Cronaca

Cafè Blanco, processo a luglio per narcotrafficanti internazionali di Messina

Si divide in due tronconi il procedimento seguito all’operazione Cafè Blanco, la delicata inchiesta della Guardia di Finanza di Messina su un narco traffico internazionale che aveva come terminale Messina, Siracusa e Catania e che, con la complicità di una ex “olgettina”, si muoveva tra l’Italia e il Sud America

Il GUP Monica Marino ha concluso il vaglio preliminare della posizione delle persone coinvolte per le quali gli atti sono rimasti a Messina, accettando le richieste di abbreviato che quasi tutti hanno presentato.

Il grosso delle posizioni, quindi, sarà definito dallo stesso Giudice per l’Udienza Preliminare, che tornerà in aula per ascoltare gli avvocati difensori, il Pubblico Ministero e poi emettere la sentenza di primo grado già il prossimo 13 luglio.

Quattro degli indagati, invece, hanno deciso di proseguire col rito ordinario. Per loro il GUP ha ritenuto che è necessario il vaglio dibattimentale, e li ha rinviati a giudizio. Il processo davanti al Tribunale comincerà il prossimo inverno.

E’ una inchiesta fondamentale e delicata, quella battezzata Cafè Blanco e condotta dal procuratore aggiunto della Distrettuale Antimafia Vito Di Giorgio, perché ricostruisce le nuove rotte del traffico di droga internazionale, e conferma come Messina sia diventata una delle principali centrali di snodo di un vasto commercio di droghe anche molto pesanti, che superano le frontiere trans oceaniche.

La città dello Stretto era di fatto diventata, prima che scattassero gli arresti del luglio 2019, la centrale operativa di un vasto narcotraffico tra Sudamerica e Sicilia, grazie ad una serie di accordi stretti in carcere a Caltanissetta tra i trafficanti messinesi e gli esponenti di una organizzazione internazionale.

Accordi volti a invadere di pasticche l’isola e anche altre piazze europee, da Malta all’Olanda passando per la Spagna, attraverso mega consegne in container.

Tra i coinvolti negli arresti c’è anche Carlos Manuel Ramirez De La Rosa, un notissimo intermediario dei trafficanti di tutto il mondo, noto alle cronache italiane perché ex di una “olgettina”, il messinese Antonino Di Bella (40 anni), la compagna Tindara Bonsignore (32), Alfio Salvatore Zappalà, 40 anni, di Sant’Alfio in provincia di Catania, considerato contiguo al clan Laudani.