Il futuro dei collegamenti tra Messina e il continente appare segnato
Il sindaco Buzzanca suona la tromba e la deputazione messinese, quasi al completo, risponde.
Rfi non può continuare a smobilitare la flotta dello Stretto!, esclama, indignato, Peppino! Giusto! … Ben detto! … Hai ragione … gli fanno eco, bellicosi, i parlamentari peloritani.
Contemporaneamente, si levano le voci dei sindacati e dei cittadini penalizzati dall’inefficienza del servizio di traghettamento pubblico. Rivendicano i diritti dei Messinesi, la funzione sociale del traghettamento, la continuità territoriale e la ennesima discriminazione contro le popolazioni meridionali.
E così il sindaco telefona all’amico Matteoli, perché intervenga sull’AD delle Ferrovie e l’Altero Ministro ottiene dal malvagio Moretti la sospensione … della soppressione del servizio della terza traghetto. E annuncia che, nei prossimi giorni, sarà avviato un tavolo tecnico per discutere la questione e ricercare le soluzioni più adeguate.
L’onore della città è salvo … per ora.
Il futuro, invece, resta molto, molto oscuro perché, come spesso accade alle nostre latitudini, si confondono diritti e convenienze, interessi e carità.
L’Italia è un Paese a economia capitalistica, con una elevatissima componente pubblica.
Si riduce, anno dopo anno, la parte di risorse da dedicare al welfare, cioè da utilizzare per attenuare le diseguaglianze fisiche, reddituali e anche geografiche tra i cittadini.
Le motivazioni ufficiali sono le solite: la crisi internazionale, la concorrenza dei Paesi in via di sviluppo, il debito pubblico e quant’altro. A nostro parere invece la principale ragione è l’abnorme crescita dei costi della politica.
Non ci riferiamo, ovviamente, ai soli stipendi dei parlamentari, ma a tutto ciò che attiene alla mille forme di benefici clientelari, agli sprechi e alle inefficienze derivanti dalla oscena ingerenza della politica nella vita del Paese.
Ma questo è un altro discorso.
Ciò premesso, vediamo di fissare alcuni punti fermi:
1.Continuare a traghettare treni della notte, con i passeggeri che dormono chiusi dentro gli scompartimenti e i vagoni imprigionati dentro le pance delle navi, è al di fuori di ogni norma di sicurezza. Né è fattibile obbligare i passeggeri a scendere dai treni, come, invece, si potrebbe ipotizzare nelle traversate diurne.
2.Il traghettamento di treni e passeggeri – non quello degli autoveicoli -, con gli attuali prezzi dei biglietti, soffre di un forte passivo di gestione.
Se si condividono queste affermazioni – e non vedo come si possa dissentire -, il problema non offre molte soluzioni.
Una, la più drastica, sarebbe quella di assimilare i collegamenti Sicilia-continente a quelli Sardegna-continente, cioè eliminare il traghettamento dei treni.
Nessuno si sognerebbe di far passare i treni da Civitavecchia e Livorno verso Olbia e Cagliari. Traghettano solo autoveicoli e passeggeri; oppure si va in aereo.
Qualcuno obietterà: la Sardegna dista 250 km dal continente, la Sicilia poco più di 3.
Verissimo, ma – senza parlare di ponte – i termini del problema non cambiano e possono essere sintetizzati nella domanda: Constatati i risultati di gestione, chi deve pagare i costi di un collegamento decente – in durata, frequenza e sicurezza – tra Messina e Villa San Giovanni/Reggio?.
Il sindaco Buzzanca e i nostri parlamentari sostengono che non bisogna sopprimere la terza traghetto. Così facendo, si pone una quota del deficit quotidiano sulle spalle delle Ferrovie, cioè tutti gli Italiani, Romani, Lombardi e Veneti compresi.
Che non intendono pagarlo più.
Il federalismo incombente, poi, induce a considerare il problema come un fatto locale, da risolvere con risorse locali.
Per favore, non tormentiamoci il cervello per decidere se tutto ciò sia giusto o meno: è così e basta,
sono passati 250 anni da quando il profeta dell’economia di mercato, Adam Smith, diceva: Non è dalla generosità del macellaio, del birraio o del fornaio che noi possiamo sperare di ottenere il nostro pranzo, ma dalla valutazione che essi fanno dei propri interessi e, da allora, non è cambiato molto.
Dicevamo che Matteoli aprirà un tavolo tecnico. Un modo per non decidere: qualsiasi sia il livello dei cervelli seduti attorno al tavolo, al problema non si può sfuggire.
La posizione di Moretti è chiarissima: se la proprietà dell’Azienda (il Tesoro) mi dà ogni anno i soldi necessari a coprire i disavanzi dei collegamenti nello Stretto, non avrò nessuna difficoltà a mantenere e anche migliorare il servizio.
Aggiungiamo noi: Se non me li dà potete strillare quanto volete, la dismissione va avanti: Trenitalia è un’impresa e da impresa va gestita.
Dicono i nostri: Bisogna ridare a Messinesi e Reggini quello che spetta loro di diritto.
Parole.
Il diritto, su questi temi, è un fattore molto opinabile.
Si può dire tutto e il contrario di tutto: cosa diremmo noi Messinesi se ci chiedessero di contribuire a pagare una parte del biglietto della metropolitana di Roma in nome del diritto dei cittadini della capitale di spostarsi più rapidamente?
In definitiva, è solo una questione di forza politica mirata a far prevalere i propri legittimi interessi su quelli degli altri.
E deve essere chiaro che, in questa battaglia, Messina ha ben pochi alleati.
Con lo sviluppo delle Autostrade del Mare – ma non era prevedibile? – Palermo e Catania puntano a potenziare i loro collegamenti con il continente, non i nostri.
Si potrà nasconderne la cruda realtà dei fatti con chiacchiere e parate per qualche altro mese, ma è illusorio pensare che i (pochi) parlamentari peloritani siano disposti a rischiare il posto o a far cadere un Governo – oggi di destra e ieri di sinistra – per migliorare i collegamenti sullo Stretto.
E allora, se appare ineluttabile che, prima o poi, i treni della notte non traghetteranno più; se è auspicabile che, prima o poi, il gommato si sposterà tutto sulla tratta Tremestieri-Villa, il risultato è che Messina e il continente si allontanano rapidamente.
Altro che metropoli dello Stretto, altro che Area integrata!
A meno che …
Si accettano suggerimenti economicamente, socialmente e ambientalmente sostenibili.
