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Messina in crisi: se non si affronta il disagio sociale si affonda

MESSINA – Immaginate una città dove ogni anno duemila persone vanno via alla ricerca di un lavoro o di un altro luogo dove studiare. Ma sono di più a scappare perché molti, pur emigrando, mantengono la residenza d’origine in una fase iniziale. Nell’ultimo decennio, la fuga ha riguardato circa 35mila persone, nella fascia d’età 18-39 anni. Immaginate un tasso di denatalità notevole e un aumento costante dell’invecchiamento della popolazione.

Immaginate una realtà in cui, compreso il territorio della Città metropolitana, da aprile a giugno hanno chiuso 1768 imprese. E non basta: circa tremila famiglie senza più reddito di cittadinanza, in un contesto nel quale latita l’alternativa in termini d’occupazione. E, dove ci sono, come ricorda il Sindacato unitario nazionale inquilini assegnatari, “ventimila case vuote in città, mentre migliaia di famiglie, almeno tremila, sono in cerca di abitazione”.

Non c’è molto da immaginare perché questa città, e questo territorio metropolitano, è Messina. Come ricorda la Cgil, il tasso di occupazione femminile è del 24,2% contro la media nazionale del 37,7%. Il tasso di disoccupazione complessivo è del 21,5% rispetto a una media nazionale dell’8,2%. Il tasso di disoccupazione giovanile, nella fascia 15-34, del 32%. Senza dimenticare i giovani che non lavorano, non studiano, non sono in fomazione e non cercano occupazione: i cosiddetti “Neet”. In Sicilia addirittura il 40 per cento.

Lo ricordava pochi giorni fa Antonio Currò, segretario dell’Unione inquilini, commentando l’ennesimo rinvio di uno sfratto: “Il Comune manca di una strategia nell’affrontare lo tsunami sociale degli sfratti e degli sgomberi, che aumentano in un terreno nel quale si è carenti di politiche abitative. Tutto ciò va invece trattato alla stregua degli altri servizi per i cittadini, come elemento essenziale. Da tempo il sindaco ci deve dare risposte sugli abitanti di via Padova e su quelli delle cosiddette case fantasma a Zafferia. Non bastano gli interventi che ha fatto in alcuni casi. Servono un’azione costante e un progetto”.

Dall’occupazione che non c’è al degrado del territorio e al dramma di chi si trova adesso senza reddito di cittadinanza, e senza vie d’uscita lavorative, l’amministrazione comunale deve avviare un tavolo permanente. Un tavolo, ma di quelli operativi, con governi e parlamentari nazionali e regionali. Serve un piano strategico che tenga insieme tutto: dalla disoccupazione agli incentivi alle imprese; dal problema casa all’emarginazione sociale di quote crescenti di persone.

Non sono emergenze. Sono elementi strutturali di una società che non funziona. A che cosa serve la politica se non a cambiare le cose? E occorre, a tutti i livelli, una visione. Una visione politica, che non si compra al calciomercato. Il tempo passa e la crisi è profondissima.