Foibe, vietato parlarne

Foibe, vietato parlarne

Redazione

Foibe, vietato parlarne

martedì 27 Maggio 2008 - 23:46

Sapienza: dopo il Papa, il ricordo dei martiri delle foibe

Migliaia di morti, migliaia di esuli, migliaia di storie tragiche. Tutto questo sono state le foibe per gli italiani d’Istria, della Dalmazia, di Gorizia e Trieste. Un dramma che ha sconvolto e cambiato il corso della vita di tanti italiani e che ha lasciato delle ferite ancora oggi difficili da rimarginare.

Non ci sono infatti solo i tragici ricordi degli esili forzati, delle truppe titine che massacravano chi si rifiutava di rinnegare la propria nazionalità, delle nazionalizzazioni jugoslave dei beni appartenenti agli italiani, delle umiliazioni subite da donne, vecchi e bambini; ci sono anche oltre 50 anni di silenzio e di compiacente collaborazione dello Stato italiano. Non solo errori/orrori internazionali (vedi Trattato di Osimo e accordi di restituzione dei beni non rispettati) che hanno sempre mostrato un Governo italiano debole e complice, ma anche una politica interna vigliacca e succube del clima d’odio insensato che si è protratto fino ai giorni nostri.

Per decenni i nostri governi hanno fatto finta di non sapere quello che successe a fine guerra nei territori invasi dalle truppe di Tito. Nessun doveroso ricordo. Piuttosto il divieto assoluto di parlare di foibe per non disturbare l’intensa opera di revisionismo posta in essere dai compagni di merende del boia jugoslavo. Allo stesso tempo sul piano internazionale il vigliacco silenzio fu imposto dalla volontà degli “alleati- (da noi a fine guerra sempre rispettata) di evitare ogni sconvolgimento territoriale che potesse disturbare i piani delle grandi Potenze.

Così i parenti degli infoibati dovettero subire prima gli insulti e le violenze di Tito, poi quelle degli italiani e del Governo italiano e finanche lo spettacolo indegno di un Presidente della Repubblica che baciava la bara del massacratore jugoslavo. Insulti che oggi, con il riconoscimento ufficiale dei martiri delle foibe, avremmo voluto non veder più, ma invece così non è.

Quel filo rosso d’odio che collega partigiani, sessantottini e anti-fascisti dei nostri giorni ancora non si è spezzato. Di fronte ai morti nelle foibe non viene mostrato il necessario e doveroso rispetto da parte di quella fazione politica che dice di rifarsi agli ideali di fratellanza propri del comunismo. Non sentono ancora l’esigenza di far silenzio, anche pensando alle complicità avute da molti personaggi del passato a cui dicono di ispirarsi (si pensi a Togliatti e alla sua strenua difesa delle operazioni di Tito e delle sue truppe). No, al contrario, ritengono sia giusto comportarsi come ci si è comportati per oltre 50 anni, esaltando Tito e le sue barbarie.

Dimenticano, però, che il substrato su cui si fondava quell’atteggiamento arrogante (le bugie sulle foibe) è finalmente venuto meno.

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