Processo per la banda che sequestro’ il gioielliere di Letojanni e svaligiò il negozio

Si avvicina la sentenza per i componenti della banda che il 30 dicembre scorso aveva fatto irruzione a casa del più noto gioielliere di Leojanni, Celi, facendosi consegnare le chiavi del negozio, poi svaligiato per oltre 60 mila euro di refurtiva in preziosi e bigiotteria di lusso. Il sostituto procuratore di Messina, Alessia Giorgianni, ha chiesto il giudizio immediato per i due fratelli di Taormina, Andrea e Luca Lo Turco, bloccati a Mazzarrò con parte dei gioielli, e la “mente” del colpo, il pregiudicato Antonio Ferrara, milazzese trapiantato a Letojanni. Stessa richiesta per i sei complici di Randazzo, che invece hanno scelto di patteggiare e saranno processati a inizio dicembre dal gup Daniela Urbani.

I tre “messinesi”, difesi dall’avvocato Giovanni Villari, hanno invece chiesto di essere giudicati col rito abbreviato ed è stata fissata l’udienza preliminare, che sarà celebrata il 17 dicembre prossimo dal Gup Maria Teresa Arena.

Erano stati i Lo Turco a confessare, subito dopo il fermo. Le analisi dei Ris dei Carabinieri sulle impronte trovate a casa della vittima e sulla pistola 7,65 recuperata a casa di Ferrara, le intercettazioni telefoniche ed i controlli a tappeto nei compro oro del catanese dove la refurtiva era stata ricettata hanno permesso ai militari di comporre l’intero quadro. I lo Turco, difesi dall’avvocato Giovanni Villari, avrebbero agito da basisti. In casa di Ferrara, considerato la mente del colpo, erano stati sequestrati l’arma, un passamontagna e un sacco adoperato per portare via la refurtiva, che comprendeva anche due preziose pistole d’argento. L’uomo ha pesanti precedenti, tra i quali il coinvolgimento in un omicidio.

Le due armi in materiale prezioso, invece, avevano offerto lo spunto ai Carabinieri per battezzare il blitz con gli arresti, denominato appunto “Pistole d’argento”