Confermato il lavoro "minuzioso e dettagliato" di Antonio Mazzeo sugli interessi di Saro Cattafi
MESSINA – Viene confermata anche in appello l’assoluzione dal reato di diffamazione per i giornalisti di Antimafiaduemila, autori dell’inchiesta sulle attività della Dibeca e degli interessi di Rosario Cattafi, pubblicati sui due blog on line tra il settembre e il novembre 2009.
La sentenza
La II sezione civile della Corte d’Appello di Messina (presidente Minutoli) ha rigettato l’appello che la società Dibeca s.a.s. (difesa dall’avv. Chiara Mostaccio), presentato contro la sentenza con la quale il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto nel 2022 aveva rigettato la richiesta al pagamento dei danni avanzata dagli architetti Mario e Santino Nastasi e Giovanni Cattafi, oltre che dalla stessa Dibeca nei confronti dei giornalisti Antonio Mazzeo (nella foto), Antonello Mangano, Peppino Restifo, Enrico Di Giacomo, Giorgio Bongiovanni, Aldo Romaro e di Emanuele Scimone. Il verdetto di I grado aveva definito l’inchiesta “frutto di un lavoro di ricerca minuzioso e dettagliato”.
Nessuna diffamazione
Non c’e’ stata alcuna diffamazione, dunque, negli articoli pubblicati tra settembre e novembre del 2009 sui siti Antimafiaduemila ed Enricodigiacomo.org dedicati all’affare del Parco commerciale di Barcellona Pozzo di Gotto e, in particolare, al ruolo ricoperto dalla società DiBeca e dalla famiglia legata all’imprenditore Rosario Pio Cattafi, condannato con sentenza definitiva del 16 maggio 2023, a 6 anni di carcere per associazione di stampo mafioso. Gli articoli contestati, con ‘focus’ rivolto “al business dei centri commerciali” in odore di Mafia, erano già stati considerati, nella sentenza di primo grado, dalla giudice Di Giovanni, frutto di “un lavoro di ricerca delle fonti minuzioso e dettagliato, sintomatico dell’interesse a richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica su fatti ed avvenimenti socialmente rilevanti”.
Irrilevante non essere iscritti all’Albo
Deve ritenersi “irrilevante la mancanza di iscrizione all’albo dei giornalisti da parte del Mazzeo, autore degli articoli – sottolineano in un passaggio significativo i giudici – atteso che la diffamazione a mezzo stampa e le relative esimenti possono configurarsi in tutte le ipotesi di pubblicazione di un articolo, a prescindere dalla qualifica dell’autore dello stesso nonché, per altro verso, le dedotta segretezza degli atti e dei provvedimenti citati da Mazzeo nei suoi articoli, potendo il giornalista avvalersi anche di fonti riservate”.
Giornalismo d’inchiesta
“Nel caso preso in esame”, scrive la giudice estensore Maria Luisa Tortorella, “gli articoli contestati rientrano, come correttamente ritenuto dai giudici di primo grado, nel filone del cosiddetto giornalismo d’inchiesta, atteso l’interesse pubblico alla notizia, riguardante la realizzazione di un grande parco commerciale nel comune di Barcellona Pg che Antonio Mazzeo ha collegato all’indagine svolta dalla commissione prefettizia sulla presenza di infiltrazioni mafiose nell’amministrazione comunale ed alla segnalazione, emersa da tale relazione, di un contratto stipulato dal comune di Barcellona con la società odierna appellante, i cui soci sono legati da rapporti di parentela con l’avv. Rosario Pio Cattafi, soggetto coinvolto in numerose vicende giudiziari. I rapporti di parentela tra i soci della Dibeca s.a.s. e l’avv. Cattafi sono un fatto certo, sicché sul punto il Mazzeo ha solo riferito l’evoluzione della compagine societaria, oggettivamente verificabile; originariamente, infatti, socio della Dibeca era anche l’avv. Cattafi e attualmente sono soci Alessandro Cattafi, Maria Cattafi e Nicoletta Di Benedetto, rispettivamente figlio, sorella e madre di Rosario Pio Cattafi”.
