Fine d’anno per i corsi di formazione

Fine d’anno per i corsi di formazione

Fine d’anno per i corsi di formazione

mercoledì 23 Dicembre 2009 - 14:28

Sono finiti in questi giorni i corsi di formazione della Regione Sicilia per l’anno in corso. Un anno difficile, travagliato, con l’intero settore sovente al centro dell’attenzione degli organi di informazione a causa delle perplessità del governo regionale nell’inserimento in bilancio delle somme necessarie per il loro regolare svolgimento. Sulla scia delle polemiche, con il Governatore Raffaele Lombardo che esternava apertamente i suoi dubbi sulla loro efficacia, un susseguirsi di accertamenti e di ispezioni.

Invero, almeno nel caso di alcune realtà da tempo formate e stabilizzate, come l’E.C.A.P. di Messina ad esempio, i corsi si sono svolti con grande regolarità, con l’integrale svolgimento della programmazione prevista (ivi compresi gli stage applicativi) e con conseguente utilità per l’utenza. Ciò detto, non tutte le perplessità di Lombardo appaiono irrilevanti e, perciò, meritano un approfondimento in vista del prossimo anno che si affaccia.

I corsi di formazione sono certamente il giusto anello di collegamento fra il mondo dell’istruzione ed il mondo del lavoro. Essi si trovano a svolgere una funzione fondamentale per così dire “di primo impatto” nell’accoglienza nel mondo del lavoro di chi ha completato l’iter degli studi. Sappiamo tutti che, per il giovane che cerca lavoro per la prima volta, rappresenta sovente un ostacolo insormontabile non avere la risposta giusta alla domanda «Quali esperienze ha già maturato?». E’ un cane che si morde la coda : non si viene presi in considerazione perché non si è avuta alcuna precedente possibilità di essere assunti, e così via all’infinito. A ciò può porre un robusto rimedio l’aver frequentato un corso di formazione per la qualifica professionale richiesta, con annesso stage.

In teoria tutto bene ; in pratica molto meno. Un esempio immediato lo si ricava dai circa ottanta concorsi banditi dall’Università di Messina nel 2008, per svariate qualifiche e con varie anzianità professionali richieste. Orbene, per i concorsi riservati a persone di primo impiego non si è chiesta la frequenza di un corso di formazione, bensì una generica «esperienza in Enti pubblici, aziende private o studi professionali inerenti la professionalità richiesta oppure eventuali attestati professionali in relazione alla tipologia del posto messo a concorso». E’ evidente che, se la frequenza di corsi di formazione non è adeguatamente considerata nei pubblici concorsi, nessuno, come sostiene il Governatore Raffaele Lombardo, riuscirà mai a trovare un lavoro grazie alla loro frequenza.

Quanto al controllo sulla bontà dell’operato dei singoli Enti di formazione (dopo che i datori di lavoro abbiano dati ad essi il giusto peso) forse non sarebbe sbagliato ricorrere al celebre detto evangelico «L’albero buono lo si riconosce dai frutti buoni» nel modo in appresso riportato. Ogni Ente dovrebbe istituire un proprio ufficio per seguire ed assistere i propri qualificati nella ricerca del primo lavoro, tenendo gli opportuni contatti con il mondo dei datori di lavoro pubblici e privati ; e i finanziamenti regionali ad esso assegnati dovrebbero essere in funzione dei risultati concretamente conseguiti sul campo. Qualcosa del genere esiste già nel mondo anglosassone, dove l’istruzione è privata ed è finanziata dalle rette pagate dagli studenti in funzione dei risultati ottenuti nel mondo del lavoro da chi ha in passato ha conseguito il dato diploma.

Si otterrebbe così una piena responsabilizzazione degli Enti di formazione senza il ricorso nè ispezioni nè a patemi d’animo per il futuro dei dipendenti. Il giustizialismo non è una cosa buona, lasciamolo alle giovani democrazie immature del Sud America.

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