di Marco Olivieri, ha collaborato Giuseppe Fontana
MESSINA – La Messina che vorrei. All’albero di Natale si sostituisce ora l’uovo di Pasqua ma la sostanza non cambia. Che città vorremmo noi messinesi? Quale idea di città? E cosa muove i nostri desideri e le nostre speranze rispetto a un territorio così problematico? Tanti i temi che investono Messina: l’acqua 24 ore su 24, il ponte, i parcheggi, le Zone a traffico limitato, la mobilità sostenibile e, su tutto, il tema dei temi. Il cuore dei problemi: come creare lavoro in questa terra desolata?
Se si guarda allo specchio, Messina si scopre incerta, fragile, piena di contraddizioni. Con un occhio al passato, alla nostalgia che spesso frega e impedisce di guardare in modo dinamico al presente e al futuro. Ma, nello stesso tempo, c’è una Messina da scoprire: quella dei tanti talenti che, lavorando qui o altrove, sono pronti a offrire un contributo per il proprio territorio. Per questo, serve un’organizzazione di città che consenta di fare un salto di qualità in termini d’innovazione, di cambiamento. E l’incognita I-hub, con la sinergia Comune-Università, potrebbe rappresentare un modello adeguato se i contenuti saranno quelli giusti. Un polo tecnologico con un ruolo più centrale del mondo universitario nel territorio.
Tuttavia, il ponte e la complicata transizione verso un nuovo modello nel campo della mobilità – tra parcheggi da sfruttare, strade spesso intasate e un servizio pubblico da potenziare ancora di più – rappresentano dei notevoli punti interrogativi. In una realtà, va ricordato, dove domina l’incertezza su tempi e compimento di tantissime opere.
In questo quadro, Messina e la sua provincia si salveranno se s’affronterà un altro elemento decisivo e da tempo negletto, perduta in parte l’occasione del Pnrr: la questione meridionale. Il sud va riconsiderato in un’ottica nazionale ed europea: dalle infrastrutture e i servizi all’occupazione. Ma serve la politica, quella vera.
Di conseguenza, o si prende di petto la questione sociale o il sud e la città metropolitana di Messina affonderanno. Un lavoro precario e povero, sacche notevoli d’emarginazione, l’altissima disoccupazione femminile nel territorio messinese e i più alti tassi dei cosiddetti neet tra i 15 e i 29 anni. Ovvero coloro che non studiano e non lavorano. Sono solo degli esempi, con l’abolizione del reddito di cittadinanza che favorisce il lavoro nero e mette ai margini tante persone. Molti sopra i 50.
Lo abbiamo scritto in questi giorni. Partiamo da queste situazioni, sapendo che, allo stato attuale, le attività industriali, commerciali e nei servizi sono asfittiche. Il numero vero che va invertito è quello dell’emigrazione economica. Finché questo dato sarà crescente, e il numero di pensionati s’innalzerà, la situazione reale sarà drammatica. Tutto il resto è superfluo. E, per poter sognare e progettare, abbiamo bisogno di un bagno di realtà come punto di partenza.
Nel frattempo, però, accogliamo con favore i segnali di vitalità e cerchiamo di valorizzare chi insegue nuove strade nel segno dell’innovazione. Come testata, cercheremo di farlo in misura sempre maggiore, con uno sguardo al futuro.
Ma, intanto, oggi, buona Pasqua a tutti, credenti e non, nel nome della nostra comune umanità. E auguri, Messina: ne hai bisogno.