LA LETTERA

Coronavirus, l’odissea di Maurizio. Senza casa né soldi né “patria” tra Sicilia ed Emilia

Di seguito la lettera inviata a Tempostretto da Maurizio, e che è stata trasmessa al presidente Mattarella, al Presidente Conte, ai sindaci di Palermo, Messina e Ravenna ed ai presidenti delle Regioni Siciliana ed Emilia Romagna. Una vicenda a dir poco kafkiana

Lettera a cuore aperto

Salve, spero che leggiate, questa. Non so come iniziare a scrivere, perché non sono bravo a scrivere soprattutto a due cariche così elevate del nostro Paese. Visto che è una lettera a cuore aperto, inizierei, con il vostro consenso così:

La mia storia come tante

Carissimi presidenti, scusatemi che vi chiamo carissimi, ma potreste essere, uno mio padre, e l’altro mio fratello. Sono una persona del “sud”, precisamente della bellissima Palermo, e sapete cosa attanaglia il sud: siamo martoriati dalla mancanza di lavoro, e chi ce l’ha, molto spesso è in nero (come si dice a Palermo: ‘o ti pigghi sta minestra, o ti iecchi ra’ finestra’ e qui penso che il nostro beneamato Presidente della Repubblica capisca cosa significhi). Si sentono tutti i giorni, persone, ragazzi e non più, che vanno via dalla propria città, lasciando i propri cari, per cercare quel maledetto lavoro, che purtroppo non trovano dove sono. La cosiddetta fuga dei cervelli. Non vi racconto la mia vita, il racconto sarebbe troppo lungo, per le cose che mi sono successe.

Nel 2017 vado al nord

Dico che dal 2017, ho dovuto lasciare i miei cari e sono andato a cercare un lavoro al nord. Mi sono diretto in un’altra bellissima città, Ravenna, dove sono riuscito a trovare lavoro, dopo tante richieste, a tempo determinato, per pochi giorni. Accettai perché era un lavoro che mi piaceva, sia perché quando lavoro ci metto l’anima, sia perché era nel mio settore, informatica, che faccio a 360°, ambito programmazione. Dopo un breve periodo, mi rinnovano il contratto, sempre mese dopo mese (a volte anche 2 mesi, inizialmente con agenzia interinale, e poi direttamente con loro). L’ultimo contratto con scadenza ai primi di agosto. Sono ritornato in Sicilia, dai miei genitori, che furono contenti che io fossi andato a trovare un lavoro.

Una vita da precario

Mi richiama la stessa azienda con lo stesso contratto. La difficoltà che si incontra è quello di trovare, soprattutto da distanza, un appartamento anche piccolo, per brevi periodi, perché tutti i proprietari di casa vorrebbero qualcosa di più a lungo. Sono riuscito a trovare una persona che per 2 anni mi affittasse per 2-3 mesi, perché era quello che gli potevo garantire, e non di più, visto il tipo di contratto di lavoro. Riuscivo a portare l’affitto, sempre verso fine maggio, così come il lavoro, che prorogavo fino al 20. Alla fine del discorso mi dissero, che non mi avrebbero potuto fare un contratto né a lungo termine, e né tanto meno a tempo indeterminato.

L’Italia si blocca. E io?

Così quest’anno rifiutando l’ennesimo contratto che mi proponevano, ho accettato una supplenza a scuola come Assistente Tecnico in un laboratorio, sempre a Ravenna, dove ho fatto richiesta come ATA. Per 15 giorni full time, dopo, part-time, 2 ore al giorno, perché mi piace il lavoro a scuola. Il mio grande sogno di lavorare a scuola, forse si avverava. La solita problematica dell’affitto, comunque anche questa volta, con molta fatica, girando a destra e a sinistra, sono riuscito a trovare un appartamento. Adesso arrivo al dunque, dopo tutta questa premessa: con giusta causa, si è bloccata l’Italia. Però non si è reso conto che gente come me, con contratti a termine, hanno la problematica di continuare a stare dove si trova.

Un’odissea kafkiana

All’inizio, a febbraio, non avendo tante problematiche, in quanto ancora ben lontano dal blocco, già iniziavo a chiedere in segreteria, quanto ferie mi spettassero, perché avevo pensato di ritornare in Sicilia il 1° di aprile, e chiedendo anche se fosse possibile qualche giorno di ferie non pagate. Ero preoccupato per eventuali blocchi. Prima della metà di marzo, visto che ancora si lavorava, richiesi nuovamente in segreteria, perché dovevo fare il biglietto per rientrare a Palermo. Così iniziai a chiamare per informarmi se fosse possibile prendere la nave, a Livorno o a Civitavecchia.

Decine di telefonate a tutti

Le aziende mi risposero che per adesso era tutto regolare, così pure la protezione civile siciliana. Chiamai anche il 112, dicendo le mie problematiche, e loro mi risposero che di lì a fine contratto, il 19 aprile, non si sapeva nulla. Chiamai il numero messo a disposizione nel sito dell’Emilia Romagna della protezione civile; stessa risposta. Il colpo più grande quando l’Italia si è fermata. Il presentimento si avverava. Il 28 marzo andai dai carabinieri personalmente, riferendo la problematica, sia della fine del lavoro, sia che avrei dovuto lasciare l’appartamento, anche perché non lavorando non avrei potuto pagare. Mi dissero che ancora era presto e di qua al 19 si sarebbe potuto sbloccare il tutto. Mi chiesero di ritornare dopo il 3. Io risposi che sarei ritornato il 6. Ecco, questa è la settimana fatidica, dove è iniziato il mio calvario. Il 6 aprile ritorno dai carabinieri, rispiegai la problematica dell’affitto e della fine del contratto, e non avrei potuto, e soprattutto, non sarei voluto, ritornare in Sicilia. Mi dissero che io potevo ritornare in Sicilia, perché era contemplato dal decreto. Loro mi rassicurarono che con un foglio rilasciato dai carabinieri, e presentandomi ai colleghi dello stretto, io sarei potuto passare.

Dormo in strada? O in galera?

Avevo sentito, che forse era difficile traghettare, ed avevo paura che arrivando a Villa San Giovanni, non avrei potuto. Non mi sentivo di fare un così lungo viaggio con il punto interrogativo. Dovevo solo garantire una residenza dove fare la quarantena, ripresero. Io a quel punto, ho pensato subito ai miei genitori, perché la quarantena, l’avrei dovuta fare nella mia residenza. Gli ribadii che non sarei voluto ritornare, e per il 15 sarei stato costretto a rimanere in macchina, proprio vicino all’entrata dei carabinieri, cosicché, mi avrebbero portato in galera, per avere un posto per dormire. Mi dichiararono che il proprietario non mi poteva far andare via, lo diceva la legge. Spiegai che non avrei potuto pagare l’affitto. Mi dissero di mettermi d’accordo con il proprietario, e me ne andai. Non essendo contento della situazione dal 7 ho iniziato a fare un giro di telefonate.

Palermo, Ravenna, Messina

Prima alla protezione civile di Palermo, alla sede regionale. Mi spiegarono, che forse sarei potuto scendere, inviando delle email, una alla protezione civile di Palermo ed una All’ASP di Palermo, dove comunicavo il mio arrivo, ed altre informazioni. Alla fine mi demandavano alla protezione civile di Messina, perché avrei dovuto compilare su internet un modulo, registrandomi. Telefonando alla protezione civile di Messina, numero che mi avevano fornito quelli di Palermo, mi dissero di registrarmi al sito. Andando a visitare il sito trovai un numero di telefono. Era quello della polizia municipale, a cui telefonai, e mi risposero che era facile la compilazione e l’avrei dovuta fare 3 giorni prima dell’arrivo, perché mi dovevano dare un pass, se fosse stata accettata la richiesta, e quindi non dovevo partire prima. Mi chiesero dove sarei dovuto andare, rispondendo che sarei ritornato dai miei, che hanno una certa età. La polizia municipale, mi rispose che non mi avrebbero, giustamente dato il consenso, e mi dissero di rivolgermi alla protezione civile Emilia Romagna per avere delucidazioni, per rimanere dove mi trovo. Chiamando la protezione civile, mi esposero che io sarei potuto scendere, ma spiegai loro, che non sarei voluto andare dai miei genitori, e che comunque sempre per loro il pass non l’avrei potuto avere. Mi dicono di chiamare la questura di Ravenna, e questi senza farmi finire di spiegare, mi diedero un altro numero. Dall’altro lato rispose il gabinetto del sindaco di Ravenna, spiegando il tutto, dicendo che si sarebbe informata e che mi avrebbe ricontattato. La signora gentilmente mi richiama il pomeriggio, dicendo che io sarei potuto scendere a Palermo, ed io insistevo dicendo che lo stretto è chiuso. Mi spiegò inoltre che il proprietario di casa non mi poteva mandare fuori, e se avessi avuto di bisogno avrei potuto contattare i servizi sociali, per il cibo, che non è quello che ho di bisogno, momentaneamente ammisi.

Sempre più disperato

Quindi rimanendo ancora senza risposta, contattai il gabinetto del sindaco di Messina, spiegando a loro, dicendomi di chiamare la Prefettura, perché loro non potevano fare nulla. Chiamando al centralino della prefettura, mi chiedevano di contattare la protezione civile di Messina. Circolo vizioso. Sono ritornato al punto di partenza senza avere una risposta di cosa devo fare. Il 9 contatto il gabinetto del sindaco di Palermo per chiedere eventualmente se ci fosse qualche struttura convenzionata, per poter andare a fare la quarantena. Mi risposero di rivolgermi alla protezione civile di Palermo, che chiamai, per l’ennesima volta, spiegandomi che forse l’ASP avesse fatto una convenzione, ma appena gli risposi che dal gabinetto del sindaco di Palermo mi dissero di chiamare loro, hanno voluto il mio nominativo, dicendomi che mi avrebbe chiamato. Nessuna risposta. Chiedo a voi: COSA DEVO FARE? SONO NELLE VOSTRE MANI. Cordialmente e con il cuore in mano

Maurizio