Cosa non va nell’accordo firmato da Comune di Messina e Dexia per chiudere l’annosa e delicata vicenda dei contratti di finanza derivata? Ad analizzare scelte e decisioni dell’amministrazione De Luca è l’ex assessore Guido Signorino. Durante la sua esperienza amministrativa con il sindaco Accorinti, Signorino e l’allora esperto Giuseppe Cannizzaro avevano fatto i conti con la pesantissima eredità di contratti e contenziosi lasciati da chi li aveva preceduti. Si era arrivati a costruire una transazione con Bnl che fu siglata nel 2016 e che chiuse la prima partita dei derivati a condizioni vantaggiose per il Comune. Rimaneva in contenzioso il contratto con Dexia. Ma, secondo l’ex amministratore, la transazione approvata presenta luci e ombre.
Per Signorino l’accordo è certamente opportuno se si guarda solo all’aspetto giuridico. «Un procedimento incardinato a Londra (più ancora dopo Brexit) presenta costi, rischi e insidie importanti, che rendono complesso e difficile far valere le evidenti e indiscutibili ragioni del Comune e la nullità del contratto». Dunque perché parla di luci e ombre? La riposta è netta: «Fatti di metodo, di merito e di politica».
Nel metodo: a quanto sembra la definizione dell’accordo è stata trattata direttamente dall’amministrazione, senza l’ausilio di consulenti finanziari, col supporto delle relazioni dei legali, attestanti l’elevatissimo rischio della causa. Però la transazione ha materia finanziaria e non appare una specifica valutazione tecnica in proposito (nessuna relazione finanziaria è citata in delibera). È un’imprudenza aver trattato da politici puri con una controparte ovviamente molto attrezzata su quel piano.
Ne conseguono i problemi di merito. Le elevate cifre citate in delibera sono poste in questione da chi conosce la materia e i contratti, secondo cui il rischio massimo diretto della causa è non 35, ma circa 13 milioni, più le spese legali. La delibera non riferisce cosa accadrebbe in caso di vittoria dell’Ente, con annullamento del contratto (il Comune otterrebbe oltre 5 milioni in restituzione di quanto indebitamente versato alla banca, più il risarcimento del danno: svariati milioni non incassati “grazie” a consulenza e contratto di Dexia). Mancando questo, non si ha il “valore della causa” (media tra guadagno in caso di vittoria e perdita in caso di sconfitta, ponderata per le rispettive probabilità).
La perdita secca della transazione non può dunque essere confrontata col valore della causa, che avrebbe potuto essere preso a base per la trattativa per raggiungere magari un accordo molto meno oneroso. Con questo accordo la banca recupera tutto il danaro che aveva speso per “entrare” nell’affare con un contratto-burla. Grazie ad esso il Comune avrà versato in totale circa 13 milioni a Dexia, la quale per ottenere da BNL parte dei contratti precedenti aveva pagato alla stessa circa 12 milioni nel 2007. I 9 milioni che il Comune si impegna a versare dovranno essere corrisposti entro un anno, quando il contratto sarebbe durato fino al 2036; anche a parità di cifra, mantenere quella scadenza avrebbe alleggerito di molto gli esborsi annuali del Comune.
Signornino spiega che c’è una differenza sostanziale tra l’accordo raggiunto nel 2016 con BNL e quello attuale con Dexia. Nel primo caso il Comune restituiva alla banca in comode rate entro il 2036 meno di quanto ricevuto dalla stessa (circa 4 milioni): l’accordo portava al Comune condizioni migliori rispetto al puro annullamento dei contratti. Nel caso di Dexia, al contrario, il Comune (che aveva già pagato oltre 4 milioni) con l’annullamento dei contratti avrebbe ricevuto indietro la somma più rivalutazioni e interessi (oltre il danno dei mancati guadagni). Invece, oltre a quanto già versato, il Comune continua a pagare circa 9 milioni, per giunta nel breve termine di un anno.
Per l’ex assessore poi c’è il piano politico. La fretta-capestro con cui l’atto è stato portato in Consiglio dimostra che il Comune si è messo in una sbagliata posizione di subalternità: è inaccettabile che una banca prenda per il collo una grande città imponendo condizioni sbilanciate a suo favore e tempi immediati non solo di esecuzione, ma anche di approvazione degli atti; chi l’ha rappresentata non ha saputo tutelarne appieno gli interessi. Possibile che non si sia saputo dire alla banca che il Consiglio ha tutto il diritto a un tempo congruo per studiare, approfondire, valutare? O è lo stesso sindaco a ritenere che il Consiglio non abbia questo diritto? Il sindaco poi continua a parlare di cifre sulle quali è lecito avere seri dubbi. La differenza fra l’accordo e una soccombenza senza accordo potrebbe essere infatti non superiore ai 4-5 milioni.
«Insomma, sia nella sostanza che nei tempi e nella forma (viene anche imposto di riconoscere la piena validità di contratti iniqui), sotto il profilo finanziario l’accordo negoziato con Dexia dall’amministrazione sembra una Caporetto a vantaggio della banca, mentre quello definito con BNL era di chiaro vantaggio per il Comune. Come detto: con questo accordo Dexia recupera tutto (con un po’ di interessi), mentre a rimetterci almeno 13 milioni sono i cittadini messinesi, in omaggio a contratti che dovrebbero essere invece considerati nulli. Stanti le condizioni del giudizio, l’accordo è via maestra. Si sarebbe, però, potuto fare di meglio? Non c’è controprova, ma è difficile pensare il contrario, perfino a parità di importo».
Un’analisi che trova riscontro nei numeri e nelle valutazioni dell’ex esperto Giuseppe Cannizzaro. Aveva messo tutto nero su bianco in una relazione (IN ALLEGATO) consegnata a tutti i consiglieri comunali prima della votazione. Un documento che aveva suscitato non pochi dubbi ad alcuni componenti dell’aula che hanno chiesto chiarimenti e risposte. A rispondere a quella relazione ne è arrivata un’altra firmata dai legali Parrinello che hanno seguito il Comune in questa delicata procedura di accordo con Dexia.
Cannizzaro ripercorre nel dettaglio gli anni che hanno portato ad oggi e le scelte fatte in passato con i contratti di finanza derivata. Ricorda la transazione con Bnl siglata quattro anni fa. E spiega nel dettaglio, con schemi, tabelle e cifre, perché questa volta l’accordo con Dexia non è conveniente per le casse di Palazzo Zanca.
«Il rischio di un’eventuale soccombenza in giudizio è quantificabile in un maggiore esborso (rispetto alla prevista transazione) quantificabile in un range compreso tra 4/5 milioni e non in 35 milioni come erroneamente indicato nel testo della delibera. Il vantaggio economico in caso di vittoria in giudizio ammonterebbe a oltre 18 milioni e appare pertanto incomprensibile quanto asserito in delibera nella parte che recita: “ma anche nel suo miglior scenario sarebbe in ogni caso ben superiore alla somma che si è convenuto di versare in sede di conciliazione”. Lo stesso contratto in questione, il cui onere complessivo a seguito dell’accordo ammonterebbe a circa 13 milioni, è identico a quello oggetto della precedente transazione con BNL, conclusosi a costo zero per l’Ente. La “questione derivati” che ha travolto il Comune di Messina si chiuderebbe con un esoso costo a carico degli ignari Cittadini, su cui graverebbe l’onere della incredibile vicenda».