Le riflessioni dell’arch. Giorgio Marchese: non sarebbe il caso di “revocare la revoca” della delibera dell’assessore Corvaja?
La delega alle cosiddette “strumentazioni urbanistiche”, o più semplicemente del governo del territorio, è da sempre una delle parti più importanti e delicate di una qualsiasi amministrazione locale, e più in particolare dell’assessorato, e dei subalterni uffici tecnici amministrativi, all’Urbanistica. Le trasformazioni incontrollate, e secondo alcuni incontrollabili, delle città
contemporanee rendono il compito del governo del suolo uno dei più difficili, se non forse il più complesso, in quanto in città e nel suo opposto (la campagna) si consuma la quasi totalità della vita umana e animale in genere (quest’ultima portatrice di altrettanto essenziali valori di cui l’uomo sembra oggi essere in perenne stato di amnesia).
In una città come Messina, per chi la studia da anni tentando di operare una impossibile sintesi tra almeno tre elementi (profondo spirito civico; ricerca scientifico-professionale e universitaria al tempo stesso e infine una presunta Libera Cittadinanza dello Stretto) i fenomeni che rimangono (ahinoi!) allo stato embrionale, o al massimo fetale di buoni intenti, o nel miglior caso splendidi, e a volte orribili ed a-topici, progetti costituiscono la stramaggioranza dei casi rispetto alle effettive realizzazioni. Al contrario di tutti i nostalgici di una Messina antiqua pre-terremoto, o comunque di una città che è stata, forse anche bella e ricca, ma che ormai non è più, ritengo (poiché ho ricercato insieme ad altri) che la produzione scientifico urbanistica e teorico progettuale di tutta l’Area dello Stretto sia assolutamente sproporzionata rispetto alla infinitamente piccola produzione delle realizzazioni delle stesse.
In poche righe ad una enorme, e qualitativamente alta, riflessione urbano-territoriale, soprattutto concentratasi tra gli anni ’60 e ’70, corrisponde una ugualmente piccola ed incredibilmente scarsa produzione di realizzazioni concrete, o come nel caso in questione, di adozione di pensieri, o Piani, benigni. Qual è allora il motivo per il quale un assessore, tra l’altro persona per bene e comunque preparata al di là del suo colore politico (poco importante come egli stesso afferma) che ha come incarico pubblico, e dunque civico e professionale al tempo stesso, quello di occuparsi, o almeno tentare a farlo, delle trasformazioni del territorio, presenta con enorme sforzo intellettuale un documento ufficiale (lo spirito scientifico che ha letto le linee guida per una possibile revisione del Prg assicura che molte delle idee non solo sono condivise e condivisibili dalla comunità ma anche frutto di un processo partecipativo di raccolta informazioni non indifferente), per poi dopo un giorno, per presunti e forse solo mediatici diverbi di partito o comunque politici, ritirarlo? (facendosi dare tra l’altro prendere in giro dai miopi o peggio ancora astigmatici media contemporanei).
I motivi che tra l’altro non spingono, ma impongono una inderogabile verifica dell’attuale Piano Regolatore Generale sono svariati; e ancora le necessità di una impostazione (non a caso non parlo di redazione) di un possibile nuovo strumento di governo del territorio, sono agli occhi di tutti; provo a sintetizzarli: scadenza imminente di determinati vincoli; scadenza dei vincoli preordinati all’esproprio già consumatasi; scadenza delle previsioni di Piano che, per chi non lo ricordasse, nasce nel 1993 (tra l’altro come tentativo fallito di recupero di un signor Piano Urbani degli anni .80); scadenza delle vecchie normative sismiche strutturali sostituite da nuovi metodi di calcolo e delle strutture e delle relative interazioni con il suolo (soprattutto per ciò che riguarda le zone ad alto rischio sismico); nuove normative relative al rischio idro-geologico (di cui Messina è stata ancora esempio di cronaca nera a livello nazionale); nuove normative relative alle aree incendiate o comunque a rischio; nuove normative ambientali (forse non ancora del tutto recepite dalle regioni a statuto speciale); nuovo Codice degli Appalti pubblici per forniture e servizi (non ancora del tutto recepito); nuovo Codice dei Beni culturali, inclusi quelli architettonici e paesaggistici (non ancora del tutto recepito); mutate condizioni demografiche e dunque differenti di richieste di cubatura ed espansione; nuove esigenze contemporanee di attuali strumentazioni urbanistiche (già sperimentate a livello nazionale e non ancora, per l’ennesima volta, recepite a livello locale, come la Perequazione Urbanistica).
Detto questo, che assicuro essere la sintesi di uno studio e un pensiero assai più complesso e articolato, ma allo stesso tempo semplice ed elementare, mi chiedo e mi auguro se non fosse il caso di “revocare nuovamente” la revoca delle linee guida dell’assessorato all’urbanistica? Non sarà forse quella di Corvaja una mossa strategica per fare passare attraverso i media un messaggio che per altre vie, più politicamente corrette, non sarebbe mai arrivato così dirompente? Non è comunque il momento di dare un incarico serio di ad esperti locali e non di capire cosa fare degli ultimi anni della nostra Città-Regione? Come sempre al Futuro la sentenza parziale e definitiva.
arch. Giorgio Marchese
