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L’elezione di Giovanna Spatari e la necessità di scrivere una nuova storia per UniMe

MESSINA – L’elezione di Giovanna Spatari come rettrice dell’Università di Messina rappresenta una novità significativa su più fronti. L’ordinaria di Medicina del lavoro, che al secondo turno ha ottenuto 624 voti contro i 555 dell’economista Michele Limosani, non solo è la prima donna a diventare rettrice nel sud d’Italia. Ha anche dedicato gli ultimi anni, come prorettrice con delega al Welfare e alle politiche di genere, a temi un tempo impensabili nell’Ateneo e nella società.

Presidente della Società italiana di medicina del lavoro, così si era espressa ai microfoni di Tempostretto: “Porterò la mia storia al servizio di UniMe, se sarò eletta. Non posso essere identificata come emanazione di un gruppo organizzato, seppure sia lieta che in tanti mi sostengano. Valorizzerò i risultati positivi di questi anni ma con il mio stile e il mio profilo personale. Le logiche del non fare prigionieri e della guerra di fazioni non mi appartengono”.

La sua storia significa anche che l’appoggio del rettore dimissionario Salvatore Cuzzocrea e del suo gruppo di riferimento, a partire dai prorettori, non dovrà essere un vincolo. E su questo la rettrice sarà attesa al varco, per inaugurare davvero una nuova storia. Spatari e l’alleato fondamentale (al secondo turno) Giovanni Moschella, già prorettore vicario, hanno promesso di saper discernere gli elementi positivi della gestione Cuzzocrea da quelli critici. Il tutto in una fase in cui le indagini sono in corso. In quest’ambito, il profilo della neo eletta garantisce un lavoro di squadra più marcato e senza tentazioni accentratrici.

“La comunità spaccata” e la necessità di superare le guerre di potere

Proprio per il suo profilo, Giovanna Spatari s’impegnerà per ricucire gli strappi relativi a “quella comunità accademica spaccata” di cui ha parlato il suo competitor. Con 69 voti di differenza e un risultato significativo, il direttore del Dipartimento di Economia, anche lui, non può essere etichettato solo come candidato dell’ex rettore Pietro Navarra.

L’Università di Messina – e Spatari, Moschella e Limosani ne sono consapevoli – ha bisogno di un passo in avanti nella progettualità, nell’idea di città universitaria, nei servizi per gli studenti e nella qualità della didattica. E non ha, di certo, bisogno di riproporre per sempre la contrapposizione tra il gruppo Cuzzocrea e il gruppo Navarra, con veleni annessi. Dalla rettrice e i nuovi prorettori a Moschella e Limosani e il Senato accademico, tutti dovranno lavorare per affermare una nuova idea di comunità accademica, dove il conflitto (sano) sia quello delle idee. E non della logica dell’appartenenza.

Spatari, Limosani e al primo turno Moschella (125 preferenze) sono stati votati da un mondo variegato e le istanze di cambiamento erano distribuite. E non appannaggio di una sola parte. Va dato atto al professore Limosani di aver posto dei temi, legati alla discontinuità e alla condivisione, essenziali per poter appianare alcune divisioni. Ma anche Spatari ha ricevuto una parte di consensi provenienti da figure critiche che, nel passato, si erano distinte nel movimento dei ricercatori contro le politiche governative in materia universitaria.

La discontinuità e il tema del rilancio dell’Università pubblica nel sud d’Italia

Sulla necessità d’inserire elementi di discontinuità anche le parole del terzo in classifica, e poi alleato della neo rettrice, il costituzionalista Moschella, sono state chiare: “Riconosco quello che di buono è stato realizzato in oltre cinque anni di rettorato. Ma, nello stesso tempo, c’è una distinzione rispetto a un metodo che si è affermato all’interno dell’Università. Quello della contrapposizione, dello scontro. E che induce purtroppo buona parte dei colleghi a doversi schierare in un senso o nell’altro. Io credo che questo non sia positivo per l’Università. Il professore Cuzzocrea avrà modo di fugare i dubbi sul suo operato”.

E ancora: “Al tempo stesso, devo dire che non apprezzo questo modo a volte strumentale di utilizzare determinate vicende ai fini elettorali. Bisogna avere la capacità di rivedere alcuni aspetti all’interno dell’organizzazione del governo dell’Ateneo. Soprattutto penso a una più netta distinzione tra l’attività degli organi di governo e l’apparato amministrativo. E ho lasciato la governance (si è dimesso da prorettore vicario nel settembre 2023, n.d.r.) anche per una mancanza di collegialità nelle scelte strategiche. In più, gli altri soggetti istituzionali, come i Dipartimenti, vanno coinvolti di più nei processi decisionali. Il dialogo e la partecipazione potranno essere un freno alle distorsioni che possono determinarsi nella gestione dell’amministrazione universitaria”.

“In questa campagna elettorale si è troppo parlato del passato e poco del futuro. Siamo un’Università pubblica e del sud d’Italia, con tutte le difficoltà del momento storico. Su questo dobbiamo lavorare”. Durante la diretta di Tempostretto, il costituzionalista Antonio Saitta ha toccato un tema centrale: il Meridione e tutto ciò che è pubblico, pensiamo alla sanità, sono da anni sotto attacco delle politiche liberiste. Su questo, su come ridare centralità a un’Università che deve essere proiettata nel territorio e, in chiave internazionale, nel Mediterraneo, si dovrà concentrare molto del lavoro della nuova squadra di governo guidata da Giovanna Spatari.

Il Policlinico universitario, gli alloggi degli studenti e l’equità sociale, il futuro dei ricercatori a tempo determinato sono altri questioni centrali che chi governa dovrà affrontare in tempi brevissimi. Chiuso il capitolo dei lavori realizzati con il Pnrr e del piano d’investimenti, l’Università di Messina si giocherà il suo futuro e la possibilità di un rilancio. Per di più, in un territorio e in una provincia da rianimare, e qui entra in gioco la politica, in termini d’occupazione e crisi sociale.

Non spetta all’Ateneo risollevare le sorti economiche e produttive di Messina e provincia. Ma anche da uno scambio più fecondo tra il territorio e l’Università, tra imprese e ricerca, in un’ottica di collaborazione fra le istituzioni, può nascere una nuova identità per una città in cerca di una luce. Una luce, e un progetto, in fondo al tunnel della crisi. Non è un compito di poco conto.