Coronavirus

Coronavirus: un anno di pandemia a Messina. La cronistoria

Il tempo del Covid irrompe a Messina mentre la città è alle prese con il “Cambio di passo” e gli scontri De Luca-Consiglio comunale, le polemiche sul Carnevale di Scattareggia, la visita di Maria Stella Gelmini alle baracche e il dibattito sulla legge speciale per il risanamento, il caso della baby gang. Nei primi due mesi del 2020 il coronavirus appare lontano. Poi, poco dopo San Valentino e l’appello dei genitori degli studenti del liceo Don Bosco che rischia di chiudere battenti (cosa che poi accadrà), l’Italia e Messina si “svegliano” in pandemia.

I primi voli annullati

Le prime avvisaglie si hanno la mattina del 23 febbraio, alla conferenza stampa per l’intitolazione della sala riunioni del IV quartiere a Mino Licordari. In quell’occasione il figlio di Mino, Maurizio Licordari, giornalista in Rai, racconta le difficoltà per prendere il volo aereo da Roma per tornare in Sicilia. In quelle ore vengono annullati decine di voli.

Il 24 febbraio: Musumeci

Il giorno dopo, il 24 febbraio è il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci, a dichiarare quel che tutti temevano. Il premier Conte aveva convocato l’Unità di crisi con le Regioni il 25 febbraio e Musumeci si preparava a chiedere alcune misure, tra le quali controlli più serrati sugli arrivi (per nave, treno, aereo), sostegni per le imprese danneggiate. Il 24 febbraio gli arrivi negli aeroporti siciliani erano stati 9.600 e tutti erano risultati negativi. Stesso risultato per i primi controlli nelle scuole, che restano aperte così come le Università (chiuderanno il 5 marzo in tutta Italia). In attesa dell’esito dell’Unità di crisi, l’assessore Razza avvia la sanificazione di tutti gli ospedali e allerta tutti i presìdi.

Da quel giorno tutto cambia

Da quel momento in poi spariscono dai social i post su Morgan e Bugo a Sanremo, scatta la corsa all’acquisto dei beni di prima necessità e il Carnevale cambia volto. Sopravvive solo la “mega pignolata” a Piazza Duomo. Il cambio di passo e le querelle sugli assessori a rischio (Scattareggia e Trimarchi), lasciano il posto ad altri timori. Lentamente Cateno inizia la trasformazione in “Scateno”, una versione tra lo sceriffo e il difensore della patria, che da marzo a maggio scandirà letteralmente le ore dei messinesi in stereofonia tra dirette facebook, droni, messaggi telefonici e auto con megafoni per strada.

4 marzo: il sondaggio

Il 4 marzo da un sondaggio di Demopolis in Sicilia emerge che l’80% dei siciliani ha paura del virus ed il 53% anche delle conseguenze economiche. Il 63% ha iniziato a lavarsi più spesso le mani, 1 siciliano su 2 ha acquistato disinfettante, il 75% chiede a Musumeci di pretendere più controlli agli arrivi nell’isola e il 40% ha ridotto la frequentazione dei locali pubblici. Nel frattempo il governo nazionale ha sospeso eventi, spettacoli e si appresta a far scattare il lockdown.

8 marzo: prima diretta di De Luca

L’ 8 marzo, mentre Conte si appresta a chiudere l’Italia Cateno De Luca si sposta nella sede della Protezione civile, che di lì a qualche ora diventerà il suo quartier generale, attiva un numero verde, invita alla calma, si dissocia da Musumeci sui rientri in Sicilia. “Non sono appestati- dichiara De Luca il 4 marzo- non serve chiudere porti o bloccare traghetti non è in mio potere farlo. Vi aggiorneremo, niente panico ma responsabilità”. In realtà sarà proprio lui a bloccare lo Stretto pochi giorni dopo ed a scontrarsi con la ministra Lamorgese.

9 marzo: prima ordinanza

Il giorno dopo, 9 marzo, il sindaco firma la sua prima ordinanza dell’era coronavirus a Messina. Nella delibera vengono recepite le direttive nazionali, si sospendono eventi, spettacoli, cerimonie religiose, si chiudono cinema, teatri, scuole. Attiva il Coc. Nella diretta facebook serale, che dal 9 marzo diventerà un appuntamento fisso, spiega che in 11 mila hanno fatto rientro in Sicilia dalle zone rosse del nord e che a Messina sono 250 in autoisolamento. Il tema principale, in quelle ore, è il rientro dal nord. Il 10 marzo, appena 24 ore dopo, tutta Italia diventa zona rossa. Anche Messina si adegua e De Luca, insieme agli assessori, nel corso della diretta spiega cosa è possibile fare e cosa no, annuncia numeri verdi e controlli, snocciola i primi numeri di contagi (erano 8 tra città e provincia), inizia a preoccuparsi per la questione dei posti letto.

11 marzo

L’11 marzo, in diretta facebook, firma una nuova ordinanza, che dovrebbe entrare in vigore il 13 marzo e restare valida per due settimane. Con il provvedimento dispone la chiusura di tutte le attività, di tutti gli studi, i negozi, gli esercizi (tranne alimentari e farmacie), chiude le scuole, scatta il divieto di spostamento. Annuncia anche la prima mail dell’Asp alla quale indirizzare le prime segnalazioni: è quella di Salvatore Muscolino. A lui i messinesi alle prese con quello che fino a pochi giorni prima sarebbe potuto sembrare fantascienza, dovevano rivolgersi in caso di “segnali di virus”. Nel giro di pochi giorni quella mail andrà in tilt ma nel frattempo scoppierà anche la prima falla dell’azienda sanitaria (con il famoso caso delle mail mai aperte).

Primi scontri istituzionali

Inizia il leit motiv “Statibbi a casa” e puntuale arriva il primo scontro istituzionale. In questo caso con la prefetta Librizzi. Il 12 marzo infatti la prefetta annulla l’ordinanza di De Luca dell’11 marzo perché in disaccordo con il Dpcm Conte, che il sindaco liquida “sono pannicelli caldi e comunque la mia ordinanza l’ho firmata un’ora prima del Dpcm”. Il sindaco contesta punto per punto il Dpcm che ritiene troppo leggero “tiene aperte persino le profumerie….” .Il 13 marzo De Luca revoca l’ordinanza ma in cambio ne firma altre 3 partendo dal presupposto che può fare misure più restrittive rispetto al Dpcm. Così chiude più negozi rispetto al livello nazionale, fissa coprifuoco alle 17, avvia sanificazioni e controlli. Il 13 marzo l’assessore regionale alla salute Ruggero Razza viene a Messina, si reca alla Caronte.

Stop ai collegamenti

E’ ormai chiaro che sta per scattare la fuga dal nord ormai chiuso da tempo e l’assessore invita al senso di responsabilità. Il 16 marzo la ministra De Micheli, su sollecitazione di Musumeci dispone lo stop ai collegamenti di ogni genere con la Sicilia e vengono ridotti man mano voli, treni, corse sullo Stretto. I messinesi non si erano ancora ripresi dalle pattuglie deluchiane che nel week end 7 e 8 marzo setacciavano le vie della movida, dai battibecchi De Luca-Musumeci, scontri De Luca- Librizzi, De Luca- Conte, dalla paura dell’esodo dal nord che scoppia il caso degli SCIATORI, tema che appassionerà i messinesi per settimane.

Esplode il caso degli sciatori

E’ il 17 marzo, già da ore girano su whatsapp blacklist (false e semivere) con nomi e cognomi dei componenti delle due comitive che sono andati a sciare sulla neve in Trentino e in Val d’Aosta. Nel tam tam gli sciatori sono passati dai 20 iniziali ai 30, poi ai 40, ma sul finire della storia si scoprirà che in totale gli sciatori erano circa 150 sciatori (con destinazioni diverse e rientri diversificati). Il numero esatto non si saprà mai. Ad accendere la miccia delle polemiche è stato il fatto che non tutti gli sciatori, rientrando nel primo week end di marzo a Messina avevano segnalato all’Asp la loro vacanza in zona rossa, diventando esponenziali portatori di contagio (come nei fatti accadrà per alcuni di loro). Il fattaccio si scopre perché due di loro vengono effettivamente ricoverati, uno al Papardo ed uno (il medico) nell’ospedale in cui lavora (il Policlinico). Ma più dei fatti ufficiali a scatenare il caos è stato il tam tam social.

“Vogliamo i nomi degli sciatori”

Nelle stesse ore stava scoppiando un altro caso, che poi diventerà tragedia, ed è quello della casa di riposo Come d’Incanto. In pochi giorni il covid inizia a galoppare, le mail s’infrangono nel muro del suono dell’Asp, del gruppo di sciatori si fa di tutta l’erba un fascio. In poche ore gli elenchi degli ipotetici vacanzieri fanno il giro della città e  De Luca lancia l’appello a quelli che al momento erano 50 di Madonna di Campiglio: autodenunciatevi o saremo noi a fare i vostri nomi dopo averli ottenuti dall’Asp. Si scatena la caccia all’untore. Su facebook girano blacklist e in redazione arrivano lettere di avvocati che minacciano querele e missive diretta agli sciatori o racconti degli stessi interessati che spiegano cosa accaduto. Si vocifera d’inchieste, ma sulla vicenda calerà il silenzio.

Il primo scontro De Luca-Asp

Se il 17 marzo De Luca tuona in diretta per 1 ora contro gli “allegri” sciatori, il giorno dopo, 18 marzo, alza il tiro perché scopre la falla dell’Asp. E’ la prima dichiarazione di guerra che porterà, a dicembre il sindaco a chiedere ufficialmente (e quotidianamente) la testa di Paolo La Paglia, Dg dell’azienda sanitaria. E’ il 18 marzo quando il sindaco intima all’Asp l’elenco degli sciatori che si sono autodenunciati. Scoprirà successivamente: 1-che il numero degli autodenunciati era di gran lunga inferiore a quello degli sciatori 2-l’Asp era nel caos.

Le mille mail della discordia

Le mail finivano in un “buco nero” che porterà in pochi giorni a scoprire che più di mille non erano state neanche aperte. Nel frattempo la polizia municipale, guidata da Giardina, acquista un ruolo di primo piano, oltre ai controlli in strada saranno loro a contattare le questure e gli alberghi del Trentino, a contattare l’Asp per avere gli elenchi, a cercare nei B&B tracce dei messinesi in vacanza rientrati poi alla chetichella. Il 19 marzo infatti l’ira del sindaco dagli sciatori (76 dei quali non si erano autodenunciati al rientro dalle vacanze), si sposta sull’Asp. Oltre mille mail non lavorate ed il paradosso che a dare all’azienda sanitaria i nomi di chi era andato sulla neve è stata la polizia municipale nell’ormai inutile tentativo di far chiarezza su una vicenda tipicamente messinese.

Messina bene e l’altra Messina

La storia della comitiva infatti si è trasformata in una “lotta di classe tra la Messina bene (borghese e che si sente al di sopra del bene e del male) e l’altra Messina, quella che non ha santi in paradiso né illustri parenti in Terra. In quei giorni intanto De Luca affidava il suo “statibbi a casa” ad ogni mezzo possibile: telefono, facebook, auto con megafono e si preparava a lanciarlo nell’etere con i droni. Ma la storia degli sciatori s’intreccia con un’altra, che è diventata invece una tragedia. Ed è quella degli anziani della Casa di riposo Come d’incanto. C’è un’inchiesta in corso (a dicembre sono arrivati  i primi indagati), e sembrerebbe che qualcuno di rientro dalle vacanze sulla neve sia andato in visita ad un parente anziano ricoverato nella casa di via I Settembre (il governo aveva però vietato le visite dal 6 febbraio).

L’allarme a “Come d’incanto”

Al di là dell’origine del contagio quel che è certo è che nelle stesse ore in cui si scopriva la questione degli sciatori, scoppiava l’allarme nella Casa di riposo. L’allarme era scoppiato il lunedì ma fino a giovedì nessuno si reca nella struttura per effettuare un tampone. Gli anziani sono 71, gli operatori 16. Quando finalmente qualcosa si muove i tamponi sono pochissimi rispetto al numero di anziani ed operatori che restano “prigionieri” della casa di riposo. Le famiglie non hanno notizie, scrivono lettere, mail, protestano. Alla fine interviene il sindaco in diretta ed è solo dopo il suo intervento che arrivano le ambulanze e la casa inizia ad essere sgomberata e i pazienti spostati o in ospedale o in Rsa. Ma è troppo tardi.

Ritardi ed errori fatali

I giorni di ritardo, con tutti chiusi in quelle stanze, sono stati fatali. Storie strazianti, morti che si potevano evitare, una ferita che non si rimargina. Insieme a questa vicenda ci sarà quella dei parenti che non riescono ad avere notizie dei propri cari ricoverati nei diversi ospedali. Il Policlinico e il Papardo metteranno a disposizione dei familiari un numero telefonico al quale poter chiamare una sola volta al giorno. E’ un dolore che è uguale in tutta Italia. Per il resto ognuno si affiderà al buon cuore degli infermieri o dei medici. In un altro articolo vi raccontiamo di queste storie, dei momenti di gioia e di quelle sofferenze legate ai cellulari, all’impossibilità di poter far sentire la propria voce a chi ci ama e amiamo. Purtroppo non tutti gli operatori sanitari avranno lo stesso cuore. Ci sono state storie con raggi di sole e storie con nuvole nere. Tornando intanto alla Come d’incanto tra il 22 ed il 23 marzo inizia il trasferimento degli anziani. Dopo la casa di riposo di via I Settembre il calvario riguarderà altre strutture sia in città che in provincia.

22 marzo: fuga dal nord

Intanto la sera del 22 marzo scatta l’esodo dal nord. Una prima folla si era vista il 19 marzo, ma l’ultimo Dpcm chiudendo il Paese ha di fatto scatenato il ritorno alle case d’origine di migliaia di siciliani. Il Dpcm infatti sarebbe entrato in vigore il 25 marzo. Annunciato il 22 ha di fatto aperto la porta all’esodo ed inutili sono stati gli appelli di Musumeci e degli altri governatori delle Regioni del Meridione, nonché la riduzione di voli, treni, corse di traghetti. Lo Stretto diventa un imbuto. Le immagini dei treni carichi di storie di paura, di lacrime, di giovani, meno giovani, scorrono senza sosta. Le file a Villa San Giovanni sono interminabili in un’atmosfera spettrale.

23 marzo: De Luca alla Caronte

Alle 20 del 23 marzo De Luca si piazza davanti agli imbarchi della Caronte e grida: “Arrestateci tutti” e inizia un nuovo scontro istituzionale, direttamente con il governo nazionale e la ministra Lamorgese. Musumeci tuona su facebook lanciando l’allarme su oltre 40 mila rientri. In quel fragore fa notizia e diventa quasi un “cult” la mitica Renault 4 che sembra uscita da un film degli anni ’70 e non si sa come, riuscendo a superare tutti i controlli sbarca in Sicilia incontrando, per sua sfortuna, il De Luca messinese in versione sceriffo che ne farà il simbolo del “male”. La Renault 4 arriverà a Mazzarino dopo diverse peripezie.

Scontro De Luca-Lamorgese

De Luca il 24 sbarca a Villa San Giovanni come l’Orlando Furioso delle due sponde e scrive alla ministra Lamorgese, usando toni fortissimi (“lupara istituzionale”), che gli costeranno successivamente una denuncia. Il 27 marzo ci sono ancora anziani dentro la Casa di riposo, continuano gli esodi sia pure con regole e controlli e il dg del Policlinico, Giuseppe Laganga viene nominato coordinatore dell’emergenza Covid per Messina e provincia, a capo di un team che nella fase 1 della pandemia funzionerà bene (nonostante tutti in Italia pensassero che in Sicilia ed a Messina la sanità sarebbe crollata sotto il peso di anni di mala gestione).

27 marzo: parla Crisicelli

Il 27 marzo Tempostretto intervista il coordinatore dell’emergenza covid dell’Asp Crisicelli, alle prese con la vicenda della casa di riposo Come d’incanto. Crisicelli lancia l’allarme sulla situazione di tutte le case di riposo, spiega il perché dei ritardi nei tamponi, racconta come vi siano problemi di personale, di mezzi (solo 5 auto per fare i tamponi tra Messina e provincia). Insomma, a fine marzo le criticità c’erano, la domanda che oggi ci poniamo è: perché non si è intervenuti nei mesi successivi?

I figli dei condannati a morte

Il 28 marzo a soffiare vento sul fuoco è Messina Social City con una relazione sulla situazione della Come d’Incanto. Nel frattempo in redazione iniziano ad arrivare le mail dei familiari degli anziani che dalle varie strutture sono finiti in ospedale, sono lettere piene di dolore, il dolore di figli di “condannati a morte”, impossibilitati a tener loro la mano, sorridere, dare conforto, dire una parola d’amore .

5 aprile: la Banca dati dello Stretto

Il 5 aprile De Luca firma l’ordinanza sulla Banca dati per chi attraversa lo Stretto di Messina. E qui si consuma lo scontro con la ministra Lamorgese perché l’ordinanza esula dai poteri di competenza di un sindaco. Sull’ordinanza che istituisce la Banca dati prima viene chiesto un parere del consiglio di Stato e 24 ore dopo il Consiglio dei ministri annulla il provvedimento. La Banca dati che va in soffitta non senza gli strali di De Luca che nel frattempo è stato denunciato dalla ministra Lamorgese per le dichiarazioni del 26 marzo, con l’ipotesi di vilipendio della Repubblica e delle Istituzioni. Il 22 giugno, in base all’iter previsto in questi casi, il ministro della giustizia Bonafede autorizza la procura di Messina a procedere nei confronti di De Luca (con conseguenti reazioni a dir poco colorite del primo cittadino).

10 aprile: ecco la Family card

Dal 10 aprile entra in funzione la Family card. Ne usufruiranno tantissimi messinesi piegati dal lockdown che ha devastato un tessuto economico già fragile. La Family card è un sostegno affiancato ad altri supporti (come il pagamento delle bollette) che va incontro alle famiglie in difficoltà e che affianca uno straordinario lavoro dei volontari delle associazioni che come sempre rappresentano il cuore generoso di Messina. I giorni della solidarietà rappresentano davvero il sole nella pandemia.

“rrustu a casa pi c….mei”

Sempre in quei giorni si registrano le proteste dei pendolari della sanità (costretti a pagare per le traversate in auto), le polemiche sulla distribuzione delle uova di Pasqua nei quartieri a rischio (in barba alle misure di sicurezza ma a favor di telecamera).Ma protagonista indiscusso della vigilia di Pasqua è sempre il sindaco, il cui grido “rrustu a casa pi c… mei) riecheggia per tutte le strade della città a tutte le ore del giorno e della notte. Il sindaco finisce su tutti i giornali nazionali, scattano esposti, polemiche e dal pulpito del Duomo, il giorno di Pasqua, il 9 aprile è l’arcivescovo a invitare il primo cittadino a moderare i termini e chiedere scusa. De Luca chiede scusa a metà e la vicenda divide i messinesi tra i pro-Cateno e i contro-Cateno.

Il sindaco e la Prefetta

Intanto, come sta avvenendo in quasi tutta Italia, le figure di uomini soli al comando, sconfinano nella sceriffitudine. A Messina il clima si fa più velenoso tra delazioni e intolleranza ad ogni inizio di critica. Vige quasi lo “Statuto Catenino”. Tra Fase 1, Fase 2 e Fase a colori la prefetta di Messina ha usato sempre equilibrio e toni pacati, senza andare mai sopra le righe, ma neanche sotto le righe, facendo sempre rispettare i “confini” istituzionali.

4 maggio: riaperture e proteste

Con l’avvicinarsi delle riaperture del 4 maggio tornano anche le polemiche tra sindaco e consiglio comunale. Alla prima seduta telematica De Luca è assente, segnale che le frizioni sono tornate come prima. Il 4 maggio protestano i parrucchieri in modo simbolico #tagliatifuori dalle riaperture. Il 2 maggio de luca scrive a Conte per evitare che il 3 notte si verifichino nuovi esodi verso il sud e rispolvera la banca dati. Il 5 maggio, riaperte le “frontiere” Musumeci chiede di aumentare le corse per consentire il ritorno a casa di tanti. Scoppia il caso delle “seconde case” a Villafranca Rometta e Saponara con i 3 sindaci che in vista delle riaperture temono “invasioni”.

Il passaporto degli innamorati

Intanto le categorie piegate dalla crisi iniziano a presentare proposte e richieste anche per sostegni a livello locale. E’ ormai fase 2 e il sindaco scrive alla presidente della Regione Calabria Jole Santelli per il “passaporto degli innamorati”. Lei, che si è distinta per aver saputo guidare in modo fermo ed efficace la Regione in pandemia risponde con garbo, ironia ed eleganza e gli ricorda che, il passaporto per i Promessi sposi che non possono varcare lo Stretto non si può fare perché c’è ancora don Rodrigo….

La querelle su Ferro e Ultimo

Dall’ 8 maggio riaprono anche i cimiteri (con scaglionamenti in ordine alfabetico) e le ville. Il 9 maggio scoppia il caso dei concerti di Tiziano Ferro e Ultimo. I due concerti, previsti per luglio, slittano al 2021 ma l’amministrazione sbarra le porte del San Filippo per il nuovo anno, causando oltre che le polemiche anche una brutta perdita economica e d’immagine per il futuro. Dopo una serie di battibecchi tra l’assessore Scattareggia e gli organizzatori dei concerti, l’ufficializzazione dell’addio ai concerti si avrà in estate. Catania ringrazia e incassa i due concerti, ma a fine estate l’addio sarà di Scattareggia, il cui posto in giunta, traballante da molto tempo, verrà preso da Francesco Gallo, che 12 anni fa portò proprio per primo i grandi eventi a Messina.

L’ultima diretta di De Luca

A maggio c’è anche l’ultima diretta dal coc di de luca che poi sparirà dai radar per due mesi: dall’8 maggio al 5 luglio. Nel frattempo anche Messina prova a ripartire. Riapre la mobilità tra le regioni, arrivano le regole per l’estate, gli ombrelloni, le piscine, i lidi. Musumeci firma il provvedimento delle riaperture il 18 maggio. Il 25 maggio protestano i medici legali ai quali in pandemia è stato vietato di fare le autopsie sui morti per covid. Di grande interesse l’intervista al siciliano Pomara che poi otterrà l’ok del governo, quando però i morti per covid sono stati quasi tutti cremati e si è già in Fase 2.

L’ordinanza antimovida

Dal 6 giugno si riapre alla mobilità tra le Regioni e non c’è più la quarantena per chi rientra. A Messina, in assenza del sindaco scoppia la polemica sulle ordinanze antimovida, la cosiddetta ordinanza della doppia M (Musolino-Mondello). Il divieto di asporto e di consumo di alcol, lo stop alle 20 causa proteste e dal 30 giugno l’ordinanza viene modificata.

L’assenza di De Luca

Nel frattempo anche Messina vive le emozioni dei primi esami di maturità in era covid (e va tutto benissimo). La prolungata assenza di De Luca (che è tornato a Fiumedinisi per stare accanto al padre malato) provoca nuovi scontri con il Pd e non solo e si inizia a parlare di sfiducia. Al sondaggio di Tempostretto se ha fatto bene a stare col padre malato il 69% dei lettori dice di sì. Nel frattempo De Luca alterna post facebook bucolici tra caprette e studio del flauto e stilettate contro i dem o la ministra Lamorgese. Rientra a Palazzo Zanca solo il 12 giugno per firmare in una seduta di giunta 11 delibere. Laganga il 25 giugno lascia il Policlinico per un incarico all’Irccs di Parma e in azienda arriva (mesi dopo) il commissario Bonaccorsi.

L’app Sicilia siCura

L’1 luglio con l’arrivo dell’estate la polemica è sull’app Sicilia SiCura presentata in pompa magna dall’ex capo della protezione civile Bertolaso ma che presenta sin da subito difficoltà d’utilizzo per chi decide di trascorrere le vacanze nell’isola. A distanza di mesi, a dicembre, si rivelerà invece molto utile.

Torna De Luca e litiga col Pd

Il 5 luglio dopo 2 mesi torna De Luca, litiga con il Pd giusto per non perdere le vecchie abitudini, e il 6 presenta il programma della riapertura dei cantieri sia per Messina che per la Città Metropolitana. (126 in totale). Ricomincia la telenovela sulla sfiducia sia pure in tono minore. Il caso si sgonfia anche perché non vengono raccolte le 17 firme necessarie per la presentazione della sfiducia, lanciata dal capogruppo M5S Argento. Il rimpasto è però ormai non più rinviabile.

18 luglio: l’hotspot di Bisconte

Il 18 luglio il sindaco rialza i toni dello scontro istituzionale, con una diretta davanti all’hotspot di Bisconte e un’ordinanza che scade il 24 luglio. Entro quella data, dice, deve essere sgomberata la struttura abusiva. All’orizzonte c’è un nuovo scontro con la ministra Lamorgese, che peraltro lo avrà anche con il governatore Musumeci per gli altri hotspot dell’isola che scoppiano. Lamorgese dichiara che Bisconte non è idoneo e di concerto con la prefetta si arriverà entro un mese allo sgombero. La miccia viene quindi disinnescata evitando il peggio anche perché il fronte più incandescente sarà quello con Musumeci a Lampedusa.

Luglio rovente

Nel frattempo a Rometta il sindaco dichiara “guerra” ai villeggianti di Messina, con la querelle sui parcheggi a pagamento e le regole per le seconde case. Il 30 luglio Scattareggia e Trimarchi sono fuori dalla giunta, dopo una riunione burrascosa. Il rimpasto successivo, oltre agli ingressi di Francesco Gallo (con le deleghe di Scattareggia) e Laura Tringali (al posto di Enzo Trimarchi) comporterà anche alcune rimodulazioni. Musolino e Mondello vengono ridimensionati, mentre Carlotta Previti diventa vice sindaco.

#Nellostaisereno

Il 31 luglio c’è il flash mob pro ponte, sebbene l’opera finisca per tornare protagonista nei mesi successivi con il Recovery Fund. Il 17 agosto De Luca a Santa Teresa di Riva lancia l’ipotesi della candidatura alla presidenza della Regione (il 30 dicembre, in conferenza stampa a Palazzo Zanca dirà invece che resta sindaco per 10 anni “caro Nello stai sereno”).

Hotspot: scontro Sicilia-Roma

In estate la polemica è sui 600 mila euro che la Regione liquida a Dolce e Gabbana per un video promozionale della Sicilia. Sugli hotspot la temperatura si alza tra Musumeci e il governo nazionale. Il presidente firma l’ordinanza di chiusura degli hotspot e invia gli ispettori, lamentando per giorni e giorni una carente politica sui problemi di gestione delle strutture, soprattutto in pieno covid. Il governo impugna il provvedimento dinnanzi al Tar che accoglie il ricorso e annulla l’ordinanza. Ma le frizioni restano al punto che il 4 settembre anche il M5S siciliano, di fronte a palesi criticità degli hotspot, scrivono al premier Conte chiedendo di rivedere anche il ruolo della ministra Lamorgese.

La protesta di Villafranca

Intanto a Messina, sempre a proposito di migranti, il nuovo bando di gara per la struttura destinata all’accoglienza vede la proposta del Parco degli Ulivi di Villafranca. Poche ore dopo, il 2 settembre, il sindaco e la giunta di Villafranca, insieme ai consiglieri protestano contro la scelta del sito (il Parco degli ulivi poi ritirerà la proposta).

Sicilia: flop del click day

Il 27 settembre nuova ordinanza di Musumeci in versione autunnale. Nel frattempo sul Ponte, tornato in auge con il Recovery fund entrano in scena anche il tunnel di Cancelleri (sposato anche da Conte) e la sfortunata frase della ministra De Micheli sulla pista ciclabile (che le costa la frecciata del collega di governo Provenzano). In Sicilia il flop del click day è annunciato ed è anche fragoroso perché riguarda le misure di sostegno per migliaia di micro, piccole e medie imprese.

Referendum Montemare

Messina intanto si appassiona alla polemica sul gazebo di Miscela d’oro ex Billè a Piazza Cairoli ed al Referendum per il Comune Montemare fissato, dopo 10 anni di discussioni e ricorsi, al 13 dicembre. A ottobre finalmente arriva la data ufficiale, quella del 13 dicembre, ma slitterà ancora dopo le nuove chiusure (si terrà nel 2021 sebbene ancora non si possa capire quando).

Le dirette del venerdì

Con l’arrivo della seconda ondata Cateno De Luca cambia e da sceriffo, almeno ad ottobre, si mette al fianco degli imprenditori e degli esercenti (salvo poi emanare i provvedimenti della zona fucsia con una clamorosa retromarcia). Ricomincia le dirette facebook che per fortuna non sono più quotidiane ma si tengono solo il venerdì. La seconda ondata cambia anche il clima in città e si crea un’atmosfera da caccia agli untori, come il dipendente del Comune costretto a rivolgersi il 17 ottobre ad un’avvocata per tutelare la sua immagine.

Protestano gli esercenti

Il 25 ottobre De Luca si prende la scena della protesta degli imprenditori proclamata dalle associazioni di categoria e dichiara “arrestateci tutti non chiudiamo”, guida il corteo fino dalla prefetta e promette che sosterrà le imprese e contesta il coprifuoco di Musumeci alle 22. Nelle settimane successive sarà proprio lui invece ad anticipare il coprifuoco alle 19. Il 28 ottobre Musumeci prova ad ottenere qualche deroga ma non otterrà nulla. Intanto protestano tutte le categorie penalizzate dai nuovi Dpcm, dai ristoratori agli organizzatori di eventi, dalle scuole di danza ai wedding planner.

Scontri su scuole e Asp

Il 31 ottobre tornano gli scontri a Palazzo Zanca sulle ordinanze per la chiusura di tutte le scuole (comprese materne elementari e medie). E la questione riguarda anche lo scontro con l’Asp che ha difficoltà palesi nella gestione della seconda ondata. Il numero dei tamponi infatti si è moltiplicato, la struttura non è mai stata potenziata e quelle che erano crepe a marzo diventano voragini a novembre.

5 novembre: Sicilia arancione

Mentre la legge speciale sul risanamento, che sarebbe dovuta finalmente passare entro novembre, resta al palo e il Ponte s’infrange nelle 500 sfumature di Pd, il 5 novembre la Sicilia rientra tra le zone arancioni. La decisione scatena le polemiche e le proteste dello stesso Musumeci. La divisione delle Regioni per colori susciterà malcontento un po’ ovunque. La Sicilia si sente penalizzata, scoppiano poi polemiche tra chi dà ragione a chi ci vuole arancioni e chi sostiene che ci sia stata una discriminazione.

21 novembre: Messina zona fucsia

Il 21 novembre però De Luca esce dal cilindro un’ordinanza delle sue e trasforma Messina in una zona ibrida, la cosiddetta zona fucsia, con coprifuoco per tutti alle 19, divieto di asporto, chiusura anche per gli studi professionali, divieto di passeggio ma anche un contestuale divieto di permanenza. Mentre si scatenano reazioni, esposti, proteste e gli imprenditori esercenti s’arrabbiano, le redazioni vengono sommerse da segnalazioni dei cittadini.

Sicilia gialla

Ci sono i postivi in casa che aspettano tamponi da 20 giorni, gente che chiama l’Asp per giorni e giorni, ritardi, silenzi, mail senza risposte, scuole nel caos, file interminabili per i tamponi, tracciamenti impossibili e casi al limite della fantascienza. Per non parlare del caos rifiuti dei postivi in quarantena. A livello regionale l’assessore Razza finisce sulla graticola per la mozione di sfiducia presentata da Pd e 5stelle per il caso della Sicilia arancione. La sfiducia non passa e nel frattempo l’isola diventa gialla. La sfiducia va di pari passo con l’arrivo dei Nas e degli ispettori del ministro Speranza che però a quanto pare trovano tutto a posto.

La Paglia nel mirino

A Messina intanto da ottobre finisce nel mirino il dg dell’Asp 5 Paolo La Paglia. In tema di sanità a dicembre il deputato regionale Tommaso Calderone presenta un ddl su accorpamenti-puzzle di ospedali e fa ricordare a tutti che ci sono ancora 91 milioni destinati all’Irccs Piemonte che però non si sa a che punto sia l’iter. L’8 dicembre il Ponte è fuori dal recovery (ma anche il resto delle infrastrutture per l’isola). Nella bozza, che fa arrabbiare lo stesso Renzi, per la Sicilia c’è poco o nulla di veramente strategico. Il sindaco vara la Family card della seconda ondata e i sostegni per le PMI.

De Luca sotto il balcone

Ma il pallino fisso resta La Paglia anche per via di un progressivo peggioramento della gestione dell’emergenza. Così arriva a fare una diretta facebook nel viale San Martino sotto il balcone carico di rifiuti della signora Irene Antonuccio che da 20 giorni non riceveva risposte dall’Asp. Ogni giorno lancia messaggi anti-La Paglia all’assessore Razza, messaggi che si aggiungono alle polemiche, alle denunce della Uil e alle migliaia di segnalazioni dei cittadini.

La commissaria e la commissione

Così Razza nomina una commissaria straordinaria per l’emergenza (Marzia Furnari) ed una commissione ispettiva. Si crea un ufficio straordinario e sono in arrivo mezzi e personale (e una sede adeguata grazie ad un’intesa con l’Università). Il 23 De Luca fa una nuova diretta sotto l’Asp con un simbolico “avviso di sfratto” e presenta un esposto voluminoso sul caso Asp. Il 27 dicembre anche in Sicilia è il vaccino day. Primo a vaccinarsi è il primario del pronto soccorso del Civico di Palermo, mentre tra gli anziani delle Rsa conquista tutti la vecchina di 92 anni che dice “sono felice”.

30 dicembre

Il 30 De Luca, la commissaria Furnari, il capo di gabinetto dell’assessorato alla sanità Croce, l’ArisMe si ritrovano tutti a Giostra per l’avvio di uno screening a tappeto sulle zone da risanare (circa 8 mila tamponi). Clima disteso mentre la stagione di La Paglia con l’Asp sembra essere sul finire. Il 30 al Comune De Luca spiega “voglio fare il sindaco per due mandati” e aggiunge #Musumecistaisereno. Frase che, com’è noto, non ha buoni precedenti.