiti.

«Voglio vedere se qualcuno finalmente ci dà ascolto. Nessuno finora ha pensato a noi. Pensano che la soluzione siano i 25 mila euro di prestito? Potrebbero esserlo se fossero a fondo perduto. Perché se io devo restituire domani questi soldi significherà che creerò nuovi debiti alle mie spalle. Stavamo male già prima del Coronavirus, oggi sono un morto che cammina».

Marcello parla delle spese che non si sono mai fermate. «Avrebbero dovuto fare un decreto o qualcosa per bloccare gli affitti e le bollette almeno fino a dicembre. Mi è arrivata una diffida dal proprietario del mio locale. Entro due giorni devo pagare l’affitto di marzo e aprile. 2200 euro al mese. Non me la prendo con lui, è suo diritto reclamare questi soldi perché nessuno al Governo ha previsto una misura che ci aiutasse in questo senso. Le bollette? Stessa cosa. I fornitori? Ancora aspettano. Perché abbiamo chiuso all’improvviso, da un giorno all’altro, senza nessuna possibilità di far fronte a queste spese. A cosa mi serviranno 25 mila euro? Solo un pazzo potrebbe riaprire a queste condizioni».

Davanti al suo locale uno striscione in cui scrive “Vergognatevi”. Nel suo locale lavorano cinque persone e due dei suoi tre figli. Ha messo subito i dipendenti in cassa integrazione ma con i ritardi che si sono accumulati anche per queste pratiche neanche loro hanno ancora preso un centesimo. «Non si rendono conto di quello che sta accadendo, ci sono famiglie alla fame. Questo è solo l’inizio e continuano a giocare sulla pelle delle persone».

Secondo quanto prevede l’ultimo decreto del Presidente Conte, queste attività probabilmente non riapriranno battenti prima di giugno. C’è la possibilità di fare asporto dal prossimo 4 maggio, ma Marcello spiega che anche se dovesse funzionare non è così che riusciranno a far fronte a tutte le spese. Senza aiuti concreti molti di loro non riapriranno più.

Francesca Stornante

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