Dissesto, i fondi non spesi e quelli stanziati ben 10 anni prima della tragedia

1998 – 2008. Un decennio prima della tragedia del 1 ottobre 2009, Sul territorio del Comune di Messina l’assessorato regionale territorio e ambiente aveva impegnato un fiume di finanziamenti per far fronte al dissesto. Soldi in parte spesi, in parte i finanziamenti sono stati revocati perché Messina non ha mai presentato i progetti.

Per esempio furono revocati 423 milioni di euro, da spendere su 4 interventi, ammessi a finanziamento europeo – si trattava di un POR 2000-2006. Avrebbero dovuto servire agli studi di monitoraggio delle aree interessate dai movimenti franosi. Ma il Comune di Messina non trasmise mai gli elaborati progettuali a corredo della richiesta di finanziamento, perdendo i fondi. Altri 10 milioni di euro furono stanziati, invece, prelevandoli dai fondi statali.

Al Comune di Scaletta Zanclea, invece, il Ministero dell’Ambiente attribuì direttamente 2 milioni 700 mila euro per effettuare tre interventi. Un altro milione di euro e poco più è stato finanziato dalla Regione, che ha operato ancora una volta su fondi statali. In provincia di Messina, nello stesso decennio, furono stanziati 216 milioni di euro: 118 milioni recuperati su fondi statali, più altri 98 milioni reperiti su diversi canali progettuali.

Il Comune di Messina ha poi partecipato ad un avviso regionale Po Fesr 2007-2013, finalizzato al contenimento delle frane, con un progetto preliminare per la sistemazione dei torrenti Santo Stefano Medio e Torrente Giampileri, del costo di 3 milioni 960 mila euro. L’avvio dei lavori era previsto a ridosso dell’alluvione del 1 ottobre.

Mentre il Comune di Scaletta aveva richiesto il finanziamento dei lavori a Divieto per 1milione 200 mila euro e la messa in sicurezza del costone sottostante la statale 114, per 13 milioni di euro.

Nel Decreto del Ministero dell’Ambiente del 27/11/2008 di finanziamento diretto ai Comuni per interventi di difesa del suolo della Regione Siciliana – 106 milioni di euro di fondi stanziati, non era stato inserito alcun intervento relativo alle zone poi devastate dall’alluvione.

roprio questo ultimo capitolo è stato al centro delle polemiche, nel post tragedia. Polemiche rimaste confinate agli organi di stampa, mai entrate se non di striscio nel processo, mai al centro del dibattito politico. Subito dopo i 37 morti si scoprì infatti che il PAI non era più stato aggiornato dal 2003. Si tratta di uno strumento essenziale per la politica di ripartizione dei fondi destinati al dissesto, perché è lo studio delle criticità del territorio. Le zone joniche del messinese non erano comprese.

Eppure il 2007 ne aveva rivelato tutta la fragilità, aggravando i rischi, e il Governo aveva emanato nel 2008 un’ordinanza di protezione civile per far fronte ai danni, affidando la gestione emergenziale proprio a Cocina. L’allarme non era stato segnalato alle stanze dell’allora Ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo? Fatto sta che buona parte di quei fondi furono spesi altrove, in particolare nelle isole Eolie.

Questo capitolo della vicenda non è però mai entrato nelle indagini e nel processo, e i tecnici imputati del mancato aggiornamento del Pai sono stati ieri assolti. A loro si contestavano le morti – il disastro- come conseguenza diretta del mancato aggiornamento del Piano, e forse proprio il tipo di contestazione penale è alla base della decisione del giudice Micali.

Alessandra Serio