Visita a due hotel della zona nord che ospitano gli sfollati per cercare di capire le difficoltà e le prospettive future di chi sta dall’altra parte del “bancone”
“Questa casa non è un albergo”, nel nostro caso “questo albergo non è una casa…” o almeno non dovrebbe esserlo.
Nell’attesa però la hall si è trasformata nella piazza del paese, i corridoi nei vicoli dove si giocava a pallone, lo spiazzale antistante l’ingresso in un’area di svago e divertimento. Le settimane passano e nelle strutture alberghiere che ospitano gli sfollati dell’alluvione di Messina, si cerca di ricreare un ambiente che sia il più possibile familiare, che permetta di rivivere quelle sensazioni di vita da comunità che sono state travolte dal fango della montagna. L’immagine sopra descritta si riferisce alla quotidianità di chi alloggia al “Capo Peloro Resort”, uno degli alberghi della zona nord, insieme al “Lido della Palme e alle “Dune Sport Village” (cui si aggiungono l’Hotel Europa e il Paradise ndr) che hanno accolto le tante famiglie costrette ad abbandonare le proprie abitazioni, anche solo per precauzione. A distanza di oltre un mese ci siamo recati in due di queste strutture, il “Capo Peloro Resort” appunto, e le “Dune”, per osservare la situazione sotto un altro punto di vista, quello degli albergatori, provando a raccontare il “back-office” del post-alluvione.
Capo Peloro Resort. La prima tappa è nella lussuosa struttura che domina via Circuito, nel villaggio di Torre Faro. Veniamo accolti dalla responsabile del ricevimento che ci invita a sedere in uno dei divanetti bianchi della hall, mentre un bambino circola con una macchinina radicomondata, ed un vecchietto, sostenendosi con il bastone, fa una passeggiata per sgranchirsi un po’ le gambe. La ragazza con cui parliamo, a lavoro sin dal primo giorno di emergenza, ci prospetta il quadro numerico della situazione: 143 sfollati, 20-25 tra bambini e ragazzi, il resto per lo più pensionati. 350 i pasti giornalieri preparati e serviti in uno dei due ristoranti interamente riservato alle famiglie di Messina sud. Leggermente anticipato l’orario della colazione, le sette anziché le sette e trenta, per venire incontro alle esigenze dei più piccoli che finalmente hanno fatto ritorno a scuola. Per chi rimane in hotel la giornata trascorre tra una chiacchiera e l’altra, leggendo il giornale, sbrigando faccende “domestiche”: un ambiente è stato infatti adibito a lavanderia, ogni nucleo familiare, munito di tessera, provvede al lavaggio dei propri indumenti secondo dei turni prestabiliti; il personale dell’albergo si occupa della pulizia e del riordino delle varie camere. Una stanza è invece organizzata come presidio medico (riferimento di tutte le strutture dalle 8 alle 20), un’altra ancora è il centro operativo della cooperativa sociale “Nuova presenza”, il cui personale si occupa di intrattenere bambini e ragazzi in giochi e momenti di svago e non solo.
“Dune Sport Village”. Ci spostiamo di qualche chilometro fino al villaggio vacanze di Casa Bianca. Ad accoglierci qui è Diego Vermiglio, direttore della struttura, a cui chiediamo un giudizio complessivo sulla situazione, soprattutto in prospettiva futura. Mentre parliamo ne approfittiamo per fare un giro tra i bungalow del villaggio, dove ancora si sente il profumo di quanto è stato cucinato a pranzo e dove si pensa già alla cena: «Serviamo all’incirca 600 pasti giornalieri, 300 a pranzo e altrettanti la sera, e 300 colazioni. Nel complesso non ci possiamo lamentare, sono tutte brave persone. E’ chiaro però che capita di notare qualcosa che non va, qualche comportamento un po’sopra le righe, o magari un pizzico di tensione dovuto alla convivenza “forzata”, soprattutto quando prevalgono malumori pregressi o antiche “ruggini” di -vicinato-. Per il resto direi che si trovano tutti abbastanza bene sia perché possono godere di spazi aperti, sia perché la struttura del villaggio di per sé permette di ricreare quel ambiente di comunità a loro decisamente familiare. Qui alloggiano 231 persone, solo 12 hanno deciso di andare via per prendere una casa in affitto, tutti gli altri hanno preferito rimanere perché soddisfatti del trattamento che gli viene riservato». Vermiglio ci conferma quanto stabilito nell’incontro tenutosi ieri al comune con il sindaco Buzzanca e il commissario per l’emergenza Lombardo sullo sblocco di 1 milione e 600 mila euro, e ribadisce che per il momento la situazione è ancora sostenibile. Ma dice bene, per il momento. Gli chiediamo piuttosto cosa si aspetta per i prossimi mesi, per rispondere poche ma concise parole: «Per noi la stagione lavorativa comincia verso la fine marzo o al massimo i primi di aprile, speriamo che entro quel termine si possa trovare un’adeguata e dignitosa soluzione per tutti».
Un’affermazione che ci aiuta nelle considerazioni finali e che prima ancora ci permette di ragionare su un aspetto di carattere puramente economico: per strutture come le Dune, aperte solo nella stagiona estiva, la presenza degli sfollati, non calcolando gli eventuali danni materiali a servizi o locali, oltre la normale -usura-, costituisce un ritorno economico discretamente positivo: si calcola infatti che il costo soggiorno per ciascuna persona possa aggirarsi intorno ai 50-55 euro. La cosa potrebbe però assumere una piega diversa nel caso in cui la permanenza degli sfollati dovesse protrarsi fino all’inizio della stagione lavorativa, come detto da Vermiglio da marzo in poi, quando cioè i prezzi di vitto e alloggio sono nettamente superiori ai 55 euro considerati finora, ponendo lo sguardo verso l’alta stagione.
Discorso ancora diverso per le strutture come il Capo Peloro Resort: immaginate per all’organizzazione di cerimonie, serate da ballo, congressi. Tutti appuntamenti che in alcuni casi è già stato necessario disdire. Ad influire in questo caso sono soprattutto le abitudini, di certo non condannabili, di chi giocoforza ha fatto dell’hotel una seconda casa e i cui atteggiamenti sono dunque quelli che normalmente verrebbero adottati tra le mura domestiche: c’è chi circola in vestaglia e ciabatte, chi urla, chi litiga, chi discute con il vicino. Ma c’è anche chi, e in questo caso non c’è giustificazione, si sente autorizzato a comportarsi come non dovrebbe sol perché quella dopotutto rimane una camera d’albergo e non la propria casa. Ciò mentre l’hotel rimane frequentato anche da -normali- clienti.
Ad ogni modo tra i pro o e i contro, queste strutture, rispetto ad altre che non si sono messe a disposizione per l’emergenza (per impossibilità materiale o per scelta), dovranno ancora stringere i -denti- insieme ai loro ospiti, in attesa di una soluzione definitiva.
Elena De Pasquale
