L'incontro, aperto al pubblico ed accreditato per la formazione permanente degli avvocati, avrà luogo Martedì 27 maggio 2014 a partire dalle 17:00, presso l’Aula Magna della Corte d’Appello di Messina.
Martedì 27 Maggio a partire dalle 17:00, la libreria Bonanzinga, in collaborazione con la scuola forense, ospiterà il giornalista e saggista Paolo Mieli, il quale presenterà il suo ultimo libro, “I conti con la storia”.
Il soggetto di questo libro avrebbe potuto essere quanto di più occasionale e sparpagliato, dal momento che Paolo Mieli ha qui raccolto una serie di interventi e saggi pubblicati negli ultimi anni sul Corriere della Sera, essenzialmente come recensioni di storici e opere di storici. Ma sia che effettivamente il mercato editoriale finisca per avere una sorta di intelligenza, sia che questa intelligenza gliela abbia data invece Mieli stesso prescegliendo un certo tipo di soggetti e tesi, il prodotto finale è stato tutt’altro che occasionale e sparpagliato, per descrivere invece un percorso preciso, e illuminato da una tesi che all’autore è sempre stata cara: cioè, che la Storia è un processo di riesame continuo, e che fare Storia significa fare revisione storica in modo automatico e sistematico. Per questo Mieli attacca con il dire che “il secolo delle febbri ideologiche e delle grandi passioni politiche ha inferto colpi esiziali al ruolo degli storici”. La presa di posizione dell’intellettuale ebreo Alain Finkielkraut in favore della beatificazione del cardinale Stepinac demonizzato dal regime titoista come filo-Ustascia, il ripensamento di Bobbio su Stalin distinto da Hitler nel 1986 e invece a lui associato nel 1997, le osservazioni di Emmanuel Kattan sulle marce degli orangisti dell’Irlanda del nord, la grazia di Pompidou al boia di Lione Paul Touvier, i dubbi espressi nel 1998 da Martin Walser sul richiamo costante ai crimini nazisti, un aneddoto di Richard Sennett su Talleyrand, Harold Pinter che votò per la Thatcher per poi chiedere l’impeachment di Blair sulla guerra in Iraq, le commissioni su repressione e terrorismo in Argentina e Perù, l’intemerata di Robert Hughes contro il politicamente corretto, Sartre indisturbato nella Parigi occupata dai tedeschi, l’antisemitismo di Roosevelt, le guerre degli ultimi vent’anni e le critiche di Tzvetan Todorov a una Corte penale internazionale che sembra agire solo contro tiranni africani sono i temi esemplari affrontati nell’Introduzione: in modo apparentemente disordinato, ma per mostrare al lettore la complessità delle questioni in gioco. Il libro di Luciano Canfora sulla “Guerra civile ateniese”, quello dell’israeliano Avishai Margalit sugli “sporchi compromessi” e quello di Manuel Cruz su “I brutti scherzi del passato” servono a esemplificare ulteriormente il problema dell’uso politico della memoria e dell’oblio. E poi seguono i tre grandi percorsi su memoria divisa, falsi e menzogne della storia, memoria italiana. Anche se poi forse il sottotitolo di quest’ultima, “storie e personaggi di un paese diviso”, tende a far passare come specificità nazionale quel che alla luce appunto di ciò che era stato esposto in precedenza appare piuttosto come conferma di un trend più generale. Scopriamo così ad esempio che la rivoluzione di Lutero fu casuale, che l’Inquisizione fu relativamente garantista ma anticipò l’intreccio tra politica e giustizia, che Calvino bruciava gli eretici, che Tocqueville era un colonialista. Il fascista Arpinati fu ucciso dai “rossi” dopo essere diventato antifascista, quel Pericle i cui discorsi erano letti da Travaglio in chiave anti berlusconiana era in realtà “modernamente immorale”, islamici e africani furono responsabili della tratta dei neri quanto e più ancora degli europei, quella di Spartaco non fu lotta di classe. Ci interroghiamo sulla scelta economica di Giuda e sulle contraddizioni di Costantino, apprendiamo dell’uso politico di Carlo Magno da Barbarossa a Hitler e del segreto di Primo Levi, conosciamo quel Roberto Bracco che rifiutò i soldi di Mussolini e quel Grieco che mise nei guai Gramsci con una lettera. Una morale? Forse se saremo capaci di fare finalmente i conti con la storia senza pregiudizi, saremo in grado di “ritrovare una base comune da cui avventurarci nella ricerca del passato”.
