Politica

Riace, il 26 febbraio manifestazione di solidarietà a Mimmo Lucano

RIACE – La preziosa interprete canora e conduttrice tv Fiorella Mannoia e il presidente nazionale dell’Arci Walter Massa; gli ex segretari regionali di Rifondazione comunista Pino Scarpelli e Angelo Broccolo e lo storico ambientalista Nuccio Barillà; Giovanni Impastato, cronista parlamentare e fratello dell’icona antimafia Peppino Impastato e buona parte dell’Anpi; l’ex senatore Nuccio Iovene e la madre del folk italiano Giovanna Marini; la giornalista e scrittrice, più volte deputata ed europarlamentare, Luciana Castellina; il vignettista Vauro Senesi e l’ex segretario di Democrazia proletaria e 5 volte parlamentare Giovanni Russo Spena; tanta Toscana, da Firenze città aperta alla Rete antirazzista; rappresentanti e attivisti di numerose associazioni, fra i quali donne e uomini – da Lipari a Bergamo – delle Veglie contro le morti in mare e ovviamente il progetto Diamo luce a Riace e la Rete milanese Sostenere Riace; i docenti universitari Vincenzo Carbone, Donatella Di Cesare, Franco Piperno e Giovanni Maria Ricci e Salvatore De Siena del Parto delle nuvole pesanti; l’ex assessore regionale all’Ambiente Silvio Greco e il segretario nazionale di Rifondazione comunista Maurizio Acerbo; l’ex segretario regionale della Cgil Ferdinando Pignataro, l’antropologo Vito Teti, l’iconico ex sindaco di Rosarno ed ex parlamentare Peppino Lavorato, presidente onorario della Fondazione “È stato il vento”…

Ci sono già oltre 1.500 aderenti

Sono solo una piccola parte degli aderenti – già più di 1.500 – al presidio di solidarietà Con Mimmo Lucano / Per restare umani, promosso per la mattina del 26 febbraio a Riace dal “Comitato 11 giugno”, il Comitato di vicinanza all’ex primo cittadino diventato famoso in tutto il mondo per l’accoglienza ai profughi e allo stesso “modello Riace” che reca la data dell’11 giugno 2019, giorno in cui ebbe inizio il processo a Lucano davanti al Tribunale di Locri, poi conclusosi con la condanna a 13 anni e 2 mesi di reclusione in primo grado di giudizio nei confronti dell’ex amministratore.

Il secondo grado di giudizio del processo Xenia ha avuto inizio il 25 maggio 2022 davanti alla Corte d’appello di Reggio Calabria.

Come recita il “manifesto” che ha lanciato l’iniziativa del 26 febbraio, dall’inusitata apertura di Mimmo Lucano a un gruppo di profughi curdi ebbe inizio un’avventura incredibile, che ha portato alla totale rivitalizzazione di un centro semiabbandonato da 2mila anime dell’Alto Jonio reggino e all’accoglienza a Riace, nel corso degli anni, di oltre 6mila richiedenti asilo provenienti da una ventina di Paesi diversi. Ne venne fuori un «filo d’umanità solidale ed egalitaria che strappò alle spire della manovalanza di mafiosi e caporali la fragile forza lavoro di tantissimi lavoratori senza diritti, allontanando al contempo gli interessi della criminalità organizzata da quel territorio».

Un «esempio dirompente e alternativo d’accoglienza che ha saputo rispondere al fenomeno strutturale e mondiale delle migrazioni, con il protagonismo “dal basso” tra i popoli e rispondendo con alterità alle disumane e securitarie pratiche di ripudio e chiusura dei porti e della solidarietà». Di qui l’impegno a «organizzare in tutto il Paese manifestazioni pacifiche e democratiche per fare sentire la nostra vicinanza a Mimmo e ai coimputati, manifestando la nostra totale condivisione con una visione umanitaria che, nei fatti, ha portato a termine le più avanzate forme di partecipazione e solidarietà stabilite dalla Carta costituzionale».

Contro la «disumana ingiustizia» verso Lucano

Ecco allora l’idea della manifestazione del 26 febbraio. Un’«assemblea popolare, aperta e democratica, insieme a quanti sentono “nel più profondo del proprio essere” la disumana ingiustizia che si sta consumando sia nei confronti di Mimmo Lucano che verso quanti s’impegnano strenuamente in pratiche di solidarietà e d’accoglienza».

Perché, per dirla con le parole dello stesso ex primo cittadino riacese, «le cartine dell’anima e del tempo non hanno frontiere».