Cronaca

Operazione “Blanco”, il collegio difensivo chiede la revoca dell’arresto di Paolo Nirta

REGGIO CALABRIA – «Giuseppe Mazzeo, i Castorino, Maurizio Savoca? Mai visti, non so chi siano. E l’uomo di cui parlano nelle conversazioni intercettate non sono io».

Stamattina, in sede d’interrogatorio di garanzia, ha smentito innanzitutto la propria identificazione all’esito delle conversazioni ambientali e telefoniche captate il 45enne Paolo Nirta, detenuto nel carcere di Palmi e fra le 16 persone arrestate (13 sono in cella, 3 ai domiciliari) coinvolte nell’operazione Blanco coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Messina.

Un blitz legato all’intenso traffico di stupefacente dalla Locride in direzione Nebrodi, con ingenti cessioni di cocaina in particolare a favore dei clan tortoriciani, che ha visto il gip disporre anche l’obbligo di firma a carico di due ulteriori indagati.

Chi è Paolo Nirta

Nirta – difeso dall’avvocato palmese Davide Vigna e dal collega sidernese Antonio Sotira –, è considerato dagli investigatori il reggente del clan Nirta-Strangio di San Luca, dopo l’arresto di altri fondamentali membri del clan tra i quali i fratelli Giovanni e Gianluca, ed il cognato di Giovanni Strangio, coinvolto nel terribile eccidio di Duisburg in cui, il 14 agosto del 2007, rimasero uccise 6 persone riconducibili al clan ‘rivale’ Pelle-Vottari.

Nuovamente arrestato nel 2018, dopo 9 mesi dietro le sbarre nel penitenziario di Secondigliano, fino al blitz Blanco Paolo Nirta era ininterrottamente rimasto ai domiciliari nella sua abitazione sanluchese, dove stava scontando una condanna definitiva a 5 anni e 6 mesi per reati di droga (era stato arrestato dai Carabinieri della stazione di Bovalino con oltre mezzo chilogrammo di cocaina).

Condizioni «inconciliabili»

Paolo Nirta, arrestato nell’operazione “Blanco”

Intanto stamattina davanti al giudice per le indagini preliminari di Messina Maria Militello, nel corso di un interrogatorio durato circa 20 minuti, Nirta ha risposto alle domande e ha rispedito al mittente’ ogni addebito, in particolare l’accusa di essere il fornitore di grosse partite di coca ai siciliani.

Ha spiegato in sostanza che, visto che era ai domiciliari, con almeno 7-8 meticolose perquisizioni domiciliari e nelle pertinenze dell’abitazione, sarebbero stati materialmente impossibili gli spostamenti cui si fa riferimento nell’ordinanza di custodia cautelare.


Di più: anche l’ipotesi – ricavata da affermazioni de relato, in cui altri indagati parlano di queste circostanze tra di loro – che Nirta fosse stato impossibilitato a consegnare un’importante ‘partita’ di stupefacente in quanto in ospedale a Messina per assistere il suocero ultraottantenne Domenico Strangio sarebbe destituita di fondamento. I domiciliari non gli avrebbero consentito di recarsi nella città peloritana salva autorizzazione da lui però mai richiesta, come documentato dai difensori.

Situazione dolorosa

Il tutto, ha evidenziato Nirta, in un quadro per lui molto difficile a livello personale e familiare: le uniche autorizzazioni richieste – e concesse dall’Autorità giudiziaria, peraltro – hanno infatti riguardato la possibilità di vicinanza e assistenza alla moglie, protagonista di una gravidanza difficile che, per una singolare e dolorosa coincidenza, vede peraltro il parto programmato giusto nei prossimi giorni.

Non la prima sofferenza personale e familiare che tocca direttamente Paolo Nirta che anni fa, forse per un’individuale fragilità emotiva, forse perché “schiacciato” dall’opprimente cappa criminosa dell’ambiente in cui era vissuto, tentò anche di uccidersi.

…Scambio di persona?

Peraltro Nirta, rispondendo “in remoto” da Palmi alle domande del giudice per le indagini preliminari messinese Militello, prima d’ogni altra questione ha voluto smentire seccamente d’essere lui l’interlocutore – peraltro mai espressamente nominato in alcuna delle conversazioni captate – che avrebbe dialogato rigorosamente via messaggistica istantanea con gli acquirenti peloritani delle varie ‘partite’ di cocaina (anche tre chilogrammi in una sola compravendita).

E questo per una lunga serie di motivi, ha affermato l’indagato.
Il principale, però, riguarda le contraddizioni circa la sua ‘esatta identificazione’ che risulterebbero già evidenti in ordinanza.

Conversando tra loro, infatti, il 10 giugno dell’anno scorso Mazzeo, Savoca e Graziano Castorino fanno riferimento a chi viene identificato da investigatori e giudice per le indagini preliminari in Paolo Nirta. In realtà però Maurizio Savoca, riferendosi alla strage in Nord Rheno-Westfalia, chiede se ‘lui’, cioè il non meglio identificato fornitore fisso di ‘neve’, sia il «figlio di Domenico», riferendosi forse al suocero – e non padre – Domenico Strangio, non riuscendo peraltro ad attribuire all’anziano genitore un cognome, un’età precisa («ha 80 anni… 84»).
Inesattezze analoghe, nel corso delle conversazioni captate e adoperate nelle 165 pagine dell’ordinanza per supportare la misura cautelare disposta nei suoi confronti, riguardano il numero e il sesso degli altri componenti della sua famiglia d’origine: i Nirta Versu – quelli del capostipite Peppe ‘u Guardianu -, come li si usa identificare per non confondere questo ramo della ‘famiglia’ sanluchese coi Nirta la Maggiore o Scalzone.

Ancora, l’ordinanza di custodia cautelare fa riferimento a un 21enne nipote che avrebbe frequentato locali messinesi in cui avrebbe stretto amicizia con alcuni degli indagati nell’operazione Blanco, amerebbe utilizzare vestiti firmati costosissimi e per festeggiare i suoi diciott’anni avrebbe voluto un’esibizione canora del quotato interprete neomelodico Niko Pandetta. «Ma io conduco una vita più che ritirata da anni e nessun mio parente ha mai frequentato locali o avuto feste di compleanno distinte da questo sfarzo», ha protestato vibratamente Paolo Nirta.

Alla luce di tutto questo e di altre circostanze ancora, Nirta ha obiettato a chiare lettere: «Io non ho mai conosciuto, mai visto nessuno degli altri indagati. La persona di cui parlano fra loro alcuni dei miei coindagati, di sicuro, non sono io».
Un’ipotesi a suo dire avvalorata da un frangente ben noto: «San Luca ha poche centinaia d’abitanti e in qualche modo tutte imparentate tra loro», sicché un caso d’omonimia o comunque di ‘scambio di persona’ si sarebbe ben potuto verificare.

Chiesta la revoca della custodia cautelare

Per questa serie di ragioni, gli avvocati Vigna e Sotira hanno anticipato ai sostituti procuratori messinesi Antonella Fradà e Liliana Todaro il deposito d’istanza di revoca della misura della custodia cautelare in carcere a carico di Nirta, successivamente depositata con relativa documentazione a suffragio.

Il loro assistito non ha comunque indicato – neppure in via di mera ipotesi – un nome, una persona per la quale concretamente potrebbe essere stata ‘scambiato’ dagli altri indagati dell’operazione Blanco.