Un’approfondita analisi sulla trentaduesima edizione della rassegna cinematografica torinese a cura del prof. Nino Genovese, critico e storico del Cinema.
Esistono festival “specialistici”, incentrati su una tematica specifica, e festival, per così dire, “generalisti”, in cui viene presentato il meglio della produzione cinematografica mondiale. Il “Torino Film Festival” appartiene a questa seconda categoria, dal momento che si tratta di una manifestazione in cui si può trovare davvero “di tutto, di più”: anteprime di film di prossima uscita (tra cui, quest’anno, "Magic in the Moonlight" di Woody Allen e "Ogni maledetto Natale" di G. Ciarrapico, M. Torre e L. Vendruscolo, ora nelle sale), film sperimentali e particolari, opere prime e seconde, cortometraggi e documentari, film di autori del passato, ecc.
Eppure, nonostante ciò, è un festival che si distingue dagli altri perché in esso possiamo assistere al trionfo di quei film cosiddetti “di genere”, spesso considerati di “serie B” e non ritenuti adatti ad essere inseriti nei grandi festival internazionali, che a Torino hanno sempre fatto la parte del leone, tanto che la nuova direttrice, Emanuela Martini, ne ha inserito alcuni perfino nel “Concorso”.
L’edizione n. 32, che si è svolta dal 21 al 29 novembre 2014, ha presentato ben 197 titoli, tra film di finzione e documentari, divisi in varie sezioni. In quella principale, Torino 32, la Giuria – presieduta da Ferzan Ozpetek – ha deciso di premiare, con i quindicimila euro assegnati al miglior film, il francese "Mange tes morts" di Jean-Charles Hue, road movie criminale sulle tragiche avventure di alcuni giovani gitani; l’ungherese "For Some Inexplicable Reason" di Gábor Reisz ha vinto il Premio Speciale della Giuria e quello del Pubblico; l’italiano "N-Capace" di Eleonora Danco, viaggio tra memoria e presente di un’anima in pena, ha ottenuto la Menzione speciale della Giuria. La sezione Festa mobile, molto ampia e variegata, comprendeva il film d’apertura "Gemma Bovery" di Anne Fontaine, deliziosa commedia francese con Gemma Arterton e Fabrice Luchini, e quello di chiusura, "Wild" di Jean-Marc Vallée, con Reese Whitherspoon, viaggiatrice solitaria negli Stati Uniti; in mezzo, vari film, tra cui la storia dell’astrofisico Stephen Hawking, ricostruita mirabilmente da James Marsh in "The Teory of Everything/La teoria del tutto", con un’ottima caratterizzazione di Eddie Redmayne del famoso scienziato costretto sulla sedia a rotelle; lo statunitense "Whiplash" di Damiene Chazelle, storia di un giovane batterista alle prese con un insegnante inflessibile e spietato; alcuni episodi della serie TV che sta spopolando in Francia, "P’tit Quinquin" di Bruno Dumont; ed ancora molti altri titoli interessanti, che non è possibile neanche citare; ma vorremmo ricordare, almeno, due restauri di classici del passato inseriti in questa sezione: "Gone with the Wind/Via col vento" (1939) di Victor Fleming e "Profondo rosso" (1975) di Dario Argento, che è tornato nella Torino in cui è stato girato quasi quarant’anni fa, presentato dallo stesso regista.
Molto interessante ed apprezzata soprattutto dai giovani, la sezione After Hours, dedicata ai film, ai generi, agli autori che rappresentano la materia prima del cinema “notturno”: horror, thriller, noir, film insoliti e bizzarri. In mezzo a tanti film interessanti, spiccano anche due “omaggi”: il primo ha riguardato Jim Mickle, uno dei nomi emergenti del cinema statunitense, nuovo maestro dell’horror; il secondo omaggio ha riguardato il regista italiano Giulio Questi, presente a Torino, dove – ad onta dei suoi novant’anni – ha dimostrato grande brio, versatilità, lucidità; ma che, purtroppo, è scomparso poco tempo dopo la conclusione del festival.
Da ricordare, ancora, la Retrospettiva dal titolo “New Hollywood”; il “Gran Premio Torino”, consegnato quest’anno al regista inglese Julien Temple; la bella Mostra "C’era una volta in Italia – Il Cinema di Sergio Leone", che rimarrà aperta fino al 6 gennaio 2015, allestita in un ambiente altamente suggestivo, come quello del Museo del Cinema di Torino, ubicato all’interno della Mole Antonelliana.
Insomma, un festival vario, vitale, alternativo ed originale, ricco di incontri, eventi e di innumerevoli visioni “a briglia sciolta”, in un caleidoscopio variegato di immagini, che rappresentano un piacere per l’occhio, la mente, il cuore.
Nino Genovese
