E se lo meritano
Da qualche anno, al crescere dell’influenza della Lega sul Governo, ha preso sempre più vigore un ragionamento che può essere sintetizzato così: Perché mai i soldi faticosamente sudati dagli operosi imprenditori lombardi e veneti devono essere sprecati per pagare gli stipendi dei forestali calabresi e stabilizzare i precari siciliani?
Con il logico corollario che sarebbe più giusto destinarli a interventi da attuare nelle regioni dove quel denaro viene prodotto piuttosto che sprecarli per mantenere nullafacenti scelti con sistemi clientelari.
E’ inutile nascondersi dietro un dito: il ragionamento ha una sua logica e trova ampia condivisione nelle regioni in cui le piccole e medie aziende sono quotidianamente strangolate da aliquote di tassazione straordinariamente elevate.
Mettiamoci nei panni di un operaio lombardo, di un artigiano romagnolo o di un piccolo industriale veneto; che legge i reportage dei giornali relativi ai 19.739 dipendenti della Regione Sicilia, a fronte dei 3.129 della Regione Lombardia. Quasi 2 volte più popolata e 4 volte più produttiva.
Dagli oggi, dagli domani, queste notizie e questi ragionamenti – supportati da buona parte della grande stampa e della Confindustria – hanno fatto breccia nei cuori di milioni di cittadini settentrionali.
Ormai convinti che l’unica speranza per restare agganciati al carro dell’Europa ricca – con la quale si svolge la maggioranza dei loro scambi commerciali – è dare un bel taglio alla parte bassa dello Stivale, che rappresenta la palla al piede dell’Italia.
Ma l’Italia è grande e, per attuare i programmi, ci vogliono le leggi e, per fare le leggi ci vuole la maggioranza in Parlamento.
Così, mentre all’inizio parlavano apertamente di secessione della parte del Bel Paese a Nord della pianura padana, Bossi & C. hanno ripiegato su una più modesta resezione sulla linea Gustav, poco sopra Napoli.
Accantonata Roma ladrona, hanno cercato di coinvolgere l’area “romana” e le potentissime cricche che gestiscono gli affari dei politici nazionali.
L’alleanza si sta rivelando vincente e l’abbandono del Sud al suo destino sempre più concreto.
In quest’ottica possono essere letti i reiterati attacchi al Ponte di Messina, all’A/V ferroviaria sulla tratta Salerno-Reggio Calabria, la smobilitazione dei collegamenti ferroviari sullo Stretto e a tanti altri programmi che prevedono investimenti infrastrutturali nel Mezzogiorno.
Considerati uno spreco di denaro pubblico.
Denaro che potrebbe essere meglio utilizzato per pedemontane, trafori, terze e quarte corsie autostradali, sussidi alla PMI e così via.
Ed è in questa stessa visione che interpretiamo la singolare dichiarazione di solidarietà politica del Ministro degli Interni Roberto Maroni al vicesegretario del PD Enrico Letta: abbiamo opinioni diverse su tutto, ma sul Ponte di Messina avete ragione voi.
Affermazione sulla quale avremmo poco da ridire – ognuno, sul Ponte, può pensarla come vuole – se fosse accompagnata da uno straccio di politica meridionalista dell’uno (Ministro degli Interni!!!) o dell’altro (esponente della Sinistra moderata!!!).
Invece, parlano di Mezzogiorno solo per dire No al Ponte.
Molti esulteranno, con lo stesso spirito col quale gli antimilanisti o gli antijuventini plaudono all’eliminazione delle squadre odiate dai tornei intenazionali.
Noi no.
Perché Ponte e A/V ferroviaria a sud di Salerno fanno parte di una strategia di sviluppo socioeconomico di ampio respiro che può essere certamente respinta, a patto di sostituirla con un’altra altrettanto decisiva. Siamo perfettamente consapevoli che i tre quarti degli Italiani vorrebbero sostituirla col nulla.
Nel silenzio imbelle dei Parlamentari meridionali.
E allora – poiché le dichiarazioni, in politica, precedono spesso i fatti -, ci sentiamo autorizzati a interpretare le parole di Maroni come un’offerta: caro Letta jr, intanto togliamo i soldi al Ponte. Poi troveremo modo di darvi qualche spazio nelle Giunte del Nord. Dove il PD è sparito da tempo. Le risorse risparmiate avremo modo di utilizzarle meglio in Padania.
Il vicesegretario del PD sorride e si associa.
Torniamo alla premessa: in Parlamento il Ponte sullo Stretto non lo vuole l’IdV, non lo vogliono il PD né la Lega, non lo vuole l’Udc (vero, sen. D’Alia?). A difenderlo sono rimasti Berlusconi e parte del PdL.
Lo voleva fortemente Lombardo, ma il lavoro di sfiancamento subito sembra averlo distolto dall’obiettivo.
Il pensiero dei Siciliani – che dovrebbero essere quelli più interessati – è, come sempre oscuro e contorto. Come il biblico Esaù sono sempre pronti a vendersi la primogenitura per un piattino di lenticchie. Leggasi la sostituzione dell’attraversamento stabile con un aeroporto ad Agrigento o a Torrenova.
Meritando così la qualifica di cittadini di serie B, che si accontentano delle briciole cadute dai piatti di portata.
Meglio morti di fame o emigranti che pontisti.
Come finirà col Ponte non lo sappiamo.
Che il Mezzogiorno sia destinato al macero è (quasi) certo.
Ma cosa importa? Quello che conta è continuare a illudersi di essere gli unici al mondo ad avere Sole, Mare e statue meravigliose come i Bronzi di Riace.
