Omicidio Rottino, ergastolo anche per il boss Fumia

Reggono al processo le accuse nei confronti di Enrico Fumia, il pregiudicato organico al clan di Mazzarrà Sant'Andrea, arricchitosi con le estorsioni ai vivai e al business discarica. La Corte d'Assise ha emesso stasera il verdetto, condannandolo all'ergastolo, come richiesto alla scorsa udienza dal Pubblico Ministero Francesco Massara.

Anche Fumia, secondo i pentiti, avrebbe avuto un ruolo decisivo nell’omicidio di Antonino “Ninì” Rottino, ucciso nell’agosto del 2006, a Mazzarrà Sant’Andrea. Rottino pagò con la vita la vicinanza perché ritenuto dalle al boss Carmelo Bisognano, di cui rappresentava il luogotenente, a cui il boss in ascesa Tindaro Calabrese ed i suoi facevano la guerra.

Ad accusarlo sono stati i collaboratori di giustizia Carmelo Bisognano, Santo Gullo, Carmelo D’Amico e Nunziato Siracusa. Per l’omicidio di Antonino Rottino è già stato ritenuto colpevole Aldo Nicola Munafò che si è visto confermare la pena dell’ergastolo in Cassazione, nell’ambito del processo Vivaio. Per Fumia, invece, i sostituti della DDA avevano dapprima richiesto l’archiviazione perché non ritenevano sufficienti e convergenti le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia ma il Giudice per l'udienza preliminare chiese la formulazione dell’accusa e il rinvio a giudizio.

L’esecuzione dell’agosto 2006 fu un segnale per il boss Bisognano. Il movente sembra sia da ricercarsi nel fatto che la vittima era rimasta fedele alla vecchia linea. L’omicidio Rottino sarebbe stato deciso in un’officina di Barcellona: la conversazione venne intercettata dalle cimici dei carabinieri.

Ha difeso l'avvocato Tino Celi.

Alessandra Serio